Serbia e Usa hanno un problema con le armi (e non sanno affrontarlo)

La scorsa settimana laSerbiaha vissuto un episodio mai avvenuto prima ma non del tutto inatteso, considerando l’alto numero di armi in circolazione: unasparatoria in una scuola. Eventi di questo tipo purtroppo non sono una novità e a causa della frequenza tutt’altro che minima con la quale si verificano le notizie in merito scivolano sempre più spesso dalle prima pagine dei giornali a quelle che si occupano di fatti non del tutto eccezionali. Solitamente però teatro di questi orrori sonolocalità statunitensi.Questa volta, invece, è toccatoa Belgrado, doveun ragazzino di 14 anni ha aperto il fuoco in una scuola elementare, uccidendo nove persone, otto bambini e un adulto, e ferendo altri 6 studenti e un insegnante. Ma non è finita,il giorno dopo in un villaggio a Mladenovac, a sud della capitale,un ventunenne dalla propria auto ha aperto il fuoco sulla folla, uccidendo 8 persone e ferendone 13in quello che ilPresidente della Serbia Aleksandar Vucicha definito «un attentato terroristico e un attacco all’intero Paese». Due giorni di sangue che hanno sconvolto la popolazione e alla quale la politica sta provando a dare risposte tempestive. Le uccisioni di massa sono rare in Serbia, nonostantele armi illegali siano molto diffuse nei Balcani, sulla scia delle guerre degli anni ‘90. Secondo i dati raccolti nel 2017 dallaSmall Arms Survey del Geneva Graduate Institute,la Serbia ha il quinto più alto tasso di possesso di armi civili pro capiteal mondo, insieme al Montenegro, con 39,1 armi da fuoco ogni 100 persone. Tuttavia, ilGlobal Burden of Diseasedel 2016 ha attestato che i morti per armi da fuoco sono sempre stati relativamente pochi, tanto da escludere il Paese dalla top 50. Forse anche per questo la guardia non è mai stata particolarmente alta. Adesso però le cose sembrano destinate a cambiare, conil Presidente pronto a virare verso un disarmo quasi totale, da perseguire attraverso controlli più stringenti sullearmi, nuove regole per possederle, l’istituzione di una moratoria di due anni sul rilascio dei permessi, verifiche su quelli già in essere e sanzioni più severe per il possesso di armi illegali. Mentre è stata annunciata anchel’assunzione di 1.200 agenti di polizia per aumentare la sicurezza nelle scuole, è al vaglio la possibilità divietare gli smartphone negli istituti e introdurre nuove normativesui social network, specificamente rivolte a contenuti che possono danneggiare gravemente lo sviluppo fisico, mentale o morale dei minori. Una misura che si lega a filo doppio con le recentistragi, effettuate entrambe da giovanissimi. La prima soprattutto porta al centro del dibattito il tema dellasalute mentale degli adolescentie il semplice accesso a contenuti violenti. Secondo il capo della polizia di Belgrado Veselin Milić, la notte prima dell’omicidio allaVladislav Ribnikar Elementary,il 13enne che avrebbe poi aperto il fuoco sarebbe stato sveglio fino a tardi a guardare video suTikToke un documentario americano su una sparatoria in una scuola. Probabilmente non era nemmeno la prima volta che provava a documentarsi. Almeno questo è ciò che suggerisce la dimestichezza con la quale ha sparato 57 colpi e maneggiato le due pistole, sottratte al padre che le possedeva legalmente e che lo aveva portato a sparare a un poligono di tiro nel seminterrato dello stadio del FK Partizan di Belgrado, nonostante in Serbia sia illegale per i giovani maneggiare armi. A ispirare l’omicida sono stati quindi con ogni probabilitàcoetanei Usae non c’è da stupirsi visto che oltre Oceano lesparatoriesono ormai all’ordine del giorno e molto avvengono proprio nelle scuole. Secondo laSmall Arms Survey del Geneva Graduate Institute, gli Stati Uniti hanno il più alto tasso di possesso armi pro capite, con 120,5 pistole per 100 persone. L’ultima strage in ordine di tempo è avvenuta sabato scorsonel parcheggio di un centro commerciale a Dallas, in Texas, dove un uomo con idee neonazista e suprematiste ha ucciso otto persone. Il copione del dopo in questi casi è tristemente noto e si è ripetuto anche questa volta, con il presidenteJoe Bidenche ha ordinato bandiere a mezz’asta sugli edifici pubblici in memoria delle vittime, ribadito la sua fermacondanna alla circolazione indiscriminata di arminegli Usa e la volontà, vana, di arrivare a un giro di vite. «Ancora una volta chiedo al Congresso di approvare una legge che vieti i fucili d’assalto e i caricatori ad alta capacità e che imponga controlli sul background di chi vuole acquistare un’arma. Non abbiamo bisogno di altro per tenere le nostre comunità al sicuro», ha affermato. Alcuni giorni prima un’altra sparatoria, questa volta in un ospedale di Atlanta, aveva generato le stesse reazioni, che diventano sempre più deboli a fronte di un bollettino quasi quotidiano. Dall’inizio dell’anno, infatti, secondo ilGun Violence Archive, un’organizzazione indipendente di ricerca e raccolta dati sulle sparatorie negli Stati Uniti,nel 2023 ci sono state 202 sparatorie di massa.The Gun Violence Archivedefinisce una sparatoria di massa un evento in cui almeno quattro persone sono state colpite o ferite, al di fuori dell’uomo armato. Nel complesso, solo quest’anno sono morte più di 14.500 persone a causa della violenza armata, 273 sono state ferite in sparatorie di massa e altre 781 ferite. Dal 2020, ci sono state almeno 600 episodi simili ogni anno in tutta l’Americae diversi studi dimostrano che questo fenomeno sta avendo unimpatto significativo sulla salute mentale dei giovani, che proverebbero maggiore ansia e stress. Le persone, inoltre, sembrano aver mutato negli anni parte delle loro abitudini, con un terzo degli adulti che afferma di allontanarsi da determinati eventi e luoghi molto affollati a causa della paura. Nonostante ciò le probabilità che qualcosa cambi sul serio sono remote, e non solo per lo strapotere dellalobby delle armi, laNational Rifle Association,contro il quale anche lo stesso Biden può ben poco. A fronte di chi si dimostra spaventato, infatti, c’è chi, soprattutto tra i repubblicani, vede qualsiasi misura di controllo delle armi come unripudio del Secondo Emendamento, che sancisce invece il diritto dei cittadini statunitensi di detenere e portare armi. E mentre alcuni candidati alla presidenza, primo tra tuttiDonald Trump, stanno ponendo i diritti sulle armi al centro delle loro campagne elettorali,molti Stati repubblicani stanno rendendone più agevole l’accesso. In Tennessee un giudice ha abbassato il limite d’età per acquistarne una senza bisogno di permessi da 21 a 18 anni, lo stesso giorno in cui in una scuola elementare di Nashville si era consumata l’ennesima strage. Il bollettino dei morti, quindi, è destinato ad allungarsi.