Ognuno perso nel suo personalissimo climate change
Mi è capitato spesso di parlare con personeanziane (genitori, suoceri, amici)dicrisi climatica.La loro reazione è sempre stata simile: la questione viene lasciata presto cadere. Non tanto per indifferenza, non tanto per ignoranza. Il motivo è un altro e credo abbia a che fare con lapercezione della vitache ha chi, a esempio, magari ha superato gli 80 o gli si avvicina. Ha vissuto tutta la vita in un altro secolo,ha dovuto affrontare ben altri problemi(guerra, fame) ma ha anche goduto di uno dei periodi più lunghi di pace e prosperità (e anche lavoro garantito e welfare) del mondo occidentale. Ma soprattuttoha pochi anni di fronte a sée questo fa sì che il tema del cambiamento climatico lo riguardi da lontano, mentre ciò che preme è cercare di vivere gli ultimi anni in salute, possibilmente, senza soffrire troppo, e vicini ai propri cari. Che il pianeta abbiaun grado e mezzo in piùa loro poco importa. Nati prima della guerra e nei primi anni 2000: mondi lontanissimi È tutto comprensibile. Certo, a volte questo atteggiamento distante provoca anche un po’ dirabbia: mi chiedo se comunque non si possa provare sofferenza versofigli e nipoti che vivranno su un Pianeta caldoin maniera forse insopportabile, immersi in eventi estremi rischiosi per la vita; su un Pianeta che, di conseguenza, sarà solcato daconflitti emigrazionisenza pari. Ma la percezione resta quella dei pochi anni, l’urgenza e l’ansia sono smussate.Quell’ansia e quell’urgenza che provano invece quei genitori che hanno figli piccolio adolescenti. E soprattutto quella dei ragazzi di 20 anni, che al 2050 avranno 50 anni e già vivranno in un mondo stravolto. Per non parlare di quelli che saranno adulti a fine secolo. Quando forse le temperature non consentiranno più di vivere sul Pianeta. Perché la protesta oggi è solo giovanile? Tutto questo ci dice molto su cosa bisognerebbe fare percomunicare il tema della crisi climatica. E soprattutto per risolverla. Bisognerebbe rivolgersi soprattutto aigiovani;bisognerebbe anche che i giovani contassero di più, in ogni senso:elettorale, economico, politico. Perché se potessero votare a 16 anni, se in parlamento entrassero 20enni, automaticamente le misure contro il degrado ambientale e climatico avrebbero un posto di rilievo. I giovani la crisi la sentono, la capiscono,riescono a proiettarsi nel futuro. Non a caso oggi l’unica vera protesta politica che abbiamo è quella dei movimenti ambientalisti, daiFridays For FutureaUltima Generazione. Invece che incarcerarli e varare assurde misure contro di loro, occorrerebbe lasciarli liberi di gridare la verità. Perché loro, la verità, la vedono molto meglio che occhi anziani. Se arrivare alla fine del mese o no fa la differenza E poi c’è l’altra dicotomia, quella trabenestanti e persone più povere.Anche se qui le posizioni sono molto più diversificate (ci sono ricchi sensibili al tema climatico e ricchi indifferenti, così come ci sono giovani con pochissimi soldi preoccupati per il clima), sicuramenteriuscire o non riuscire ad arrivare a fine mese segna una linea tra chi riesce a occuparsi di clima e chi no. Se isoldiche ho non mi bastano per la spesa non penso alla crisi climatica, ma a cosa mettere in tavola. Se invece non mi devo preoccupare di nulla, potrò alzare il mio sguardo ad altri temi. Questo aspetto è importantissimo e troppo spesso dimenticato dalla sinistra, che così presta facilmente il fianco alle accuse di ecologismo elitario e per pochi. Giustizia climatica e sociale vanno di pari passo, oppure non vanno. Più sussidi, welfare, salari alti, più le persone si interessano alla crisi climatica Al di là, quindi, delle differenze ideologiche, è possibile tracciare una linea che consente di identificarecoloro che sono più sensibili alla causa climatica(non troppo anziani, dunque, giovani o di mezza età e benestanti) e coloro che invece non la percepiscono o la mal percepiscono. Ma, se nel caso dei giovani gioverebbe allacausa climaticail voto anticipato e contare di più, nel caso dei ricchi e meno ricchi bisognerebbe spingere sempre più persone nell’area della “non povertà”. Welfare, reddito di cittadinanza, salario minimo, assegno per i figli, asili, scuoleche funzionano: sono tutte misure che aiutano le persone e, dunque, la crisi climatica. Perché se sollevate dalle necessità più angoscianti, le persone potrebbero occuparsi maggiormente di un altro tema (che comunque impatta anche sulle loro esistenze). Giovani e giovani adulti devono contare di più. Persone meno abbienti devono uscire dalla povertà.Così, forse partiti o coalizioni verdi avranno più peso. E le politiche ambientali avere maggiori chance di riuscita, anche nel tempo.