È tardi per decidere cosa fare del granchio blu?
Una volta cotto, il granchio blu non ha più il colore da cui prende il nome. Il carapace diventa rosso-arancione e la sua carne ha un sapore dolce, simile a quella di altri crostacei: aragoste, astici e gamberi. Il nome scientifico èCallinectes sapiduse il suo areale nativo – ovvero l’area di distribuzione originaria – si estende lungo la costa atlantica del continente americano, dall’Uruguay al Canada. Il granchio blu si mangia in diverse regioni del mondo, soprattutto nelle zone sulla costa est degli Stati Uniti. Si preparano zuppe, involtini, insalate.IMaryland blue crabssono uno dei cibi popolari del Maryland. Oltre a essere parte della tradizione culinaria americana, questo granchio è anche una specie invasiva in diverse aree del mondo: in Europa, in Australia e in Giappone. La prima segnalazione europea è del 1901: un granchio blu sulla costa atlantica della Francia, probabilmente trasportato con le acque di zavorra. Nel Mediterraneo, invece,è stato avvistato per la prima volta nel 1947e da allora si sono susseguite altre segnalazioni, soprattutto negli ultimi anni. Le specie invasive sono organismi che, introdotti in un nuovo ambiente a causa delle attività umane, sono in grado di riprodursi e diffondersi, provocando impatti negativi sull’ecosistema e sull’economia dell’area invasa. «Dall’arrivo al momento in cui la specie si diffonde tanto daprovocare danni rilevanti possono passare anche decine di anni», spiega aLa SvoltaGianluca Sarà, professore di Ecologia all’Università di Palermoe coordinatore dellospokesulla biodiversità marina alCentro Nazionale per la Biodiversità(Nbfc). Sarà svolge attività di ricerca sugli organismi invasivi e da alcuni anni, insieme a colleghi e colleghe di altri Paesi del Mediteranno,studia i granchi blue i fattori che ne favoriscono l’espansione. «Alcune popolazioni di questi granchi hanno trovato habitat e condizioni ideali e così hanno raggiunto densità elevate.Il numero di individui che si sono riprodotti è aumentato e dunque è salita la probabilità di colonizzare nuovi ambienti ed espandersi», dice Sarà. «E poi l’innalzamento della temperatura del mare e le nuove condizioni dei regimi fluviali dovute ai cambiamenti climaticipotrebbero aver favorito la diffusione di questi animali nel recente periodo», aggiunge. Questa specie non vive solo sulle coste, mapuò sfruttare anche foci dei fiumi, paludi e lagune salmastre. È onnivora e sta diventando un problema soprattutto nelle zone dove si allevano cozze e vongole. Unregolamento dell’Unione europeastabilisce le norme per prevenire e mitigare gli effetti negativi delle specie invasive. Nel testo si legge che è fondamentale mettere in atto misure di prevenzione, cercare di rilevare subito gli organismi non nativi e eradicarli rapidamente per impedirne la diffusione. Gli interventi di eradicazione hanno successo quando attuatiappena avviene l’introduzione e quando le popolazioni sono ancora piccole e localizzate. Spesso, però, la presenza di una specie invasiva viene rilevata quando il processo di invasione è già in una fase avanzata e le strategie di eradicazione rapida diventano infruttuose o non sufficienti. «Sappiamo ancora troppo poco delle condizioni che favoriscono questa specie. In linea di principio gli organismi invasivi vanno rimossi prima possibile, ma per l’attuale situazione del granchio blu in Italia, promuoverne la pesca, la vendita e il consumo potrebbe produrre molti effetti indesiderati». Per esempio, il professore spiega che la rimozione di una parte degli individui potrebbe portare all’alterazione delle dinamiche di competizione intraspecifica che naturalmente regolano la crescita delle popolazioni, favorendo la proliferazione dei granchi superstiti o lo sviluppo dei giovani e provocando un incremento netto della popolazione, che invece andrebbe limitata. Oltre alCallinectes sapidus, nel Mediterraneoc’è un altro granchio invasivo: ilPortunus segnis, il granchio nuotatore blu africano, originario dell’oceano Indiano occidentale. Per adesso questo granchio è invasivo e localizzato in Tunisia. «Stiamo monitorando la situazione delle due specie. Potrebbero trovarsi a condividere le stesse aree e allora occorrerà fare altri studi per comprendere le loro interazioni e gli effetti sugli ecosistemi invasi. Le dinamiche ecologiche sono complesse e finché non si conoscono bisogna essere molto cauti nel proporre soluzioni facili», conclude. Forse il granchio blu diventerà il piatto tradizionale della cucina pugliese maper adesso sarebbe meglio mangiarlo in vacanza negli Stati Uniti.