Australia: sì al referendum per i diritti degli aborigeni

Con 52 voti a favore e 19 contrari, ilSenato australianoha approvato la legge che apre la strada a unostorico referendumriguardo i diritti degli aborigeni. Non c’è ancora una data, ma la consultazione dovrebbe tenersi entro l’anno. Gli elettori saranno chiamati a deciderese modificare la Costituzione per includere unaVoice to Parliament,un comitato che può consigliare relativamente a questioni che interessano gli aborigeni e leisole dello Stretto di TorresinAustralia. Se il referendum dovesse passare, per la prima volta gliindigeni australiani,che abitano queste terre da oltre 60.000 anni e sono stati uccisi a migliaia quando gli inglesi arrivarono in Australia e presero il controllo della terra secondo il concetto di terra nullius, “che non appartiene a nessuno”, incorporato nella legge australiana e cancellato solo nel 1992, sarebberoriconosciuti nella Costituzione. Manon si tratterebbe solo di un riconoscimento simbolico:aborigeni e isolani dello Stretto di Torres vedrebbero riconosciuto anche il diritto (costituzionalmente sancito) di essereconsultati dal Governoper le leggi che riguardano le loro comunità, ponendo fine alla secolare esclusione di queste popolazioni dai processi parlamentari. «I parlamenti approvano le leggi ma sono le persone che fanno la storia – ha detto il primo ministro Anthony Albanese in una conferenza stampa dopo l’approvazione del disegno di legge – Questo è il vostro momento, la vostra possibilità, la vostraopportunità di far parte della storia». A gettare le basi per laVoiceè stata l’ex prima ministra Julia Gillard,che nel 2010 ha istituito un gruppo di esperti per promuovere ilriconoscimentodegli indigeni australiani nella Costituzione del Paese. Nel 2017 oltre 250 delegati aborigeni e isolani dello Stretto di Torres si sono riuniti a Mutitjulu, all’ombra di Uluru, e hanno firmato laUluru Statement of the Heart. Una dichiarazione storica, che non solo descrive in dettaglio la proposta dellaVoicenella Costituzione ma stabilisce come culmine dell’agenda sia ilMakarrata, “l’unione dopo una lotta. Cattura le nostre aspirazioni per un rapporto equo e sincero con il popolo australiano e un futuro migliore per i nostri figli basato sulla giustizia e sull’autodeterminazione”, chiedendo una “Commissione Makarrataper supervisionare un processo di accordo tra i Governi e le Prime Nazionie raccontare la verità sulla nostra storia”. Scott Morrison, primo ministro a capo di un Governo di destra prima che Albanese vincesse le elezioni in maggio, rifiutò di sostenere la proposta. Gliaborigeni australianirappresentano circa il3% dei quasi 26 milionidi cittadini, eppure sono un quarto della popolazione carceraria del Paese. Molti sonoincarceratiper reati minori, secondo i dati ufficiali. Circa un terzo vive al di sotto della soglia dipovertà. E le statistiche sono impietose se guardiamo ai tassi dialcolismo, droghe, violenze familiari.Centinaia sono stati sottratti alle loro famiglie per esserecresciuti come “bravi australiani”:sono i bambini e le bambine dellaStolen Generation,la “generazione rubata”, allontanati con la forza delle leggi australiane da Governi, chiese ed enti assistenziali dall’inizio del 900 fino agli anni ’70. Storicamente, l’elettorato australiano si è dimostrato timido nei confronti del cambiamento costituzionale:su 44 proposte avanzate in 19 referendum, solo 8 sono state approvate dal voto popolare. Il referendum di maggior successo è stato però proprio quello riguardante idiritti degli indigeni: nel 1967, infatti, il90,77% degli australiani ha votato in modo schiacciante a sostegnodi un emendamento costituzionale per contare gli indigeni nel censimento e fornire al Governo federale e non solo alle amministrazioni statali il potere di fare leggi per gli indigeni. «Il 1967 è stato diverso perché non proveniva dal Governo – ha spiegato aAl JazeeraCheryl Saunders, direttrice fondatrice delCenter for Comparative Constitutional Studiespresso laMelbourne University Law School- È venuto da un’ondata di pressione da parte degli indigeni che parlavano con i non indigeni e suscitavano l’interesse della gente comune. E c’è un senso in cui questa [la proposta referendaria] è esattamente la stessa». Secondo ilsondaggiodel sitoResolve Strategic(pubblicato dalla società di mediaNine Entertainment), il64% degli australiani è a favore di una voce indigena in parlamento.