DIVA: la mostra londinese delle star che hanno cambiato il mondo

“Sono un’artista e ho la capacità e il libero arbitrio di scegliere il modo in cui il mondo mi immagina. Non lasciare mai che un’anima ti dica che non puoi essere esattamente chi sei”. Parola di Lady Gaga, una delle star contemporanee che meglio riassume il messaggio dellamostraDIVA,inaugurata a giugno alVictoria & Albert Museumdi Londra e in cartellone fino al 7 aprile 2024. In esposizionepiù di 250 oggetti tra moda, fotografia, design e oltre 60 lookche celebrano il potere e la creatività delleartiste più iconiche,mostrando come il ruolo econcetto di “diva”sia stato interpretato, sovvertito eriformulatonel tempo attraverso l’opera, il teatro, il cinema e la musica. Tra i pezzi cult, anche inediti, l’abito nero con frange indossato da Marilyn MonroeinA qualcuno piace caldodel 1959; il costume disegnato da Christian Dior perVivian Leigh nella commediaDuel of Angelsall’Apollo Theatrenel 1958; lacollezione di Maria Callas perNormaallaCovent Garden Opera Companynel 1952. E ancora: lo schizzo delvestito diFlameper Tina Turnerdi Bob Mackie del 1977, uno scatto della cantanteLizzocon un abito di finto ermellino con la fascia “Don’t be a drag just be a queen” diViktor&Rolfnel 2021; il look con parrucca e strascico stile Luigi XVI indossato daElton John per il suo 50° compleannoe disegnato da Sandy Powell. Credit: V&A Credit: V&A Credit: V&A «Al centro di questa mostra c’è unastoria di artiste iconicheche con creatività, coraggio e ambizione hannosfidato lo status quoe hanno usato la lorovocee la loro arte perrivendicare il termine diva» ha spiegato Kate Bailey, Senior curator of theatre and performance delV&A. La prima a potersi fregiare di questo appellativo è stata l’attrice italianaIsabella Andreini(1562-1604). “Descritta come un genio poliedrico, Andreini trascendeva le sue umili origini, era appassionata di educazione e affascinava il pubblico con la sua eloquenza divina – scrive Bailey nel catalogo della mostra – Le sue esibizioni sembravano creare un’esperienza viscerale che combinava l’intimità pubblica e l’autenticità con un personaggio sovrumano, attirando un culto di adoratori”. Nel 1883 l’Oxford English Dictionarydefinì per la prima volta ladivacome “un’illustrecantante femminile, una prima donna”.Da Adelina Patti a Sarah Bernhardt, da Eleonora Duse a Marie Lloyd, il cambio di secolo riempì il palcoscenico diartistedi carattere, autosufficienti e con la volontà didare voce a una generazione di donne libere. “You can’t stop a girl from thinking!” era il monologo teatrale portato in scena da Marie Lloyd, nuova voce della working class inglese. In America Josephine Baker divenne un role model per il ‘900, combinando arte, performance e politica, fornendo una voce cruciale nella lotta per l’uguaglianza razziale. In tempi più recenti, spiega Kate Bailey,“la diva ha anche negoziato il suo posto nel rock, nel pop e nel country.Da Dolly Parton a Barbra Streisand, lamusicapopolare ha fornito alle donne una nuova piattaforma e un nuovo pubblico. Aretha Franklin e Joan Baez hanno dato alla diva energia per il cambiamento, mentre negli anni ‘70 Cher e Tina Turner hanno forgiato nuove identità e carriere, lavorando con stilisti visionari come Bob Mackie per costruire personaggi teatrali iconici”. Negli anni ‘80 è il momento di Grace Jones e Madonna “che emergono peresprimere la loro sessualità e reinventare costantemente i loro personaggi pubblici”. E di artisti maschi come Elton John, Freddie Mercury e Prince che “hanno dimostrato comeil concetto della diva sia fluidoe possa essere sfruttato e incanalato dentro e fuori dal palco per creare nuovi spazi sperimentali in cui lestelle maschili potrebbero esprimere la femminilitàed essere spettacolari come le loro controparti femminili”. E oggi?Convivono più dive, ognuna con un messaggio unico da lanciare. “Lady Gaga si sposta senza soluzione di continuità dai pluripremiati blockbuster di Hollywood alle produzioni teatrali metamorfiche. Lizzo sostiene la positività del corpo,Beyoncétrae ispirazione da una serie di intellettuali e leader neri per elevare la voce femminile del black empowerment” conclude Bailey.