Scoperti grazie al Dna gli eredi degli schiavi afroamericani

Un viaggio attraverso il tempo e il Dna, per trovare i discendenti degli schiavi afroamericani costretti a lavorare in una fucina di ferro del XIX secolo. È un’indagine senza precedenti quella dei ricercatori dellaHarvard Universitye delloSmithsonian Institutee pubblicata sull’ultimo numero diScience. Grazie a un nuovo approccio lostudioha permesso di individuare41.799 “parenti” genetici – tra cui centinaia di potenziali discendenti diretti – di 27 persone(11 geneticamente donne e 16 geneticamente uomini) schiavizzate e sepolte nel cimitero diCatoctin Furnace, nel Maryland, circa 220 anni fa. Fino a oggi, “nonostante il ruolo svolto da Catoctin Furnace all’inizio della storia degli Stati Uniti (inclusa la fornitura di munizioni durante la guerra rivoluzionaria),si sa relativamente poco degli afroamericani che lavorarono lì o dei loro discendentirispetto alla successiva forza lavoro della fornace, prevalentemente bianca”. Il Dna è stato estratto dalle ossa, riesumate dal cimitero 40 anni fa per far posto a un progetto stradale, e poi confrontato con quello delle 9 milioni di persone presenti nel database di23andMe,un’azienda genetica della California che permette di analizzare i genomi per ottenere informazioni sulla propria salute e sui propri antenati. Chi usufruisce del servizioacconsente all’utilizzo anonimo dei propri dati nella ricerca, quindi le loro identità non sono note ai ricercatori. Non è escluso, però, che queste persone possano essere contattate, anche se la società non lo ha ancora fatto, sia perché si sta individuando il modo più etico per avvisare le persone che hanno accettato di consentire l’utilizzo dei loro dati in studi anonimi, sia perché, spiega lo studio, “i ricercatori sono cauti nel traumatizzare le persone impreparate ai legami con gli antenati ridotti in schiavitù”. La ricerca delle connessioni familiari è un tema particolarmente sensibile per le persone afroamericane,i cui lignaggi sono stati spesso distrutti da generazioni di schiavitù e le cui storie familiari non sono state registrate. «I collegamenti con il passato sono stati interrotti a causa della tratta degli schiavi transatlantica», ha spiegato aScienceCarter Clinton, un genetista afroamericano dellaNorth Carolina State University. «Oggi c’è sete di conoscenza. Come ricostruiamo quelle vite e scopriamo da dove provenivano i nostri antenati, ecosa significa questo per come mi identifico oggi?È qualcosa che vogliamo e non abbiamo rispetto ad altre etnie in America». Molti nella comunità nera affermano che tali informazioni, se raccolte con il consenso della comunità, avrebbero un valore profondo. «Per le comunità emarginate la cui storia è stata oscurata, questa tecnologia può essere sfruttata per raccontare le loro storie», ha confermatoJada Benn Torres, un’antropologa nera dellaVanderbilt University.«C’è bellezza nel collegare il passato al presente». Le domande a livello etico, però, non si limitano al come contattare i potenziali discendenti degli schiavi della fornace di Catoctin, diceScience. “I rapidi progressi nella genetica e nella genealogia apronodomande difficili sulle dinamiche di potere dello studio dei resti di persone schiavizzate, come chi parla per comunità senza discendenti genetici noti.[…] Alcuni pensano che i ricercatori di Catoctin non abbiano fatto abbastanza per coinvolgere la comunità nera di oggi, per esempio”. Collegare il Dna di resti storici a parenti viventi noti «è significativo per ogni afroamericano in questo Paese, e sto facendo il tifo per un modo per capire come farlo accadere eticamente. La domanda è:chi è l’ultimo decisore nel fare queste connessioni?», ha chiosato Clinton.