Libri Lgbtq+: quando si “usciva la sera”

Libri Lgbtq+: quando si “usciva la sera”

 

Quella dellacomunità Lgbtq+è (anche) unastoria di bar. Uno, leggendario, lo celebriamo proprio oggi, perché54 anni fauno scalcinatolocale gaygestito dalla mafia newyorkese ha visto l’alba dellarivoluzione omosessuale. Una rivoluzione che da Christopher Street, nel cuore del Greenwich Village, ha travolto tutto l’Occidente. Se loStonewall Innè diventato un simbolo, però, non è l’unico locale, vero o immaginario, indissolubilmente legato a questa storia. Alcuni rappresentano pagine buie, come ilPulsedi Orlando,in cui nella notte tra l’11 e il 12 giugno 2016 Omar Mateen haucciso 49 personee ferite 58 armato di un fucile e di una pistola semiautomatici; altri capitoli pop, come ilBabylon, che fa da sfondo all’iconica serie tv statunitenseQueer as Folk. Ma igay barsono stati più di un simbolo. Sono statiuna casa per chi sentiva di non avere una casa, un luogo diaggregazioneper quelli che“uscivano la notte”per cercare e cercarsi, drogarsi, ballare, ma anche persperimentare un senso di appartenenzache mancava fuori. “Per sete. Usciamoper provare il brivido della caccia. Vogliamo stare in una stanza piena di uccelli ognuno dei quali racchiude la forte possibilità di essere, per ricorrere a un acronimo queer vecchio stile, TBH,to be had, da possedere”. Sono stati un luogo in cui “l’identità si affermava e veniva messa in discussione allo stesso tempo”, in cui si dava un senso alla parola “gay”. Quanto, lo racconta Jeremy Atherton Lin inGay Bar. Perché uscivamo la notte, uscito perMinimum fax(330 pagine, 19€). Unracconto autobiograficoma anche un saggio di analisi politica e sociale, un documento storico e un caleidoscopio di aneddoti (come l’incursione della Principessa Diana alRoyal Vauxhall Tavernassieme a Freddie Mercury, l’attrice Cleo Rocos e Kemmy Everett) che ci accompagna non solo neilocali che hanno segnato la vita dell’autore,ma in ununiverso di gay barche hanno segnato e disegnato la storia di un’intera comunità e in cui il rapporto tra luogo e identità si è dipanato sull’onda dei beat della musica, del popper e del sesso chequelli che non uscivanodefiniscono “promiscuo”. Quei locali in cui “fare sesso era come lavarsi i denti”, in cui in mezzo agli altri si definiva, o ridefiniva, se stessi: “Il punto è: entrando in un gay bar, divento più o meno gay? Il marchio della miaqueernesssbiadisce in confronto ad altri più appariscenti di me? Si dissolve nella penombra, o si rivela, come sotto una luce ultravioletta? Dipende, in parte, dal posto. Ma, quale che sia ilgay bar,quando ci entro la mia autoconsapevolezza e il mio benessere, se possibile, si amplificano parallelamente”. Molti di quei locali non esistono più, almeno non come li raccontaLin. Moltihanno tirato giù le serrande (forse perché, profetizzano i giornali da decenni, “non servono più”) o si sono reinventati dandosi un volto più commerciale e “digeribile” per chi gay non è e quegli spazi ha “invaso”, dove “sono più le frociarole che i froci” e laqueernessè stata elevata a patrimonio condiviso.Locali che non hanno resistito non solo all’onda d’urto delCovidma, soprattutto, allo stile di vita “da gay pantofolaio” e alladomesticizzazione delle relazionie alla cultura del nido familiare. Quello che facciamo assieme a Lin èun viaggio che ci porta da Londra a Los Angeles fino a San Francisco, ma che ci catapulta anche in un continuo flussotra passato e presentee che, tra le righe di un appassionante memoir erotico, ci guida non solo nei luoghi che di questa storia sono non sfondo ma protagonisti, ma anche in unaricostruzionedei momenti, anche quelli meno conosciuti, dellaliberazione omosessualee della storia culturale della comunità Lgbtq+, oltre che del suo vocabolario e delle sue figure iconiche. I primiPride(quanti sanno che la prima sfilata nazionale dell’orgoglio gay ha avuto luogo a Los Angeles ben 3 anni prima dei Moti di Stonewall) e l’Aids, le dark room e le ballroom, ilposinge tanto, tanto sesso, il passaggio da “Noi siamo ovunque” a “Noi siamo tutto”, l’imperativo “Fuori dai bar, per le strade”: tutto si unisce in uno sfavillante evivissimo racconto. E oggi?È vero che questi spazi non servono più?Che l’integrazione,Grindre il cruising digitale hanno reso superati igay bar,spazi di auto-segregazione? Forse è ancora presto per l’omelia funebre: “Finché gli esseri umani sopravviveranno, ci saranno spazi sociali,e questi conterranno gerarchie negoziate in termini di potere ed esclusione”. O, per dirla con le parole che chiudono la serieQueer as Folkmentre i protagonisti ballano sulle ceneri delBabylondistrutto, “E il tumpa tumpa continua… Sarà sempre così, qualsiasi cosa accada, chiunque sia il presidente, come la nostra divina della disco Gloria Gaynor ci ha insegnato e cantato:We will survive”.