Fashion industry: la sostenibilità pone nuove sfide legali

 

Per lungo tempo,modaedirittohanno avuto come punti di contatto latutela delle privative industrialie icontratti di distribuzione; non che altri settori del diritto non fossero interessati, ma non apparivano tra i principali in questo tipo di attività (semmai ancillari, essendo comuni alle altre industrie). Con il crescere dell’attenzione nei confronti dei temi ambientali e del rispetto dei diritti umani, ancheil mondo della moda sente la necessità di conformarsia tutti quei fattori che sono le basi dellosviluppo sostenibile, con un misto di ragioni che vanno da genuine intenzioni a ragioni promozionali e al desiderio dievitare danni reputazionali. Non manca poi un certoopportunismoeconomico, considerato che, almeno nell’Unione europea, ilrispetto dei principi Esg(Environmental, Social e Governance), per i quali l’Unione sta definendo la corretta tassonomia per l’applicazione, diverrà uno dei criteri principali per essere valutati positivamente dagli investitori, catalizzando finanziamenti che probabilmente saranno anche incentivati sotto il profilo dei trattamenti prudenziali, imposti alle società di gestione del risparmio e alle banche dagli enti regolatori. Il tema dello sviluppo sostenibile si fa comunque centrale, non solo per il forte impatto che l’industria ha sull’ambiente e sugli aspetti di sfruttamento dei lavoratori, spesso operanti in Paesi in via sviluppo in assenza di sufficienti tutele in tema di sicurezza sul lavoro; ma anche per l’idea generale che spesso la moda e, soprattutto, illussocoincidano con il superfluo e il non necessario, rendendole ferite all’ambiente e la violazione dei diritti dei lavoratori ancor più esecrabili. Da qui, numerose iniziative, che vanno da varie forme di autoregolamentazione, con rigidi protocolli autonomamente adottati, a un iter normativo che spinge in favore dell’applicazione di principi di sostenibilità in tutti i settori produttivi. L’adeguamento allasostenibilità è in ogni caso un cammino lungo che parte da lontano. Nel settore del lusso e della moda meritano di essere menzionate le iniziative, partendo dall’autoregolamentazione, poi condivisa in sede Onu, con laCertificazione Kimberley introdotta nel 2000,volta a prevenire il commercio illegale dei diamanti che, spesso, sostiene il terrorismo in vari Paesi africani(bloody diamonds). E, ancor prima, laConvenzione sul Commercio delle Specie Minacciate di Estinzione (C.I.T.E.S.), adottata nel 1973 e divenuta efficace nel 1975 per la protezione delle specie a rischio, che stabilisce limiti assoluti o relativi al commercio di fauna e flora a rischio di estinzione. A livello europeo, varie direttive che tendono a rendere virtuose le produzioni, a partire dalla comunicazione, sono in fase di adozione a livello nazionale. Meritano di essere menzionate la direttiva volta a contrastare ilgreenwashingattraverso l’adozione di sistemi di valutazione oggettiva dell’impatto ambientale, la direttiva sullasupply chaindue diligenceche impone alle grandi aziende di controllare i processi produttivi anche dei sub fornitori ovunque essi siano situati affinché si accerti la mancata violazione di norme ambientali e dei diritti umani. C’è poi la direttiva sulcorporate sustainability reporting(Csrd)che estende il novero delle imprese che devono fornireinformazioni in bilancio relativamente a dati non finanziari di sostenibilità,quali a esempio l’impatto sull’ambiente, la composizione di genere dei propri dipendenti e le differenze retributive, cercando, quindi, di consentire, attraverso la trasparenza e l’introduzione di standard di classificazione, unacorretta valutazione di quanto le imprese siano sostenibili e un confronto tra le medesime. E così, come per i settori cosiddetti “regolamentati” perché soggetti ad autorità di vigilanza (quali banche e assicurazioni), l’aspetto legale della compliance (ovvero, il conformarsi dell’impresa ai dettami normativi) sta divenendo sempre più centrale anche nell’industria della moda e del lusso. Il logico corollario di tutto questo è il cambiamento del ruolo del legale che assiste le società dall’interno quale dispendente, o dall’esterno quale consulente:non più volto solo a tutelare gli interessi dell’impresa,ma anche impegnato nella difficile sfida per trovare un compromesso tra la ricerca del profitto, che muove l’impresa, e il rispetto dell’ambiente e dei diritti umani e sociali. Un compromesso non facile ma possibile e augurabile, perchélo sviluppo, se non è sostenibile, comporta conseguenze disastrose, a partire dall’ambiente, e devastanti sulle persone e sulla società.