Automobili Italia: il 25% tra Euro 0 e 3

Automobili Italia: il 25% tra Euro 0 e 3

 

È stato definito «insicuroeinquinante»da Angelo Sticchi Damiani, presidente dell’Automobile Club d’Italia (Aci), ilparco autodel nostro Paese. Il25% delle automobili che circolanosul suolo italiano èomologato tra Euro 0 ed Euro 3:vale a dire auto vecchie, tra le maggiori responsabili delleemissioni complessiveprodotte dalla mobilità individuale. La battaglia condotta daAciconsiste nell’incentivare un ricambio generazionale dei veicoli, tramite larottamazionedei modelli più vecchi e l’acquisto di un usato più recente. Questa pratica, analizza il presidente Sticchi Damiani, è frenata «perché [gli italiani, ndr] non hanno i soldi per farlo o comunque da destinare a un bene, l’auto, che magari usano sporadicamente». La presenza di automobili vecchie comporta 2rischiprincipali: l’inquinamentoe lamancatasicurezza stradale.L’Acistimache ogni veicoloEuro 2,equivalente al6,2% del parco autocon oltre 2,5 milioni di macchine, abbia un impatto sull’ambiente di 28 volte superiore agli ultimi Euro 6, che rappresentano il 32,6% (oltre 13 milioni di modelli) delle vetture presenti sulle strade italiane. E infatti, alcune città comeMilano, Roma, Napoli, Torino e Bolognahanno regolamentato ildivieto di circolazione per i veicoli Euro 3, che sarà esteso entro il 2024 anche agli Euro 4 con conseguenti disagi (inevitabili ma necessari) per i cittadini. Il discorso relativo alla sicurezza stradale è di molto importante, basti pensare che nel2022,secondo i dati della Polizia Stradale, si è verificato unincremento del 7,1%del numero dell’incidentalità rispetto al 2021:dei70.544 incidenti avvenuti nel 2022, le vittime sono aumentate dell’11,1% (1.489), mentre gli incidenti che hanno provocato lesioni sono aumentate dell’8,4%, arrivando a 28.914. Un elemento diprevenzionedegli incidenti che coinvolgono autoveicoli e gli altri utenti della strada è latecnologia. La presenza disistemi di sicurezzaattiva (Adas), la progettazione dicarrozzerie che garantiscanol’assorbimento degli urtie disistemi di frenaggiosempre più reattivi, maggiormente diffusi e più avanzati nei veicoli di ultima generazione, recano evidenti benefici per la messa in sicurezza della viabilità. «L’Italia si sta preparando progressivamente, come naturale che sia, pur con qualche ritardo, in particolare sulle infrastrutture quali le colonnine di ricarica»: queste le parole del presidente dell’Aciriguardo latransizione green nel mondo delle autovetture, che sottolineano come una delle cause di questo ritardo sia dovuta alla presenza limitata e poco diffusa delle infrastrutture di ricarica. Il punto di svolta sarà segnato dall’investimento, erogato sotto forma di incentivi a fondo perduto, di oltre741 milioni di euro provenienti dal Pnrrdei quali, secondo il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, circa360 milioni saranno destinati alla costruzione dei punti di ricarica in superstrada,mentre altri 353 verranno impiegati per le infrastrutture nei centri urbani. Con gli obiettivi diriduzione delle emissioni,di promozione di unamobilità sostenibilee di transizione all’elettrico, si realizzeranno 7.500 punti di ricarica ultra fast in autostrada, 13.000 colonnine elettriche nei centri urbani entro il 2025, al fine di allinearsi con le direttive Ue che puntano ad avere delle stazioni di ricarica ogni 60 km. Se nell’ambito infrastrutturale la strada sembra farsi in discesa, si avverte comunque un certoscetticismoper quanto riguarda la possibilità economica diacquistareauto elettriche.Il divieto di circolazione in alcune aree urbane per una certa tipologia di veicoli non si fa promotore delle esigenze di quei cittadini che, in alcuni casi, non possono permettersi l’acquisto di vetture elettriche: in media,costano il 20-30% in più delle auto tradizionali. Non è da trascurare, però, la possibilità di spendere meno sul rifornimento grazie all’elettrico, andando a creare unrisparmio sul lungo periodo.