Quanto ci costa la violenza maschile sulle donne?

Uno dei grandi motivi difrustrazionedi questi giorni, per moltissimedonne, risiede nel fatto che le nostre voci didoloresembra non bastino. Che non siano sufficienti legrida di aiuto,le preoccupazioni espresse o sottaciute, quel senso dipericolo profondoche molte, moltissime di noi stanno sentendo sempre più forte nella pancia e condividono ad amici e partner, o anche sui social. E allora,ognuna trova rifugio in qualcosa che la conforti.Io lo trovo neinumeri. E se la nostra angoscia, di fronte a tutto quello che sta succedendo, non fosse sufficiente, mi auguro possano esserlo i dati. Quanto costa la violenza sulle donne Secondo le Nazioni Unite, laviolenza sulle donneha un costo che ammonta al2% del Pil mondiale. All’incirca, parliamo dell’odierno Prodotto Interno Lordo del Canada. In valori assoluti, si tratta dicirca 1.500 miliardi di dollari.Anche la Commissione Europea ha stimato il costo complessivo della violenza di genere sui Paesi membri, che ammonterebbe a oltre 366 miliardi di dollari. Come viene speso questo denaro? Secondo loEuropean Institute for Gender Economy (EIGE), le voci più importanti sono quelle per fornire iservizi legati all’impatto fisico ed emotivo della violenza(per il 56%) e i servizi digiustizia penale(per il 21%). MaEIGEmisura nel 14% anche laperdita di produzione economica che dalla violenza di genere deriva. La situazione in Italia È ancoraEIGEa fornire una proiezione per l’Italia per il 2021. Nel nostro Paese, ilcosto della violenza di genereammonta a oltre39 miliardi di euro.Vogliamo fare una stima veloce pro capite? Si tratterebbe di circa1.700 euro a persona, ogni anno. Molti dati sono poi contenuti nel bel libroIl costo della virilità. Quello che l’Italia risparmierebbe se gli uomini si comportassero come le donne, di Ginevra Bersani Franceschetti e Lucile Peytavin. Il volume presenta dati raccolti nel 2018 secondo i quali gliuominirappresentano:il 99% degli autori di stupri, il 92% delle persone imputate per omicidio, l’82% di quelle che hanno compiuto un reatoper il quale è stata aperta unaprocedura penalenel corso dell’anno. Ma anche il93% degli spacciatori, il 93% degli usurai e il 92% degli evasori fiscali. Le autrici propongono una stima semplice: cosa accadrebbe se dovessimo solo pagare collettivamente per il comportamento antisociale delle donne e non per quello degli uomini? Ecco allora i risultati di questo studio. Ilcosto della mascolinità tossicasull’economia italiana ammonta a quasi99 miliardi di euro l’anno. In termini percentuali, stiamo parlando del5% del Pil italiano(dati 2019). Vuoi sapere quanto questo impatti sul bilancio delle forze dell’ordine? Oltre 10 miliardi, su un totale di poco meno di 16. Not all men(ok, però…) A questo punto urge il solito disclaimer. Ovviamente,non tutti gli uomini sono stupratori.Non tutti gli uomini sono assassini. Ovviamente, non tutti gli uomini delinquono (e mi sento di dire: ci mancherebbe altro). Ma il primo passo per la risoluzione di un problema, ci dicono i terapeuti, è laconsapevolezza. E non possiamo evitare di osservare chequi abbiamo un problema che è sistemico, che è strutturale, che è prima di tutto culturale. E che è legato alla concezione delle donne, alla loro valorizzazione, ma anche a una cultura performativa della virilità. Come altro potremmo spendere il denaro pubblico?In molti invocano pene esemplari, castrazione chimica, potenziamento delle forze dell’ordine. Ok. Oppure, potremmo investire nell’educazione sessuo-affettiva. E anche qui, partiamo da un dato.Secondo ilGlobal Education Monitoring Reportdell’Unesco,l’Italia è l’unico Paese europeo,insieme a Cipro, Bulgaria, Polonia, Romania e Lituania, anon prevedere programmi di educazione sessuo-affettiva curriculari obbligatori.In Svezia, sono stati introdotti negli anni ‘50, in Francia negli anni ‘70, in molti Paesi di pari passo con l’ora di religione. Vale forse la pena di ricordare che quello all’educazione sessuale e affettiva rientra nella categoria più ampia deldiritto alla salute. E allora, ti confesso: personalmente, faccio proprio fatica a capire la resistenza culturale di parte del Paese nell’accrescere le fonti di istruzione e consapevolezza dei nostri figli e delle nostre figlie. Non sarà che continuiamo a rifiutarci di accettare chesoluzioni semplici non sono efficaci per affrontare problematiche complesse?