Negli ultimi anni nel nostro Paese, a causa dell’inasprimento di disuguaglianze sociali e povertà,sempre più persone non riescono ad accedere ai servizi delServizio Sanitario Nazionaleo hanno difficoltà a confrontarsi con la burocrazia sanitaria. Nel 2023 oltre il 33% della popolazione ha rinunciato alle curea causa delle lunghe liste d’attesa, dei costi troppo elevati delle prestazioni private o della difficoltà di trovare strutture idonee alla proprio percorso di cura all’interno della regione di appartenenza. Per far fronte a questa emergenzasono nati gli ambulatori popolari, gestiti in modo volontario da personale socio-sanitario e dotati non solo di presidi medici ma anche di sportelli che aiutano gli utenti ad accedere ad altre prestazioni (prenotazioni, assistenza domiciliare) e, in alcuni casi, di spazi come cucina e docce a disposizione di tutti e di servizi extra necessari alla sussistenza come la spesa o l’erogazione di medicinali. Cosa sono gli ambulatori popolari Liste d’attesa lunghe più di un anno, redditi bassi o inesistenti che non permettono l’accesso alle cure di base e a quelle specialistiche, esami strumentali che slittano di mese in mese, ritardando le diagnosi e la presa in carico dei pazienti. Queste sono solo alcune delle motivazioni che hanno spinto volontari e volontarie ad aprire ambulatori popolari, nati dall’esigenza di costruire una medicina di prossimità e dinon lasciare nessuno e nessuna nella solitudine di un SSN che, venendo progressivamente indebolito da scelte politiche ed economiche che lo definanziano,non riesce più a sopperire alla richiesta di tutti coloro ne abbiano bisogno. Il personale sanitario che opera quotidianamente all’interno degli ambulatori, sottolinea: «il nostro lavoro non aspira a sostituirsi al Servizio Sanitario Nazionale, bensì a evidenziarne le vulnerabilità con l’intento di superarle e di includere nel diritto alla salute e nell’accesso alle cure coloro che, oggi, sono ai margini rispetto ai servizi pubblici, e vivono nell’impossibilità di soddisfare molte necessità essenziali». Vicenza e Bologna – Due esempi virtuosi AVicenzal’associazioneCaracol Olol Jacksonda settembre 2020 garantisce l’erogazione dicure primarie, attraverso un ambulatorio dimedicinadi base per adulti e bambini, e di moltevisite specialistiche, grazie all’apertura di unosportello psicologicoe aambulatori oculistici, dentistici e ginecologici. Le persone prese in carico non sono solo soggetti che il SSN esclude come senza fissa dimora o migranti in attesa di tessera sanitaria, ma anche coloro che non riescono ad accedere a controlli clinici in un tempo ragionevole, rischiando di veder riacutizzate le proprie patologie, a causa di liste d’attesa infinite. «Il nostro obiettivo finale – ha affermato la psicoterapeutaAngela Di Biase- è quello un giorno di chiudere i battenti perché questi servizi e i diritti a essi sottostanti dovrebbero essere garantiti a tutti dal sistema assistenziale e previdenziale pubblico. Fino a quel giorno però noi ci saremo con tutte le persone che condividono i nostri valori». Consapevoli che sia necessario non spegnere i riflettori su questa situazione, i volontari dell’ambulatorio hanno partecipato alle mobilitazioni che si sono svolte in Veneto a difesa della sanità pubblica e contro i progetti ad alto impatto ambientale. A Bologna è attivo ilLaboratorio salute popolare, un polo medico-infermieristico multi funzionale. Oltre alsupporto e accompagnamento all’iscrizione e all’accesso ai servizisul territorio, fornisce infatti visite e assistenza infermieristica di base, dispone di un ambulatorio odontoiatrico e pratica riabilitazioni protesiche di base, terapia del dolore, risoluzione dei quadri patologici. Presenti anche uno sportello di ascolto ginecologico che offre visite complete, consulenza e reindirizzamento ai servizi del territorio, e uno sportello di supporto psicologico. Le persone che offrono il loro servizio all’interno del laboratorio abbracciano anche altre professionalità oltre a quelle sanitarie. «Uno dei problemi che riscontriamo nel SSN è proprio l’assenza di queste figure e del raccordo che la professione sociale può offrire tra la cura sanitaria e quella legale, così come la difficoltà nel condividere i saperi e lavorare insieme, prendere in carico la persona e il suo vissuto, e non la sua malattia, curare la relazione terapeutica», spiegano i responsabili, che giànel corso della pandemia erano impegnati instaffette solidali. Una volta a settimana, in bicicletta, distribuivano beni di prima necessità (cibo, coperte, vestiti e bevande calde), mascherine chirurgiche e disinfettante mani e fornivano assistenza sanitaria di base come la rilevazione dei parametri vitali (pressione, frequenza cardiaca e respiratoria, glicemia, temperatura corporea, ecc). Da allora il progetto si è poi evoluto inA.I.R.(autonomia, inclusione, resistenza) e nella costruzione all’interno delMunicipio Sociale Làbasdi una postazione solidale dotata di bagni con docce, lavatrici, asciugatrici e cucina. Gli ambulatori popolari sono una realtà preziosissima, che ha tra le proprie mission quella di fare rete. Per questo istituisconoincontri annuali che favoriscono lo scambio di esperienze e praticheper aumentare il peso politico delle azioni diadvocacyeffettuate da ciascun ambulatorio a livello locale.
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