Circa 15 milioni di donne e minori rischiano l’esclusione sociale

Cosa vuol direessere invisibili?In una qualsiasi società del mondo, può significarenon essere considerati, ascoltati, protetti o inclusi; essere lasciati indietro. Machi sono le persone invisibili?Solitamente, le più vulnerabili: minoranze, cittadini meno abbienti, membri dellacomunità Lgbtq+, ma anchedonneeminori. In Italia, quasi15 milioni di bambini, bambine e donne vivono in Regioniche non garantiscono unadeguato accesso a istruzione, salute, opportunità economiche, partecipazione sociale e politica. Lo rivela ilreportMai più invisibili 2023realizzato daWeWorld,l’organizzazione italiana indipendente che da 50 anni si impegna a garantire i diritti di donne e bambini. Secondo la onlus, l’inclusione di donne e minori nel Belpaese non va tanto bene: in 5 anni (dal 2018 al 2023) l’indice è cresciuto solo di 0,2 punti, passando da55,6 a 55,8e rientrando così nella categoria di“inclusione insufficiente”. Nello specifico, quest’anno l’Italia è peggiorata da un lato sul fronte delleopportunità economichee della partecipazione politica femminile; dall’altro, sulla condizione di bambini, bambine e adolescenti per quanto riguardaistruzione, salute e capitale umano. Nel Paese esiste un grande divario territoriale relativo alle“persone invisibili”: il Nord si posiziona ai primi posti, mentre il Meridione chiude la classifica d’inclusione conCalabria, Sicilia, Campania, Puglia e Basilicata alle ultime 5 posizioni(ormai dal 2018). Ma anche le Regioni più virtuose incontrano qualche difficoltà: queste, infatti, riportaWeWorld,pur avendo livelli diinclusionemaggiori rispetto ad altre aree d’Italia,non sono riuscite a raggiungere traguardi più ambiziosi(al contrario, in alcuni casi hanno addirittura peggiorato la propria performance). Ovviamente, le aree più penalizzate sono quelle che hanno i valori più bassi, dove ilgrado di esclusione è grave o molto grave(nonostante le disuguaglianze esistano ovunque, anche nelle zone più alte in classifica). E questo contribuisce ad aumentare ildivario, nazionale e interno, tra persone chehanno accesso ai propri dirittie chi nasce, invece,in contesti più svantaggiati. La pandemia, poi, non ha fatto altro che peggiorare la situazione. Insomma, l’Italia sembra essere un Paesenon ancora in grado di garantire l’empowerment e la tutela di minori e donne. Ma veniamo ai dati. Come va l’inclusione di donne e bambini? In Italiaquasi 1 minore su 3(29%) e4donnesu 10(38%) vivono in aree conalti livelli di esclusione, classificati come gravi o molto gravi. Per quanto riguardabambini e bambine, negli ultimi 5 anni il Belpaese èpeggiorato di 4,8 punti,passando da 54,3 a 49,5 e rientrando nel livello di esclusionegrave. Se le cose non cambieranno, serviranno56 anni per garantire adeguati livelli di inclusioneai minori italiani. Sul fronte istruzione, anche a causa della pandemia e dei conseguenti lockdown (che, in generale, hanno peggiorato le condizioni di donne e bambini), quasi4 studenti di terza media su 10 non hanno competenze adeguate in italianoe più di 4 su 10 inmatematica: la percentuale di ragazzi e ragazze tra i 13 e i 14 anni con competenze alfabetiche e numeriche non buone è salita rispettivamente al 38,17% e al 42,17%. Spostando l’attenzione sullacondizione femminile,WeWorldsegnala unaumento di 1,4 punti(da 49 a 50,4); tuttavia, serviranno comunque99 anni per garantire alle donne adeguati livelli di inclusione. Infatti, la loro partecipazione nell’ambito politico è peggiorata (eccetto in Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Veneto e le Province Autonome di Bolzano e Trento), specialmente se guardiamo alla rappresentanza a livello nazionale. Il focus Regione per Regione LaProvincia autonoma di Trento, la Valle d’Aosta, la Provincia autonoma di Bolzano, il Friuli Venezia-Giulia e l’Emilia-Romagnasono leprime 5 Regioniper inclusione di donne e minori; leultimesono tutte nel Mezzogiorno, conCalabria, Sicilia, Campania, Puglia e Basilicata. Qui, dal 2018, la quota di bambine e bambini a rischio esclusione sociale è passata dal 39% al 43%, per un totale di 1 milione e 377.000. Il Lazio, invece, si posiziona all’ottavo posto mentre laLombardia, dove pesano la cattiva qualità dell’aria e il basso tasso di imprenditorialità femminile (24,1% contro la media nazionale del 26,6%), al nono. Andando nello specifico,la Calabria è classificata come la Regione più povera d’Italia, con 2 famiglie su 10 sotto la soglia di povertà e un Pil pro-capite di 17.600 euro (la media nazionale è di 30.100) e con il 43% di bambini e bambine a rischio esclusione sociale (la media italiana è 27,7%); lo scorso anno, i posti autorizzati nei servizi per prima infanzia erano solo 12 su 100 (contro la media nazionale di 27). LaCampaniaè invece la Regione in cui si registrano i livellipiù alti diminoria rischio esclusione sociale,con circa 570.000 bambini (58,5%) nel 2022 e 11 posti autorizzati nei servizi per la prima infanzia ogni 100 (è il valore più basso di tutta Italia). LaSicilia ha il tasso di abbandono scolastico più alto del Paese, 21,2% contro la media nazionale del 12,7% (la Regione con il valore più basso, invece, è il Molise, 7,6%). Inoltre, qui si registra lapercentuale più bassa di donne laureate o in apprendimento permanente, rispettivamente 22,6% (media nazionale del 33,3%) e 6,8% (media nazionale del 10%). Ultima posizione per laBasilicata, dove1 minore su 3 è a rischio esclusione sociale: nel 2022, 4 studenti di terza media su 10 non avevano competenze alfabetiche adeguate e 5 su 10 numeriche; sempre lo scorso anno, ladifferenza tra tasso di occupazione femminile e maschile era del 25%circa, contro la media nazionale del 18%. È necessario intervenire: come? Certo, ci sono anchebuone notizie. Secondo i dati diWeWorld,negli ultimi 5 annile Marche hanno fatto un balzo in avantiper quanto riguarda l’esclusione sociale di bambini e bambine, passando dal 19,4% al 9,27%, e lo stesso vale per ilPiemonte, da 22,5% a 18,7%. Infine, il Friuli-Venezia Giulia è la Regione con il minor numero di famiglie che vivono in condizioni di deprivazione abitativa, segnando un 2,3% contro la media nazionale del 5,9%. Questi numeri sembrano buoni, confortanti se paragonati ai dati del resto d’Italia, ma non bastano: ilPaese non è ancora in grado di garantire la promozione dei diritti di donne e minori. Servono politiche e interventi capaci ditrasformare le norme sociali e culturali,che tengano conto dei bisogni e delle esigenze delle italiane e di bambine e bambini, attente al futuro delle generazioni future; servono strumenti cheincoraggino l’empowerment femminile e dei più piccoli. Ma soprattutto, come ricorda il presidente diWeWorldMarco Chiesara, “serve costruire una visione del mondo e della società chenon sia più maschio-centrica e patriarcale”. Solo così potremo dare spazio e voce alle“persone invisibili”.