Manhattan, svuotata dallo smart working

Manhattan, svuotata dallo smart working

 

Sono passati 3 anni da quando lapandemia da Covid-19ha messo in pausa le vite di ognuno di noi, fermandoci in un tempo quasi surreale fatto di giornate a rilento, di strade deserte, scuole chiuse,ufficivuotie case piene. 3 anni in cui abbiamo imparato a trascorrere settimane in bilico tra unavita realee unavirtuale, all’inizio confondendole un po’, poi abituandoci a vivere in un mondo fatto divideochiamateesmartworking, in cui la socialità passava attraverso la rete e a lavoro si andava in camicia e ciabatte. Oggi le strade pullulano nuovamente di gente, nelle aule delle scuole si incontrano ancora gli sguardi dei ragazzi ed è tornato di modaincontrarsinel bar preferito per discutere di idee e progetti davanti a un caffè. Tutto rientrato nella normalità, o quasi. Quello che sembra non essere tornato al suo posto è iltassello dello smart workingche, da pratica così innovativa e sconosciuta ai più – tanto da suscitare dubbi e perplessità iniziali – è diventata oraprassi del lavoro moderno,rivelando come la scrivania di casa sia una postazione più comoda di quella dell’ufficio e lo spostamento da una stanza all’altra della propria abitazione renda la vita dei pendolari moltomenostressantedella frenesia di mezzi di trasporto e delle corse contro il tempo per garantire puntualità. Rivelazioni, queste, sì positive per ilbenesserepsico fisicodei lavoratori, ma che hanno portato aconseguenze socio economicheda non sottovalutare. Siamo aManhattan, per esempio, dove lo smart working (o remote working) oggi hasvuotato intere sedi di uffici, facendo registrare un +17,4% di uffici inutilizzati e interrompendo – tra le altre – la catena del più grande mercato del lavoro al mondo. Qui, stando ai dati rilevati in un report delNew York Times, lo spazio degli uffici rimasti deserti dopo la pandemia di Covid corrisponde a una superficiedi 74.582.671 piedi quadrati -quasi7 milioni di metri quadrati-uno spazio talmente grande che potrebbero entrarvi26 Empire State Building. Nonostante gli innumerevoli bonus allettanti e i più disparati servizi extra promessi dalle aziende (tra cui mense e aree per l’infanzia) pur di vedere gli uffici ripopolarsi di dipendenti, la città oggi apparepiù vuota del post shockdovuto all’attacco terroristico dell’11 settembre: nel distretto finanziario diWallStreetè vuoto il25,6%degli uffici, mentre attorno aTimes Square il 19,9 %. Non avendo più dipendenti disposti a lavorare in ufficio, infatti, molte aziende hanno lasciato Manhattan, mentre altre hanno ridotto i loro spazi lavorativi accontentandosi di aree più piccole e tranquille. Abituati a vedere e immaginare la vita dellaGrandeMela(e del distretto di Manhattan in particolare) come un via vai frenetico di gente indaffarata che corre in tutte le direzioni, vestita di tutto punto con giacca e cravatta o tailleur, un’immagine quasi desertica come quella descritta dalNew York Timesrisulta fuori da ogni concezione, così come risulta improbabile ai più che sia un’unica causa a provocare un cambiamento sociale così profondo: che lo smart working sia solo ilcaproespiatoriodi una realtà ben più complessa, in cui puntare il dito contro il“lavoro facile”è la soluzione più semplice? Scavando nella vita di Manhattan, infatti, non è difficile cogliere almeno un altro dei motivi alla base delfuggi fuggi di aziende e personedal territorio: a incidere sull’abbandono della città, infatti, sono anche gliaffitti. Le proprietà immobiliari, infatti, anziché mantenere gli stessi prezzi del pre pandemia per aiutare nella ripresa e favorire un ritorno alla normalità, hannoaumentato gli affitti delle sedi del 30-40%nel tentativo di recuperare i soldi persi negli anni della pandemia. E lo stesso hanno fatto gliaffittuaridegli appartamenti, causando uncrollonelle percentuali di lavoratori e abitanti della città. Così, nel periodo pandemico (tra 2020 e 2021) il territorio della Grande Mela haperso 300.000abitanti, un declinodemograficoda record che non è stato registrato in nessun’altra città americana e che non accenna a sanarsi.