Stiamo vivendo l’era del “lavoro povero”?

La situazione del mondo dellavoro, in Italia, è estremamentecritica: il nostro Paese, infatti, presenta leretribuzioni più basse d’Europa e dei PaesiOcse. La crisi, conseguentemente, ha investito anche laproduttività. Sicuramente, fattori come lapandemia, laguerrain Ucraina e lacrisi energeticahanno inciso profondamente sull’innalzamento dei prezzie sull’inflazione;ma la verità è che la situazione haradici ben più lontane. L’Italia, infatti, non solo è l’unico dei Paesi Ocse a non aver assistito a un aumento delle retribuzioni negli ultimi 30 anni anzi, sono addirittura diminuite, subendo uncalo del 3%(contro il +30% di Francia e Germania e il +6% della Spagna); ma dal 1995 in poi, laproduttività si è fermata, in quanto l’Italia non è riuscita a fare quel salto di qualità che ha contraddistinto gli altri Stati europei. Tutto questo ha portatoinsoddisfazioneesfiducianel futuro: è ciò che emergedall’indagine condotta dall’Osservatorio Futura per la Cgil(Confederazione generale italiana del lavoro). L’86% degli intervistati, infatti, avverte il fortedivario degli stipendie ritiene che essinon siano allineati alle medie europee.Il59%,invece, li considerainadeguatiper il costo della vita, sempre più alto, e per il tipo di lavoro svolto, visti anche gli orari generalmente più lunghi rispetto ad altri Stati;soltanto il 3% li ritiene giusti. Le categorie più svantaggiate sembrano essere i pensionati e i dipendenti privati. In generale, comunque, il 37% ritiene di essere più o meno soddisfatto della propria retribuzione, mentre il 48% non lo è per niente. Inoltre,per 1 intervistato su 4 la situazione è destinata a peggiorarealmeno per i prossimi 2 anni. Ma quali sono i problemi che non permettonosalaripiù alti? Primo fra tutti, la diffusione delpart-time. Negli ultimi tempi, questa modalità di lavoro, anche se non richiesta, è letteralmente esplosa: riducendo le ore, quindi, si riducono anche gli stipendi. L’economia non cresce, è stagnante, e porta all’immobilità degli stipendi e della produttività;manca, poi, una legge per ilsalario minimo.Inoltre, a causa dell’evasione fiscale,letasse sono alte e gravano moltissimo sulle retribuzioni;infine, si fa sempre più fatica a rinnovare contratti in scadenza o già scaduti. Siamo nell’era del cosiddetto“lavoro povero”:condizione per cui, pur lavorando,non si riesce a superare la soglia di povertàa causa delle retribuzioni davvero basse.A risentirne maggiormente sono igiovani.Per cercare di migliorare la situazione è fondamentale che l’aumento degli stipendi sia legato alla produttività, che non deve essere danneggiata; bisogna, infatti, apportare benefici e avere un impatto positivo sia per il lavoratore che per l’azienda. È poi essenzialeintrodurre una legge sul salario minimo,dal momento che alcune retribuzioni sono lo specchio di un vero e proprio sfruttamento. Infine, anche lariduzione del cuneo fiscale, ladecontribuzionee ladetassazionesono tutti strumenti adatti per ridurre il costo del lavoro e, al tempo stesso, aumentare gli stipendi deilavoratori.