Paesi Bassi: la polizia sorveglia illegalmente i manifestanti

“Accertamenti illegali d’identità, monitoraggio delle attività sui social media, uso dei droni durante le proteste,infiltrazione nelle app dei gruppi e ispezioni nelle abitazioni senza preavviso”: quelle che sembrano azioni per combattere pericolosi criminali o terroristi sono alcune delle pratiche messe in atto dallapolizia dei Paesi Bassi ai danni dei manifestanti pacifici. A denunciare lasorveglianza illegaleèAmnesty Internationalnel rapportoPoteri incontrollati: i controlli d’identità e la raccolta dei dati nei confronti dei manifestanti pacifici,pubblicato nell’ambito della campagnaProteggo la protestache documentando gliattacchi ai manifestantiper sostenere chi viene preso di mira e i movimenti sociali che lottano per i diritti umani. Secondo le ricerche dellaOng, che ha intervistato 50 manifestanti, le forze di polizia utilizzanoazioni intimidatoriee metodi disorveglianzadelle forze di polizia, “non rispettano le leggi nazionali né glistandard internazionali sui diritti umani”. “Ad un certo punto,7 o 9 agenti di polizia ci stavano circondando, mentre eravamo solo in 4. Ci è stato detto stavamo facendo qualcosa che non era consentito, quindi volevano vedere il nostro documento d’identità. (…) E perquisivano chi non ha voluto mostrare il proprio documento. È stato davvero sgradevole. Ho continuato a sentirmi impotente per giorni. Quando tutto è finito,l’ufficiale dipoliziaha detto che in realtà avevamo il diritto di manifestare.Ma a quel punto era già successo, con così tante persone intorno. Invocano la loro posizione di potere. Ho dato molto rapidamente la mia carta d’identità perché avevo paura di essere perquisito. (…) Mi sento come se stessero tentando diimpedirmi di manifestare”. Il report, che si focalizza proprio sulcontrollo illegittimo dei documenti,si apre con le parole di Robert, manifestante a una protesta contro il razzismo nel novembre 2020. Come lui, tantissime persone hanno dovuto consegnare i documenti. Chi si è rifiutato di mostrarli, senza sapere perché, è stato arrestato. Come Clive, a cui un avvocato ha confermato che non era obbligato, ma è stato portato via in manette. Identificare i e le manifestanti attraverso il controllo della carta d’identità, spiegaAmnesty, non è solo unaviolazione della privacy, ma anche un deterrente che impedisce alle persone di manifestare liberamente: “Chiedendo regolarmente ai manifestanti pacifici di esibire le loro carte d’identità, le forze di polizia non solostanno violando il diritto alla riservatezzama stanno anche producendo un effetto raggelante suldiritto alla libertà di protesta pacifica”, ha dichiarato Dagmar Oudshoorn, direttore diAmnesty InternationalPaesi Bassi. Gliagenti di polizia olandesihanno ampia discrezionalità nel richiedere il documento d’identità. Ogni persona di 14 anni o più ha il dovere di mostrare un documento a un ufficiale delle forze dell’ordine alla prima richiesta. Secondo la Legge relativa all’obbligo di identificazione del 2003, però,i controlli d’identità sono permessi solo quando “ragionevolmente necessario”per lo svolgimento del lavoro delle forze dell’ordine. “Le prassi attuali – continua Amnesty – sono evidentemente contrarie a quanto è permesso da quella normativa”. Perché un controllo sia “ragionevolmente necessario”, continua infatti il report, deve esserci ilragionevole sospetto di un reato sufficientemente gravebasato su indicatori individualizzati e oggettivamente verificabili, e devono essere sempreconsiderati i requisiti deidiritti umanidi legalità, necessità e proporzionalità. Quando la legge relativa all’identificazione obbligatoria è stata originariamente proposta, il Governo olandese ha assicurato ai critici che “ostacolare la partecipazione alle attività della società regolare” non rientrava in questa categoria. Eccetto per le situazioni sospette, i legislatori ritenevano che “sarebbe stato difficile immaginare” a quale scopo sarebbe servita la registrazione dei dati personali nello svolgimento dei compiti di polizia. Il Governo, continua il report, aveva dichiarato che il suoimpegno a non registrare i controlli di identitàsarebbe stato una salvaguardia contro la possibilità di un effetto dissuasivo. “Questo rapporto mostra che questi impegni presi dai legislatori vengono violati nella pratica dalla polizia”. A essere illecita non sarebbe solo laraccolta dei dati(a volte effettuata sulla base di unaprofilazione etnica) ma anche il successivotrattamento: “una volta controllata, ciascuna carta d’identità èconservata in un database della polizia per almeno 5 anni,in violazione del diritto alla riservatezza”. Le proteste, quindi, vengono monitorate attraverso controlli dei documenti illegali (il cui effetto è dissuadere dalle proteste stesse attraverso quello cheAmnestydefinisce un “mindset” di minaccia e potere discrezionale senza controllo), ma anche attraverso la registrazione nei database che espone i manifestanti pacifici alrischio didata mininge di tracciamento illegale, oltre a violare il loro diritto alla riservatezza. Questi controlli diventano un deterrente:le persone non si sentono a loro agio ascendere in piazzae il rischio è che anche le manifestazioni future siano compromesse da questa criminalizzazione delle proteste. “Invece di monitorare segretamente i manifestanti pacifici, le forze di polizia dovrebbero facilitare lo svolgimento delle proteste. Chiediamo alle autorità diprendere iniziative per porre fine al monitoraggio illegale dei manifestanti pacifici.I controlli d’identità dovrebbero essere eseguiti solo di fronte al ragionevole sospetto di una grave azione criminale”, ha concluso Oudshoorn.