Merito: il “se vuoi, puoi” è una bugia

Nellalettera di addio al Pd,con la quale anticipa le dimissioni da Senatore,Carlo Cottarelliattribuisce la sua scelta a 2 ordini di motivazioni. Per prima cosa,nel Pd diSchleinnon si trova, dice: troppo a sinistra. E poi, manca, nei documenti dei valori del 2023, così come nella mozione Schlein per le primarie, unriferimento preciso almerito. E io non so: davvero sarò io, mail concetto di merito mi causa sempre sentimenti contrastanti. Perché, diciamoci la verità: il merito è fondamentale in ogni sistema, è il meccanismo che garantisce l’efficienza sul mercato del lavoro, che promuove autonomamente l’equità. In un sistema perfetto,la selezione delle persone viene effettuata in base al merito,così come la progressione di carriera o la scelta del migliore profilo per una posizione di vertice. Il meritogarantisce l’ascesa sociale:olia l’ascensore sociale, diciamo così. In un sistema meritocratico,le persone più brave vanno avanti. È il sistema stesso che si protegge e si autoalimenta al suo meglio. Per contro, se qualcuno non arriva, è perché non è capace abbastanza. O perché non ci ha messo tutto l’impegno che serviva. E io sono affascinata da questa fiducia cieca nel meccanismo (più che nel principio) del merito. È fiducia in un sistema giusto, nel qualenon contano le condizioni di partenza. E però.Le condizioni di partenza contano. Perché, prima di tutto, esiste qualcosa che si chiamacapitale sociale.Cos’è? Il capitale sociale può essere definito come l’insieme delle relazioni sociali che, in una comunità, consentono disviluppare un maggior grado di fiduciae quindi una diminuzione dell’incertezza negli scambi. Lo dico in altri termini: nascere, crescere e frequentare le scuole in un quartiere del centro di una grande città dà accesso a una rete di relazioni che può rendere la vita più facile, man mano che si cresce. E che, tendenzialmente,chi vive in un piccolo centro delle aree interne fatica di più a coltivare. Non a caso, uno degli autori più importanti tra quelli che si occupano di capitale sociale, James Coleman, lo mette in chiaro: è questo un fattore che rende possibili all’individuo obiettivi altrimenti non raggiungibili. E già questo dà luogo a una prima serie di perplessità. Ma poi, perché il meccanismo del merito sia perfettamente funzionante, non dovremmo avere anomalie di sistema, come a esempio lacorruzione. O anche glistereotipi. E di entrambi, in alcuni Paesi più che in altri, ne abbiamo a secchi. Nel nostro, per esempio (lasciando da parte la corruzione) a distorcere il meccanismo perfetto del merito intervengonodiversi tipi dipregiudizio.Non solo quello nei confronti delledonne(e infatti, abbassiamo la media europea per tasso di occupazione femminile), ma anche i numerosi stereotipi che riversiamo sullepersone giovani. Il fenomeno dellaGreat Resignation?Sono solo i giovani che non hanno voglia di far nulla. Sonochoosy, bamboccioni, mammoni. Comunque, inadeguati. Peccato che, secondoIstat, nel 2022la disoccupazione giovanile nel nostro Paese sia tra le più alte in Europa. Cioè, le persone tra i 15 e i 24 anni cercano attivamente un lavoro, ma il 23,7% di loro (quasi1 su 4) non riesce a trovarlo. Possiamo rimproverarli seriamente di avere paura del futuro? In questo Paese, prima ancora di parlare di merito, mi chiedo se nondovremmo garantire che tutte le persone possano avere le stesseopportunità.Livellare eventuali svantaggi (o privilegi) iniziali. Ancor prima, osservarli e riconoscerli, quei privilegi. Perché, a parità di merito, i fattori di contorno possono essere invece determinanti. Perché a volte, tutto questo non lo vediamo soprattutto noi che siamo nati e cresciuti con numerosi privilegi. Ma soprattutto perchéguardare solo al merito,senza vedere in quanti modi possa essere scarsamente rilevante può essere consolante, ma non aiuta. E perché“se vuoi puoi” è una narrazione falsa e pericolosissima.