Violenza di genere: contiamo fino a 10

 

Conta fino a 10. 1, 2, 3… e ora dimmi: ti sono sembrati pochi? È di questi giorni la sentenza della quinta sezione penale del Tribunale di Roma, che haassolto il bidellodi 67, impiegato in un istituto scolastico romano e accusato diviolenzasessualeper averpalpeggiato una studentessa minorennead aprile del 2022. Secondo la sentenza,10 secondi sono pochi, si definisce “palpata breve” (lo sapevi? Io no e vivevo meglio così). E del resto, si chiarisce:il bidello non aveva intenzione di molestarla.Non c’era, afferma la sentenza, “intento libidinoso o di concupiscenza”. Cosa importa come si sia sentita lei, la vittima minorenne, in un luogo che probabilmente reputava sicuro, alle prese con la mano non libidinosa di un uomo di 50 anni più grande del quale presumibilmente lei poteva fidarsi? L’universo emotivo di lei non conta, quello di lui sì (e mi viene da dire, cari maschi: sentitevi pure liberi di palpeggiarci, purché sia una cosa breve). E visto che in questo Paese non si può mai stare tranquille, nei giorni passati è arrivata anche ladenuncia di una giovane di 22 anni, che ha accusatoLeonardo ApacheLa Russadi violenza sessuale. La vicenda è ancora da accertare e certamente sarà la magistratura a fare il proprio dovere. Non è su questo che vorrei soffermarmi, quanto sulle dichiarazioni seguite alla notizia da parte di papà La Russa, presidente del Senato della Repubblica Italiana, seconda carica dello Stato. Le riporto qui di seguito per correttezza di informazione: «Dopo averlo a lungo interrogato,ho la certezza che mio figlio Leonardo non abbia compiuto alcun atto penalmente rilevante.Conto sulla Procura della Repubblica verso cui, nella mia lunga attività professionale ho sempre riposto fiducia, affinché faccia chiarezza con la maggiore celerità possibile per fugare ogni dubbio. Di sicurolascia molti interrogativi una denuncia presentata dopo 40 giornidall’avvocato estensore che, cito testualmente il giornale che ne dà notizia, occupa questo tempo “per rimettere insieme i fatti”». Vediamo insieme i dati Queste le circostanze degli ultimi giorni. Ma la verità è che ce n’è una al giorno e quindi diciamo che ogni marginale diventa sempre più pesante. Dadonnae da madre di 3 figlie femmine. Mi piacerebbe che non si perdesse di vista che, nel 2013, il nostro Paese ha sottoscritto laConvenzione di Istanbul,impegnandosi a rimuovere ogni circostanza che potesse condurre allavittimizzazione secondaria delle donne.All’’articolo 18, la Convenzione, così come la Direttiva vittime del 2012 della Ue, vietano appunto la vittimizzazione secondaria a tutte le istituzioni e in tutti gli ambiti. Significa che èvietato accusare la vittima di essere responsabile del reato che denuncia. Ma vorrei anche ragionare sui dati, come sempre, cercando di comprenderli alla luce di questi ultimi avvenimenti. Secondo il ReportLa criminalità: tra realtà e percezione, redatto daEurispesin collaborazione con il dipartimento della pubblica sicurezza e la direzione centrale della polizia criminale,nel 2022 le violenze sessuali sono aumentate del 10,9%. Snocciolo dati in sequenza, per comprendere insieme come sia un tema sistemico e non isolato. Comemolestieeviolenze sessualisiano organiche a un sistema di gestione del potere e non atti a macchia di leopardo agiti da singoli che, di volta in volta, possiamo definire “malati”, “in preda al raptus” e così via. Dunque: nel2022, quasi il20%delle donne (il 18,9, per essere esatte) è statavittima dimolestie sessuali.A molestarle,conoscenti (21,4%), parenti (18,8%), colleghi (17,9%), datori di lavoro (7,7%), vicini di casa (6,8%), superiori (6%). Solo nel 20,5% si tratta di sconosciuti. Le violenze sessuali sono in costante incremento. Chi mette in atto la violenza? Ilpartner nel 20,6% dei casi, l’ex partner nel 30,3%(e superiamo il 50% del totale), un altro familiare nel 49,1% dei casi. Per il60%delle vittime, la violenza avviene nellemura domestiche. Per il47,4%, nonsi tratta di un episodio di violenzaisolato. Come reagiscono le donne? Secondo i dati pubblicati nel report,solo il 24,7% delle vittime ha chiesto aiuto alle autoritào ai centri di aiuto specializzati. L’8,2% ha sporto denuncia a polizia o carabinieri, il 6,1% ha chiamato il 1522, il 5,6% ha chiesto aiuto a un centro antiviolenza e il 4,8% contattato il 112.Il 31,6% dichiara di essersi difesa da sola,il 24,2% non ha fatto nulla, il 19,5% ha cercato aiuto tra parenti, amici e colleghi. I dati sono pesanti. Sempre. Ma questi un po’ di più. E ci obbligano a una riflessione. Perché a sporgere denuncia a polizia o carabinieri è solo poco più dell’8% delle vittime? Eperché quasi 1 su 5 non cerca aiuto? Ho l’impressione che questi dati ci dicano poco sulle vittime, ma molto su un sistema che,quando una donnadenuncia, anziché deplorare l’aggressorepunta il dito contro di lei.