Addio alle insalate in busta: Coldiretti insorge contro l’Ue

Addio alle insalate in busta: Coldiretti insorge contro l’Ue

 

In Europa abbiamo un problema:produciamo troppi rifiuti da imballaggi di plastica(spesso inutili) edifficilmente riusciamo a smaltirli correttamente o riciclarli. Più aumentano i consumi, dai supermercati ai fast food, più aumenta la mole di questi scarti inquinanti. Così nel novembre scorso l’Europa, tramite Parlamento e Consiglio ha lanciato unaproposta di regolamento, che deve però essere approvata, per regolare gli imballaggi puntando di più sul riutilizzo. Apriti cielo: la direttiva, amata per lo più da Verdi e associazioni ambientaliste, ha scatenatodivisioni in tutti i partiti e settori, pressioni e lobbying da parte di consorzi e persino sistemi di ogni tipo per confutarne l’utilità(addiritturaMcDonald’sha fatto fare studi indipendenti per smentirne l’efficacia). Non piace soprattutto perché mette a rischio – e lo fa nel tentativo di aiutare l’ambiente – sia le abitudini dei consumatori sia quelle, così come gli interessi di produttori e grande distribuzione. La direttiva si riferisce a limiti per gli imballaggi (e monouso) e tanti altri divieti al consumo di plastica, ma in Italia a fare notiziaè soprattutto la questione del packaging, dalle buste dell’insalata all’imballaggio per la frutta. A lanciare l’allarme è stataColdirettiduranteTuttofood: “Il nuovo regolamento sugli imballaggi dell’Unione europea rischiadi cancellare dagli scaffali dei supermercati l’insalata in busta, i cestini di fragole, le confezioni di pomodorini e le arance in rete ma anche le bottiglie magnum di vinocon un effetto dirompente sulle abitudini di consumo degli italiani e sui bilanci delle aziende agroalimentari”, denuncia l’associazione riferendosi nel dettaglio all’“ultima proposta di regolamento sugli imballaggi presentata dalla Commissione europea che imporrebbe, tra le altre cose, l’addio alle confezioni monousoper frutta e verdura di peso inferiore a 1,5 chilogrammi, giudicate superflue e considerate al pari delle piccole confezioni di shampoo usate negli hotel. Una scelta che apre a una serie di problemi, dal punto di vista igienico-sanitario, della conservazione e degli sprechi, che potrebbero aumentare, come potrebbero aumentare anche i costi per i consumatori e per i produttori. Basti pensare al tradizionale cestino di fragole o piccoli frutti che soprattutto nelle fasi di trasporto protegge l’integrità del prodotto”. Coldirettiaggiunge inoltre che “si rischia anche un effetto negativo sui consumi- dove i prodotti di quarta gamma, dalle insalate in busta alla frutta confezionata, sono ormai entrati profondamente nelle abitudini degli italiani, con il pericolo di ridurne il consumo, già calato dell’8% per la frutta e del 10% per gli ortaggi nel 2022, con un impatto pericoloso sulla salute”, spiega contestando il punto 2 dell’allegato 5 del regolamento 2022/0396. Per come è strutturata, sostieneColdiretti, la direttiva rischia quindi di colpire due dei settori delmade in Italypiù famosi e esportati all’estero, come frutta e verdura e vini, motivo per cui l’associazione di categoria chiede di “correggere l’attuale proposta,eliminando i divieti per il monouso di frutta e verdura sotto il peso di 1,5 chili e ricalibrando le misure per il settore vinicolo, al fine di non pregiudicare la qualità delle produzioni e la possibilità di scelta da parte dei consumatori”. Mentre ancheCodaconse altre associazioni si schierano contro la proposta, viene però da chiedersi come e quando si affronterà, anche da parte dell’industria e di chi tutela gli interessi economici dei vari settori, il fatto chesono necessari metodi o perlomeno alternative alla plastica monouso. Va specificato che oggi molte confezioni alimentari sono talvolta necessarie per la corretta conservazione a lungo termine dei prodotti, così come c’è una grande differenza negli acquisti di merce nella grande distribuzione e nei piccoli negozi. Nonostante vari tentativi per trovare soluzioni allo spreco di plastica, finora le due strade percorse – quelle dello“sfuso”e quella di alternative comecarta o specifici prodotti compostabili- non sembrano ancora convincere i consumatori. Eppure, sull’idea di un sistema diriutilizzo del packaging,da un esperimento dellaGermaniaarrivano dati interessanti secondo il quale l’introduzione di imballaggi riutilizzabili potrebbe nel tempo ridurre le emissioni addirittura del 54% . Lo scorso aprile l’Agenzia tedesca per l’ambiente(Uba)ha infatti pubblicato sei schede informative per sostenere la discussione sulla proposta di regolamento. Gli studi tedeschi hanno dimostrato che laquantità di imballaggi può essere ridotta del 10% attraverso una quota del 70% di imballaggi riutilizzabili per bevande, una quota del 50% di imballaggi riutilizzabili per il trasporto,eliminando i preimballaggi per frutta e verdurae riducendo il packaging sovradimensionato o inutile spiegano da Uba. Per far sì che però il sistema funzioni davvero, serve secondo gli esperti tedeschi “una chiara definizione di imballaggio riutilizzabile”e “l’obbligo per i distributori finali di offrire imballaggi riutilizzabili per tutte le bevande e gli alimenti confezionati”. Un primo esempio di una possibilità alternativa in attesa che il regolamento venga approvato e che vengano proposte altre soluzioni utili.