Perché non stiamo parlando di consenso?

 

La sentenza che ha vistoassolvere 2 giovani di 19 anni(all’epoca dei fatti), accusati distuprodi gruppo dal Tribunale di Firenze sta facendo, per dirla con un eufemismo, discutere. Per il giudice sonoinnocenti: non punibili «per errore sul fatto che costituisce il reato». In pratica,hanno dato per scontato il consenso,non riuscendo a percepire la differenza con un “no”. Non conta nemmeno, per il giudice, che la ragazza abbia ripetuto diverse volte: “smettetela”; anzi, il fatto che la giovane avesse avuto precedentemente rapporti con uno di loro ha giocato purtroppo a suo svantaggio. Come se ilconsensodato una volta si estendesse in automatico a ogni occasione successiva. Come se il concetto stesso di consenso possa esseredato per scontatoe il non comprendere in quale situazione ci si trovi (è consenso? Non lo è?) possa davvero essere preso come un “libera tutti” anziché una aggravante.Continuiamo a scusare gli aggressoriper non aver compreso anziché proteggere le vittime, cosa inammissibile in uno stato di diritto. Secondo il sondaggioEurobarometrodel 2016, condotto dalla Commissione Europea,più di 1 europeo su 4 pensa che i rapporti sessuali senza consenso possano essere giustificati.Tre quarti degli intervistati (74%) affermano che laviolenza domesticacontro le donne è comune nel loro Paese. Meno di 1 su 5 (18%) sostiene che toccare un o una collega in modo inappropriato e contro la volontà non dovrebbe essere illegale e1 intervistato su 10 (11%) afferma che costringere il partner a fare sesso non dovrebbe essere contro la legge. Inoltre, l’indagine rivela anche la persistenza di atteggiamenti colpevolizzanti e allarmanti nei confronti del consenso. Per esempio, più di 1 intervistato su 5(22%) ritiene che le donne spesso inventino o esagerinoaffermazioni di abusi ostupri. Si legge inoltre, nella sentenza, che gli imputati erano “condizionati da un’inammissibile concezione pornografica delle loro relazioni con il genere femminile, forse derivante da un deficit educativo”. Ma chi si deve occupare di questo“deficit educativo”se non lo Stato stesso, con le sue politiche e azioni di prevenzione e controllo? E se l’educazione al consenso, alla parità, al rispetto dell’altra persona è centrale, come mai si continua a osteggiare l’educazione all’affettività nellescuole? Educare alla prevenzione La maggior parte dellaprevenzionedella violenza si è concentrata, negli anni, sull’obiettivo sbagliato, ovvero sulle donne.Educhiamo bambine e ragazze ad adottare strategie per non essere sottoposte a violenzaconsigliando abbigliamento, orari da evitare, azioni che è meglio non compiere. Nonostante innumerevoli comportamenti che le donne mettono in atto la violenza, i femminicidi, le molestie nei luoghi di lavoro continuano a esistere. Perché? Perché ci sfugge, nella maggior parte dei casi,la causa stessa della violenza di genere: non ha a che fare con il sesso, con la pornografia, con le azioni delle donne. Ha a che fare con ilpotere. E se dentro certi confini culturali, certe “bolle”, questa concezione è cristallina, al di fuori non lo è e non lo è proprio perchéè la cultura dominante a non permettere infiltrazioni consapevolicirca il movente dellaviolenza di genere. Dobbiamo iniziare a dire chiaro e forte e in ogni luogo possibile che le donne non subiscono violenza maschile perché gli uomini sono gelosi, non contengono i propri istinti, sono traviati dai ruoli dipinti dai media:le donne subiscono violenza perché agli uomini viene insegnatoculturalmente (e perciò vengono socializzati da altri uomini)che si può.Che è normale. Che è ammesso e accettabile.Che non si verrà puniti per questo. Le sentenze (dai “10 secondi”, ai “jeans”, al “troppo brutta perché si compisse lo stupro”) ci raccontano esattamente questo humus culturale in cui le donne sono soggiogate dalla mano maschile perché la mano maschile che soggioga è intesa comefatto naturale. Il punto è che non lo è. E per riconoscere come non lo sia dobbiamo esserepronti a smantellare i costrutti culturaliche ogni giorno ci impediscono di concepire i generi come paritari, anziché come in unrapporto di subordinazione. Il condizionamento sociale di ragazzi e ragazze durante gli anni formativi influisce sui ruoli e sui comportamenti legati al genere e può avere un impatto sui modelli di violenza evittimizzazioneche si protraggono nelle loro vite successivamente. Pertanto,la promozione di ruoli di genere sani tra i giovani è la chiaveper creare relazioni più paritarie in cui il consenso è rispettato e per prevenire la violenza di genere. L’educazione deve affrontare le dinamiche di potere Irapporti trai generidevono essere ripensati e devono essereesaminati in diversi termini,a partire dallescuole. Bisogna investire risorse nella formazione dei funzionari preposti agarantire sicurezza, ascolto e tutelealle donne. Bisogna garantire a qualunque donna che si trovi in una condizione diabuso, violenza, molestiadi poter trovare personale competente e preparato sulle questioni legate alla violenza stessa, senza il timore di dover incappare in dinamiche di vittimizzazione secondaria,racconti mediatici svilentidella dignità, processi iniqui e faziosi. Le storie che leggiamo non sono fulmini a ciel sereno, sono il prodotto di unastratificazione culturale machista e dominante,sono il risultato sanissimo dello status quo patriarcale che alimenta e protegge se stesso. Interrompere questa catena è cosa ardua, ma ognuno e ognuna di noi deve poter avere le risorse necessarie per fare la propria parte. Ese il problema è culturale, altra soluzione non esiste che non sia culturale anch’essa. Eppure, in Italia, l’educazione all’affettivitànelle scuole è stata osteggiata duramente: sono 16 le iniziative parlamentari nel tempo inutilmente avviate per normare la sua introduzione, dal 1977 al 2019. Sono tantissimi gli esempi virtuosi di altri Paesi in cui l’educazione sessuale e affettiva esiste e funziona: a esempio inAustraliaviene insegnatadalla scuola materna fino ai 12 anni,utilizzando un linguaggio corretto e adeguato a sviluppo ed età. Dimentichiamo spesso che l’educazione affettiva e sessuale è undiritto dell’essere umano,che non riguarda soltanto l’ambito dell’istruzione ma anche quello della salute “per sviluppare relazioni sociali e sessuali basate sul rispetto”, come afferma l’Unesco. Una relazione sociale sana è l’unica che non porta a nessuna forma di abuso, in alcuna circostanza e in relazione a nessuna persona. Come mai ci stiamo precludendo la possibilità di avere cittadini consapevoli rispetto alle dinamiche di potere che intercorrono tra i generi? Perché ci riempiano la bocca di tanti discorsi sulla prevenzione quando l’unicaprevenzionepossibile sarebbeistruirequegli stessi cittadini e cittadine a una convivenza basata sulla parità, il rispetto reciproco, la salute garantita per chiunque? Il vero nemico dell’oppressione patriarcale è l’educazione.E non credo sia un caso che proprio a partire dall’istruzione si incontrino così tanti ostacoli.

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