Auto elettriche: Tata Group sceglie la Gran Bretagna
L’abbiamo vista sfrecciare fra le pagine disegnate da Angela e Luciana Giussani, guidata da uno spericolato Diabolik in fuga dalla polizia. Ma adesso laJaguar, e più precisamente il gruppo industriale indianoTata,che la possiede nel suo ricchissimo elenco di marchi, potrebbe diventare fra iprincipali attori europei dellatransizione energeticaautomobilistica. Il conglomerato ha infatti annunciato lacostruzione di una enorme fabbrica di batterie per auto elettriche in Gran Bretagna, più precisamente nella contea delSomerset. Un progetto ambizioso che punta aprodurre il 40% della domandaattesa di batterie dei produttori automobilistici del Regno Unito. Parliamo di circa40 gigawattora di batterie all’anno, sufficienti ad alimentare centinaia di migliaia di vetture, oltre a rappresentare una potente risorsa per il mercato del lavoro britannico, con ben4.000 nuovi posti di lavoro. Un’occasione d’oro per ilsettore automobilistico,che presto dovrà convertire il suocore businessbloccando, progressivamente, la produzione e la vendita di veicoli a benzina e a diesel, con il rischio di lasciare a casa migliaia di lavoratori. Il progetto complessivamente richiede investimenti per4 miliardi di sterline, un impegno sicuramente ben accolto dal premier ingleseRishi Sunak, che legge l’intenzione diTata Groupcome un «voto di fiducia nell’economia del Regno Unito». L’occasione di poter trasformare il suo Paese in un anello cruciale della catena di approvvigionamento delle batterie avrebbe perfino spinto l’inquilino di Downing Street a mettere sul tavolo unfinanziamento governativo da 500 milioni di sterline. Il condizionale è d’obbligo dato che il diretto interessato non si è ancora esposto per via della «sensibilità commerciale» del progetto, maun funzionariocoinvolto nell’accordo avrebbe già dato alla stampa le cifre probabili a cui ammonterebbe il sostegno statale. Eppure si tratta di una cifra estremamente importante per la stabilità del Governo britannico, sempre più traballante in vista delle elezioni suppletive avute luogo proprio nel Somerset. Soprattuttodopo i 100 milioni di sterline andati in fumo perBritishvolt, startup gigafactory nata con lo stesso obiettivo di traghettare l’industria automobilistica britannica nell’elettrico ma andata in fallimento. Non è la prima volta che il colosso indiano si interfaccia con il Governo inglese. Sul tavolo delle trattative è presente infatti il dossier riguardante leacciaierie a Port Talbot(nel Galles meridionale) e aScunthorpe(nella contea del Lincolnshire) su cuiTatavorrebbe mettere le mani per rendere la produzione a emissioni zero. Un altro ambiziosoprogetto da più di 2 miliardi di sterline, ma che l’esecutivo di Sunak sarebbe pronto a sostenere anche attraverso colloqui «attualmente in corso» con le 2 società siderurgiche. Questa volta la posta in gioco è più alta ela Gran Bretagna si candida diventare il vero palcoscenico della transizione ecologicacon ben 2 mega impianti: quello diTataeun altro nel Sunderlanddi proprietà della società cineseEnvision, attiva nella produzione di dispositivi per le fonti rinnovabili con collaborazioni strategiche conRenault, NissaneHonda, e che prevede di espandere il proprio sito per arrivare a produrre fino a 38 GWh di batterie. Il sindacato ingleseUnitedal canto suo ha accolto favorevolmente l’investimento, anche se chiede che l’accordo si poggi su unastrategia industriale a lungo termine:«Come parte di una strategia industriale globale, il Governo deve garantire che la gigafactory sia costruitacon l’acciaio del Regno Unito», ha commentato il segretario generale Sharon Gharam, per cui agli impegni dello Stato verso la transizione industriale deve essere accompagnato un intervento politico per una «riforma dei costi aziendali dell’energia altissimi che si stanno rivelandoun serio rischio per il futuro della produzione nel Regno Unito».