Licènziáti: chi sta perdendo il lavoro oggi nelle startup?
Per le grandibanche, imprese del settore techemultinazionalinon è decisamente un buon momento:incertezza finanziariae riduzioni significative degli investimenti hanno colpito le enormi aziende. Come accade per ognicrisi economica, a subire le vere conseguenze è ilmondo del lavoro: non bastano riduzioni di capitale sociale e ricorso a sovraindebitamento per salvare i titoli sui mercati, spesso sospesi per eccessivo ribasso.Bisognalicenziare, tagliare le posizioni ormai superflue. In un solo anno tantissimi protagonisti del mondo imprenditoriale della tecnologia hanno portato avanti cure dimagranti drastiche ma, secondo i loro calcoli, inevitabili per non essere espulsi dal mercato e collassare. Il portale onlinelayoffs.fyiconta che nel solo 2023 ben902 imprese del settore techabbianomandato a casa oltre 220.000 impiegati,60.000 in più rispetto all’anno precedente, che contava licenziamenti fatti da oltre mille aziende. Dominano la classifica i colossi della rete comeGoogleeMeta, concirca 33.000 licenziamenti complessivitra fine 2022 e inizio 2023, seguiti daMicrosoftcon altri 10.000 eAmazonche, attraverso varie tranche sparse fra i mesi dell’anno, ha indicato l’uscita a 27.000 dipendenti. D’altronde, licenziare i dipendenti rappresenta il modo più facile e veloce per recuperare risorse e mostrarsi più dinamici agli occhi degli investitori. Un’esigenza fondamentale per le big tech che non possono permettersi scivoloni finanziari e altre perdite di profitti, ma anche per tutto quell’universo di piccole imprese e multinazionali tascabili che necessitano proprio dei finanziamenti del mercato per costruire una base solida da cui lanciarsi e spiccare il volo. Si chiamaventure capitalquella attività di investimento di medio-lungo termine con cui investitori istituzionali come i fondi finanziano imprese ancora non quotate ma con un alto potenziale di crescita (high grow companies), dotandole del capitale necessario per sviluppare la loro idea imprenditoriale. Si tratta di operazioni che compensano l’alto livello di rischio con la speranza di futuri e ingenti guadagni, ma che nella prima metà del 2023 hanno vistoperdere la loro attrattiva fra gli investitori istituzionalicon un livello complessivo di investimento di144 miliardi di dollari, molto meno dei 239 miliardi raccolti dalle startup nello stesso periodo dell’anno prima. Inoltre, nei pochi casi in cui è stato racimolato del capitale di rischio,le piccole imprese hanno scontano comunque valutazioni dei propri titoli di molto inferioririspetto al 2022. A rilevare questa tendenza chiamatadown roundèCarta, fra le più note piattaforme dicrowdfunding, attraverso cui imprese ancora non quotate raccolgono capitale di rischio in cambio di titoli, che nel primo trimestre dell’anno rilevavasvalutazioni inun quinto di tutte le operazionidi venture capital. Quando a soffrire la crisi sono i giganti della tecnologia comeMetaeAlphabet- holding che hanno in pancia i gioielli più brillanti e indistruttibili di internet comeInstagramoGoogle- l’opzione dei licenziamenti fa storcere il naso ad alcuni analisti, oltre che agli stessi dipendenti, in quanto si parla di società che a fine anno portano comunque a casa fatturati a diversi zeri e organi dirigenziali conlauti stipendi gonfiati da premi di produttività. Sono casi in cui l’invio delle famose mail di licenziamento appare più come un accanimento verso le fasce più deboli e superflue della propria azienda, che una sofferta, dolorosa ma irrinunciabile decisione. Ma nel caso delle startup la situazione cambia. Per le aziende ancora non avviate ma con un’idea potenzialmente vincente,specie se in campo innovativo, tecnologico e di ricerca, non può che scendere a compromessi con la dura realtà e fare di tutto pur di vincere la corsa al capitale. Come una mongolfiera che per non perdere quota deve alleggerirsi dei fardelli più pesanti, anche una startup è costretta aritoccare la propria forza lavoro, che spesso rappresenta la voce più alta delle spese. Secondo il sito di news incentrato sull’informatica e l’imprenditoriaHacker News,nell’ultimo mese leofferte di lavoro presso le startup sono diminuite del 40%rispetto allo stesso periodo del 2022. Un trend osservato già da diversi anni, che vede il livello medio di occupazione nelle società di nuovo conio in costante calo anche per le startup più grandi, che arrivano a raccogliere anche più di 500 milioni di dollari. Le startup quindi tentano di mostrarsi più snelle e dinamiche di fronte al mercato degli investitori, che sempre di più apprezzano ilricorso alle intelligenze artificialiper rimpiazzare una o più posizioni lavorative umane e contestualmente incrementare la produttività senza gravare sui costi. Da meno di un anno sulla bocca di tutti, modelli informatici in continua evoluzione e in grado di fornire risposte e soluzioni sempre più precise (regressionepermettendo), i software di intelligenza artificiale stanno diventando sempre più versatili anche nel mondo delle imprese, specie se attive in settori altamente tecnologici. Si utilizzanochatbotper elaborare mail formali da inviare ai clienti, per programmare codici in minore tempo e lubrificare gli ingranaggi di quel processo cheMark Zuckerberga inizio 2023 ha chiamato «anno dell’efficienza». Quasi una profezia, uno step ulteriore nel cammino della digitalizzazione, dove il profitto è la meta e la tecnologia è il mezzo per raggiungerlo, sempre che una adeguata regolamentazione a livello internazionale ed europeo non ponga dei limiti stringenti per evitare il peggio.