Non ci deve più essere spazio per il negazionismo climatico

 

Oltre al problema dell’inquinamentoreale che causa ilriscaldamento globale, siamo costretti a fronteggiare l’inquinamento del dibattito mediatico, decisamente più rumoroso. Queste due problematiche hanno una cosa in comune:la mano dell’uomo. I disastri climatici che stanno avvenendo con sempre più frequenza da Trieste in giù, ci dicono ancora una volta chenon ci può essere spazio per chi, anche di fronte all’evidenza, negache siamo già costretti ad affrontare le conseguenze della crisi più grande del presente e del futuro sul nostro Pianeta. Oltre allo spazio concesso a veri e propricomplottisti, sulle tv e sui giornali trovano posto anchegiornalistiche affermano che il caldo c’è sempre stato, personaggi che non negano icambiamenti climaticima che rifiutano l’evidenza che siano causati dal fattore umano. Dare voce a queste tesi serve a portare avanti le posizioni di coloro a cui conviene che non si faccia niente e a fornire alibi a chi sta rimandando la doverosa e necessariatransizione energetica. E nel frattempo le lobby delfossileringraziano. Provate a parlare di estremismi ideologici alle famiglie e alle imprese che hanno perso tutto per colpa dellealluvioni, deinubifragiche assomigliano più ai monsoni, degliincendisempre più infermabili, dellagrandinegrossa come noci di cocco. Per non parlare delmare sempre più caldoche a sua volta causerà perturbazioni sempre più intense. Anche la tesi del dover salvaguardare l’economia si smonta davanti alla realtà, poiché icosti dell’inazionesaranno sempremaggiori di quelli che occorrono per la transizione energeticain tutte le sue forme. L’unico vero estremismo ideologico è quello di pretendere di continuare a fare finta di niente. L’ordine dei giornalisti dovrebbe intervenire perché dare voce ai negazionisti climatici fingendo che si tratti di garantire la libertà di espressione e di opinione si tratta di mera disinformazione.C’è differenza tra opinioni e false notizie, come affermato più volte anche dal climatologo Luca Mercalli. Anche dire che cento, duecento o mille anni fa c’erano già stati più di 40 gradi è un tentativo di negare l’esistenza della crisi, dato cheil cambiamento climatico non si basa sui singoli episodi giornalieri, che peraltro spesso sono stati riportati anche in modo falso, ma sulla registrazione delle medie dei dati di tutti i fenomeni atmosferici nel corso di più anni. Il problema non riguarda pochi giornalisti bizzarri e controcorrente ma si tratta di un fenomeno che coinvolge molte realtà mediatiche italiane, ben più indietro rispetto al livello culturale degli altri stati europei, nonostante gli effetti della crisi climatica siano più evidenti qui che altrove. La verità è che non ci può essere un dibattito sano in un Paese in cui chi prova a sollevare la gravità della questione viene accusato di “gretinismo”, “fanatismo o terrorismo del clima”. Quando certi giornalisti non sono più in grado di decifrare e raccontare la realtà del mondo che li circonda, dovrebbero semplicemente rassegnarsi e lasciare il posto ad altri, perchéle loro esternazioni avvantaggiano solo la propaganda in favore dello status quo, del mondo a base di carbone, petrolio e gas. Probabilmente sarà impossibile sanzionare per legge il negazionismo del cambiamento climatico, che non comprende solamente chi crede nelle scie chimiche, ma anche chi parla del riscaldamento globale senza menzionare le cause, icombustibili fossili.