Riecco i balletti degli epurati tv

 

Triti e noiosi come i servizi dei tg dedicati al caldo di agosto, di zero interesse per chiunque non sia nato con Bim Bum Bam, falsi e ipocriti come solo in Italia si sa fà, ecco che da una settimana e anche qualcosa di più vanno in scena glipsicodrammi degli epurati della tv di Stato. E pure nellaMediasetpost-Silvionon si dormono sonni molto tranquilli. C’è qualcosa di davvero vecchio, insostenibile e insopportabile nelle cronache giornalistiche quotidiane riguardo i cambi di casacca e i traslochi di qui e di là e trullalà dei vari presentatori, conduttori,sciomanesciouomandellaRai. A metà tra calciomercato e mercato del pesce,siamo costantemente informati relativamente alla telenovela diBianca Berlinguerche da anni avevamo già dato sulla via del trasloco e di prossima stanza probabilmente a Rete 4, Canale 5 o magari in rotta sul Nove. Entra Bianca, esce Barbara (d’Urso), poi magari si ritrovano tutti daFabio (Fazio),la cui fuitinada Rai3ha tenutoimpegnata la stampa più dell’uscita di scena diDraghidalla presidenza del Consiglio. Ho ancora in mente quella frase lì, durante l’ultima puntata di #Ctcf (già l’acronimo faceva addormentare): «Non sono un uomo per tutte le stagioni». Sono l’unica ad averla trovataquasi comica, considerando i suoi 40 anni di Rai e i 200 Governi e Cda di viale Mazzini che si sono avvicendati nel frattempo? Boh, sarò antica,sarò una boomer,magari sono solostufa di pagare il canone e di farmi alzare l’abbonamento da Netflix e il mutuo dallaBce, ma èdifficile empatizzare con questo ballettoche da quando ho memoria tiene bancoa ogni cambio di Governo. Alla scuola di giornalismo del Pleistocene ci insegnavano cos’era il manuale Cencelli e la lottizzazione della Rai: della serie, oggi ci sono un paio di robottini su Marte e il Pianeta è in mano all’intelligenza artificiale,ma qui siamo ancora messi così. Maluccio direi. Mi tocca ricordare che il mondo televisivo è come quello della stampa, dove gira che ti rigiraritrovi sempre gli stessi nomi e cognomie se non li vedi più è solo perché l’Inps (dovrei dire l’Inpgi ma non ha retto lo shock) si è accorta che erano già da secoli in pensione. Ho assistito adiscese ardite e risalite di big della tvche non voglio nominare tanto li conoscono tutti (soprattutto mia madre), ho visto direttori e direttrici aggrappati alla cadrega per almeno un ventennio e andarsene pure minacciando ricorso, se scrivo queste cose è solo perché ormaisono una freelance di 49 anni ed è chiaro che non mi assumerà più nessuno. Eppure, qualche speranza sotto sotto c’è. Tolti i soliti noti ci sono format e serie tv azzeccati non solo perperennial(vogliamo parlare diMare fuori?), ci sonocose carineche valgono ogni tanto il canone comeil Marzianodell’inossidabilePif, che nelle regole della tv ha 50 anni suonati ma è ancora un giovane esordiente, un po’ come Cattelan. Ci sono gli outsider tipo i mariotozzi e gli abertiangela, ci sono argomenti un po’ più appealing (chessò dico a caso: l’ambiente, i diritti, l’innovazione?) e unaincredibile fascia di talenti rimasti fuori in questi annida provare magari una volta tanto a tirare dentro (Radio Deejay,che trasmette da 40 lune, ha appena lanciato un contest per cercare speaker nuovi: mica è poi così difficile ammettere di volersi aggiornare, no?). Se non ricordo male, poi, quando tutti davano latvgeneralista come dependance della Baggina si è invece scoperto che stavarecuperando terreno anche sui Millennial e sulla Gen Zgrazie a un paio di effetti butterfly sui social: ilfantafestival di Sanremosu Tik Tok e il litigi delle mine vaganti sgrammaticate delCollegio. Insomma, gente, mai perdere la speranza considerando che comunque vada avremo una certezza. Che domani accenderemo la tv e Bruno Vespa sarà sempre lì.