Un altro discorso sul metodo

«Tutti hanno diritto alle proprie opinioni ma non ai propri fatti»: se l’affermazione è di uno storico senatore americano, Daniel Patrick Moynihan, significa che è una frase partigiana, valida solo per coloro che la pensano come un democratico americano? A quanto pare, i repubblicani americani lo credono davvero. E di conseguenza stanno combattendo una battaglia legale contro chi a sua volta si impegna per contrastare la disinformazione. Riferisce ilNew York Timesche si stanno moltiplicando le cause intentate da persone che aderiscono al partito conservatore americano contro università e centri di ricerca chelavorano per trovare, decodificare e contrastare ladiffusione di notizie false, soprattutto sui social network. Molte persone che stanno denunciando gli studiosi e i ricercatori che si occupano di disinformazione sono anche tra i sostenitori dell’idea che le elezioni presidenziali americane che hanno portato alla vittoria Joe Biden contro Donald Trump siano state truccate. Le prove inconfutabili del contrario dimostrano che questa idea è appunto una forma di disinformazione. Coerentemente, i conservatori americani combattono in tribunale tutti coloro che denunciano la disinformazione. Jameel Jaffer, direttore esecutivo delColumbia University’s Knight First Amendment Institute, un’organizzazione che si occupa di salvaguardare la libertà di espressione e di stampa, valuta questa strategia come unmodo cinico per bloccare la ricerca. Ma di fatto si traduce in una forma di censura. Molti studiosi, riferisce ilNew York Times, si trovano già in difficoltà di fronte alle battaglie legali che devono affrontare. E il numero di chi combatte la disinformazione si sta riducendo. Gli obiettivi della campagna dei conservatori sono molti: le università di Stanford, Clemson, New York e Washington; l’Atlantic Council, ilGerman Marshall Fund, laNational Conference on Citizenship, tutte organizzazioni non governative e non aderenti a un partito; laWikimedia FoundationeGraphika, una società di lotta alla disinformazione. Di fatto, i conservatori che attaccano chi combatte la disinformazione sostenendo di difendere la libertà di espressione contro la censurasono a loro volta colpevoli di limitare la libertà di espressione dei ricercatoriche si impegnano a individuare e decodificare le notizie false, con l’obiettivo di censurarli. Il fatto che le prossime elezioni americane si stiano avvicinandopotrebbe essere collegato a questa campagna. Naturalmente, i conservatori sostengono di essere a loro volta impegnati nella lotta contro la censura. Il loro punto di vista si abbarbica a una notizia diffusa dal social networkTwitterdi Elon Musk: secondo questa notizia, alcuni funzionari governativi hanno chiesto aTwitterdi impegnarsi a contenere la disinformazione, senza ovviamente poter imporre alcuna decisione specifica. Questa notizia ha consentito ai conservatori di creare una narrativa secondo la qualela lotta alla disinformazione è tutta una manovra censoria del governo di Bidencontro la libertà di espressione dei patrioti americani che, per esempio, combattono i vaccini e si esprimono con una quantità di storie inventate che presentano come vere. Compresa quella delle elezioni rubate. Bisogna tenere presente che anche queste notizie possono essere considerate partigiane, secondo i conservatori, essendo uscite sulNew York Timesdalla penna del giornalista premio Pulitzer Steven Lee Meyers e dalla reporter autrice di un’inchiesta bestseller suFacebookSheera Frenkel. Ma bisogna anche scegliere:queste informazioni sono ottenute con un metodo controllato e controllabile. La disinformazione, invece, è ottenuta con un metodo del tutto differente, molto più simile alla fiction o alla peggiore pubblicità. Il metodo che serve per raccogliere informazionidiventerà uno spazio di libertà dalle lotte dei partiti e delle tribù politiche. E per quel metodo, a questo punto, occorre combattere.