Lacurcumaè un alleato prezioso contro lo sbiancamento deicoralli. A dirlo è lostudio, pubblicato sulla rivistaACS Applied Material & Interfaces, a cura dell’Istituto Italiano di TecnologiaeUniversità di Milano-Bicocca, in collaborazione conAcquario di Genova, che offre una nuova strategia permitigare gli effetti negativi dovuti alle ondate di caloreche,riscaldando l’acqua dei mari, portano a massicci episodi di sbiancamento dei coralli. Lo stress termico a cui sono sottoposti i coralli è una delle prime cause della loro morte e per mitigare questo epilogo i ricercatori italiani hanno fabbricatoun biomateriale a base di zeina, una proteina derivata dal mais, con il quale è stata somministrata la molecola di curcumina, estratta dalla pianta della curcuma, in mare. I biocompositi a contatto con l’acqua sono diventati idrogel morbidi che non hanno alterato l’habitat deicorallie li hanno protetti. Gli esperimenti hanno dimostrato che la salute del corallo nel breve periodo, 24 ore, e nel lungo, 15 giorni, non ha subito alterazioni. La specie utilizzata per questo studio è laStylophora pistillata,tipica dell’oceano Indiano tropicale, e inserita nellalista rossa IUCN- Unione Internazionale per la Conservazione della Natura -tra le specie più minacciate dal rischio di estinzione. A 29° C e a 33° C gli esperimenti di sbiancamento di laboratorio hanno anche dimostrato chele colonie di coralli rivestite dai biocompositi avevano migliorato le condizioniin termini di aspetti morfologici, contenuto di clorofilla e attività enzimatica, rispetto alle colonie non trattate, e inoltre non sbiancavano. Il primo autore dello studio,Marco Contardi, ricercatore del gruppo Smart Materials dell’Istituto Italiano di Tecnologia e ricercatoredelDisatT(Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Terra) dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, ha dichiarato che «questa tecnologia è oggetto di una domanda di brevetto depositata» I prossimi passi prevedono l’uso su larga scala e lasperimentazione di altre sostante naturali per bloccare il processo di sbiancamentoe quindi per prevenire la distruzione dellebarriere coralline, fondamentali per l’economia globale, la protezione delle coste dai disastri naturali e labiodiversitàmarina. Bisogna ricordare infatti chedal 1981 la Grande Barriera corallina australiana è patrimonio dell’Unescoe gli ultimi rapporti delle Nazioni Unite la inseriscono tra i sitiin pericolo. Alcuni biologi marini negli anni hanno provato anutrire i corallicon i giusti nutrienti, fornendo una dieta a base di integratore probiotici ma nonostante questi interventi la loro vita è messa sempre più in pericolo dai cambiamenti climatici che portano a un aumento delle temperature di mari e oceani che, come primo effetto, interrompono il rapporto simbiotico tra le microalghe e i coralli. Queste microscopiche alghe, che vivono attaccate ai coralli e che sonoresponsabili dei loro colori sgargianti, con l’aumento delle temperature muoiono e i coralli, ormai bianchi, non hanno di che cibarsi e rischiano quindi di morire. Oggi non esistono interventi di mitigazione capaci di non intaccare gli habitat delicatissimi in cui vivono i coralli, ma itest condotti nelle acque riscaldate fino a 33° C dell’Acquario di Genova, fanno ben sperare. «L’utilizzo di nuovi materiali biodegradabili e biocompatibili capaci di rilasciaresostanze naturali in grado di ridurre lo sbiancamento dei corallirappresenta una novità assoluta. – aggiunge Simone Montano della Bicocca, co-autore dello studio – Credo fortemente che questo approccio innovativo rappresenterà una trasformazione significativa nello sviluppo di strategie per il recupero degli ecosistemi marini». Intanto, sempre inItalia,quinta in Europa per numero diricerche scientifiche sulla biodiversità, e precisamente nelle Marche, è partita la sperimentazione sul ripopolamento dell’invertebrato, autoctono e bio-costruttore, capace di promuovere a rigenerazione della biodiversità marina.
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