Viaggio nel Museo Laboratorio della Mente

Viaggio nel Museo Laboratorio della Mente

 

Da diverso tempo ildisagio mentaleè tornato centrale nel dibattito pubblico (soprattutto a causa della pandemia, che ha avuto importanti ripercussioni sullasalute mentale). Era il13 maggio 1978quando laLegge Basagliaimpose lachiusura di tutti i manicomi:“uno dei pochi eventi innovativi nel campo della psichiatria su scala mondiale”, spiegava nel 2003 l’Organizzazione mondiale della sanità. Maquanto ne sappiamo del disagio psichico? C’è un luogo a Roma che lo racconta e ci ricorda che “guarigione” significa spesso convivere con alcuni tipi di problemi. È ilMuseo Laboratorio della Mente, allestito negli spazi dell’ex Ospedale Psichiatrico Santa Maria della Pietàche con i suoi 120 ettari di verde, 41 edifici e 24 padiglioni di degenza fu uno dei più grandi d’Europa,chiuso nel 1999e gestito dalla Asl 1 della Capitale. Oggi parte della sua storia è raccolta nel padiglione 6 (provvisoriamente chiuso per ristrutturazione ma visitabile online) il cui percorso espositivo è stato curato daStudio Azzurro, gruppo di ricerca artistica milanese, che attraverso diversi tipi di linguaggi sensoriali e nonmostra la vita all’interno del manicomio. Unpercorso immersivo e multimedialeche coinvolge le persone che lo visitano, stimolandone la partecipazione attiva.Perché il Museo della Mente non vuole raccontare una storia, vuole farla rivivere. Tra idiversi elementi del percorso c’è“Entrare fuori uscire dentro”: unmuroche attraversa l’intero allestimento e che divide gli ambienti esterni da quelli interni comemetafore di inclusione ed esclusione dalla vita sociale e pubblica. Nell’ex Ospedale Psichiatrico Santa Maria della Pietà i pazientivenivano internati per categorie: il padiglione 18 accoglieva i criminali, il 14 gli agitati, il 22 i cronici, il 12 tutte le persone pericolose per tentativi di fuga e suicidio.Il più grande era il 22, chiamato ilBisonte, dove confluivano gli epilettici, i dementi senili e gli schizofrenici. C’eranopazienti di tutte le età,anche bambini e bambine:alla fine dell’800, ne furono internati circa 300 sotto i 15 anni.Nelle cartelle cliniche rimaste, risulta che il motivo che giustificava l’internamento delle bambine era ladeficienza etica e l’amoralità.In alcuni casi, poi, si faceva più esplicitamente riferimento all’impossibilità, per le famiglie povere, ditenerle a casa,specie se di carattere irrequieto. Ilmanicomiodivenne così una delle varie forme attraverso cui si esprimevano i rapporti di forza tra i generi all’interno delle reti sociali degli individui, in primis in quelle familiari. Lo dimostra anche l’internamento delle300donnetacciate di isteria:indemoniate, ninfomani, agitate. Così furono definite tutte quelle donne non conformi al ruolo imposto dalla società. Disadattate, quindi pazze, senza pudore e per questo destinate allasegregazione tra le mura del manicomio. Visitare questo luogo vuol dire attraversare, passo dopo passo, le importanti innovazioni di carattere psichiatrico nella lottacontro lo stigma e i pregiudizidel disagio mentale che accomuna tutti. E questa fase storica ce lo dimostra.