Firenze omaggia la fotografia degli ultimi di Lisetta Carmi

 

Anticonformista, audace, cruda nella sua poesia.Annalisa Carmi, meglio conosciuta comeLisetta, è stata una delle interpreti più significative delpanorama fotografico sociale dell’Italia nella seconda metà del Novecento. Recentemente scomparsa all’età di 98 anni (1924-2022), Firenze le dedica lamostraLisetta Carmi. Suonare Forte, visitabilefino all’8 ottobre a Villa Bardini, realizzata con la curatela di Giovanni Battista Martini, curatore dell’Archivio della fotografa, e promossa da Fondazione CR Firenze e Parchi Monumentali Bardini e Peyron. Divisa in 9 sezioni, l’esposizione racchiude180 fotografie scattate tra gli anni Sessanta e Settanta: 20 anni di vita professionale della fotografa che propongono uno spaccato dei suoi più importanti progetti fotografici e che evocano la sua formazione di pianista, ma anche ilcoraggio di cambiare direzione, di intraprendere percorsi diversi, di seguire la sua ostinata volontà di dare voce agli ultimi. Lisetta Carmi,nata aGenovada una famiglia borghese di origine ebraica,durante il periodo delle leggi razziali fuggì in Svizzera, costretta a lasciare gli studi che da quel momento continuò per tutta la vita da sola. Proseguì con successo il suopercorso musicale fino al 1960con infaticabile dedizione al pianoforte che la porterà a esibirsi inconcerti in giro per il mondo. Maquell’annoqualcosa accadde:prese parte allo sciopero di protesta indetto dalla Camera del Lavoro genovese, con lavolontà di restituire, attraverso le immagini, dignità al raccontodi classi sociali che fino a quel momento non ne avevano avuta. A quel puntoabbandoneràper semprela carriera musicale per dedicarsi interamente alla fotografia, facendo ciò che in pochi in quel momento facevano con la macchina fotografica. Famosi sono i suoi reportage dedicati aicamalli, i portuali dei cantieri genovesi all’epoca costretti a lavorare in condizioni inumane, ma resterà d’avanguardia per il suo progetto fotograficoTravestiti, opera definita scandalosa perchéritraeva la scenaLgbtq+genovese, ancor prima della sua definizione,relegata nell’antico ghetto a condurre una vita nascosta. Oggi quell’opera è un pilastro della storia della fotografia, dove Lisetta Carmi ebbe il merito di esseretra le prime a occuparsi in modo così radicale di identità di genere, ma al tempo fu unprogetto etichettato come immorale, al punto che nelle librerie si rifiutarono di esporlo e di conseguenza di venderlo. «Rifiutavo il ruolo che veniva chiesto di occupare alle donne, i travestiti mi hanno fatto capire che tutti abbiamo il diritto di decidere chi siamo» disse. E poii viaggi nel mondo, testimoniando, con scatti di grande forza poetica e valore documentaristico, sempre marginalità con rispetto e profondo sguardo socio-antropologico, trasformando lamacchina fotografica in unostrumento per capire la societàe la condizione umanae allo stesso tempo per trovare risposte su sé stessa e lenire la sua angoscia esistenziale. Collaborò con importanti riviste comeL’Espressoe fra le sue fotografie storiche c’è quella al poetaEzra Pound, con cui vinse il premio fotografico Niépce.