Riso: la crisi climatica costringe a ripensare le coltivazioni

Riso: la crisi climatica costringe a ripensare le coltivazioni

 

La crisi climatica mette in ginocchio lecoltivazioni di riso, tra cambi repentini di temperatura, siccità, alluvioni e la salinizzazione delle falde idriche. Gli agricoltori, soprattutto nei Paesi asiatici, stanno sperimentando nuovi calendari di semina, varietà più resistenti e tecniche per ridurre il suo impatto ambientale. In questo modo, sperano di salvare uno dei cereali più consumati al mondo. InCina, secondo uno studio, le piogge estreme hanno ridotto in modo consistente la resa del riso negli ultimi vent’anni. A sperimentare l’impatto più grande della crisi climatica sono soprattutto ipiccoli agricoltori. Dall’India al Pakistan, fino alla California, i dati sui raccolti degli ultimi anni sono preoccupanti. La situazione quest’anno, dicono leprevisioni,potrebbe peggiorare, a causa delle condizioni climatiche estreme. Il caso delVietnamè emblematico: anni di produzione intensiva e una gestione non lungimirante dell’acqua hanno prosciugato il fiumeMekong. Ora lo Stato, che in passato riforniva milioni di persone dentro e fuori dai suoi confini, si sta preparando a tagliare250.000 acridi piante di riso vicino al Delta. Nel 1975, per arginare lacarestiadovuta alla guerra appena conclusa, il governo vietnamita ha deciso di incrementare le coltivazioni di riso. Il Paese, in pochi anni, non solo ha coperto il fabbisogno interno, ma è diventato anche il terzo esportatore al mondo, dopoIndia e Thailandia. La costruzione di dighe e canali d’irrigazione però ha rimodellato il Mekong, che nasce nella Cina Sudorientale e arriva in Vietnam, quasi a secco, dopo aver attraversatoMyanmar, Laos, Thailandia e Cambogia. Per le risaie sul delta, notoriamente idroesigenti, ci sono quindi meno risorse e spesso non sono utilizzabili, perché leacque marine, a causa del basso livello del fiume, si infiltrano nell’entroterra (fino a 70 chilometri). Questo problema, con l’innalzamento degli oceani, è destinato a peggiorare. A causa del surriscaldamento globale, lastagione dei Monsoninon offre sollievo, a maggio. Il suo inizio infatti è diventato variabile. L’uso disemi ibridiad alto rendimento e difertilizzanti chimiciinoltre hanno ridotto la diversità dei prodotti e hanno inquinato le falde acquifere, già ridotte ai minimi termini. Molti risicoltori, per sopravvivere, sono passati all’allevamento digamberi, un’attività che degrada ulteriormente il terreno. Nelle zone costiere del Vietnam però alcuni imprenditori agricoli stanno cercando di ingegnarsi, sfruttando questi fenomeni: coltivano, a rotazione, il riso e i gamberi, sfruttando l’acqua dolce e quella salata. In giro per il mondo, questo non è l’unico esperimento per salvare il riso. Per esempio,Argelia Lorence, biochimica vegetale pressol’Arkansas State University, sta studiando diverse varietà di semi, per capire quali sono le più adatte a sopravvivere alle temperature, alte anche di notte, imposte dai cambiamenti climatici. Fino a ora, grazie a una ricerca sostenuta dalla multinazionale americanaRiceTec, ha individuato due geni resistenti, che possono essere utilizzati per creare delle varietà ibride. Non mancano le critiche per la sua ricerca, soprattutto tra gli esperti che sostengono la protezione delle specie autoctone. InBangladesh, gli scienziati hanno già dato vita, conl’editing genetico, a delle nuove tipologie di seme: alcune riescono a crescere, anche se vengono sommerse dalle acque di un’alluvione per più giorni. Altre prosperano in terreni salati. In futuro, grazie a questa tecnica, si potrà limitare anche l’impatto che la coltivazione di riso ha sul clima. Le elevate concentrazioni di anidride carbonica nell’atmosfera impoveriscono i nutrienti di ogni chicco. Di contro, il cereale, soprattutto se in colture intensive, è responsabiledell’8%delle emissioni globali dimetano. La sua quota è inferiore a quella di carbone, petrolio e gas (35%), ma questo alimento è alla base della dieta dicirca tre miliardi di persone. Uno studionegli Stati Uniti suggerisce che, innaffiando con meno continuità le risaie, si può ridurredel 60% la produzione di gas serra. Alcuni agricoltori ci stanno provando. Altri invece stanno utilizzando il metodo cinese di piantare il riso in filari, come il mais, lasciando scorrere l’acqua nei solchi posizionati tra essi. L’amministrazione di Joe Biden sta cercando di premiare questi tentativi con fondi federali, in modo da incentivare un futuro dove, nonostante la scarsità d’acqua e l’aumento delle temperature, non dovremo rinunciare a uno degli alimenti più consumati al mondo.