Usa: le Big Tech non hanno incoraggiato il terrorismo

Usa: le Big Tech non hanno incoraggiato il terrorismo

 

YouTube (Google), Twitter e Facebooknon hanno contribuito a favorire gli attacchi terroristici. Lo ha stabilito la Corte Suprema degli Stati Uniti, che il 18 maggio si èpronunciataper la prima volta riguardo laSezione 230delCommunications Decency Act, una legge del 1996 che protegge le piattaforme online dalla responsabilità legale nei confronti dei contenuti pubblicati dai rispettivi utenti. “I querelanti affermano che gli algoritmi di ‘raccomandazione’ degli imputati vanno oltre l’aiuto passivo e costituiscono un’assistenza attiva e sostanziale.Non siamo d’accordo”, si legge nel testo della sentenza scritta dal giudice Clarence Thomas. I casi riguardavano, nello specifico, la presuntaresponsabilità della morte del cittadino giordano Nawras Alassaf,una delle 39 vittime dell’attentato alla discoteca Reinadi Istanbul del 1° gennaio 2017, e quella della studentessa statunitenseNohemi Gonzalez,uccisa durante gliattacchi di Parigidel 13 novembre 2015. Entrambi gli attentati sono stati rivendicati dall’Isis. “La semplice creazione da parte degli imputati delle loro piattaforme multimedialinon è più colpevole della creazione di email, telefoni cellulari o Internetin generale”, si legge nel documento che raccoglie il parere unanime della Corte. “Gli algoritmi di raccomandazione degli imputati sono semplicementeparte dell’infrastrutturaattraverso la quale viene filtrato tutto il contenuto sulle loro piattaforme. Inoltre – sostengono i giudici – glialgoritmisono stati presentati comeagnostici rispetto alla natura del contenuto”. «Innumerevoli aziende, studiosi, creatori di contenuti e organizzazioni della società civile che si sono uniti a noi in questo caso sarannorassicurati da questo risultato», ha dichiarato in una nota Halimah DeLaine Prado, nominata General Counsel diGoogledall’agosto 2020. Unavittoria per le Big Techche solleva diverse questioni riguardo ilruolo dei social networke che fa già discutere. «La Corte alla fine dovrà risponderead alcune domande importanti che ha evitato nei pareri odierni – hacommentatoall’Associated PressAnna Diakun, avvocata presso ilKnight First Amendment InstitutedellaColumbia University- Le domande sulla portata dell’immunità delle piattaforme ai sensi dellaSezione 230sono consequenziali e sorgeranno sicuramente presto in altri casi».