L’alleanza “green” dei petrolieri che non tiene conto delle emissioni più impattanti

Mancano ancora diversi mesi alla Cop28 di Dubai, conferenza delle Parti sul clima che quest’anno sarà presieduta, non senza polemiche, dalsultano Al Jaber, petroliere impegnato anche nel campo delle rinnovabili. Sugli Emirati del greggio ricadranno di conseguenza gli occhi del mondo per comprendere se realmente, vista l’urgenza di affrontare la crisi del clima, si impegneranno e come nel decarbonizzare. A tal proposito – racconta ilFinancial Timesche spiega di aver visionato una nota – sarebbe pronto il lancio dellaGlobal Decarbonization Alliance,una grande iniziativa definita “faro” per far sì che le aziendedell’Oil & Gas fissino obiettivi per raggiungere emissioni nette pari a zero entro il 2050. Sebbene l’iniziativa abbia uno scopo importante, il come verrà portata avanti non convince – ancor prima della sua esecuzione – gli esperti:l’alleanza punta infatti a impegnarsi per ridurre le emissioni note come scope 1 e 2del GHG Protocol, protocollo sui gas serra, ovvero le emissionidirette delle aziende (come bruciare i combustibili fossili) e indirette (come quelle per l’elettricità usata degli impianti)manon le emissioni scope 3, quelle “esterne” e considerate le più impattanti. Se infatti è possibile che per le emissioni dirette e indirette (1 e 2) le multinazionali del petrolio e del gas possano davvero fare molto nel tentativo di ridimensionare i propri danni, discorso diverso è per le emissionirelative all’uso di terzi dei prodotti da loro venduti. Queste, le emissioni “scope 3”, sono ritenute le più impattanti: secondo loUN Global Compactquesta categoria rappresenta circa il 70% delle emissioni di cui un’azienda è responsabilee possono anche andare dal 65% al 95% delle emissioni di cui un soggetto è responsabile a seconda dei casi. Per cui, sottolinea ilFt, l’accordo dellaGlobal Decarbonization Allianceandrebbe a tralasciare l’impegno più importante, ovvero quello per ridurre le emissioni di tipo 3. «È difficile vedere molta decarbonizzazione nellaGlobal Decarbonization Alliance», ha detto alFtThomas Hale, direttore del gruppo di ricerca indipendenteNet Zero Tracker, aggiungendo che qualsiasi iniziativa Cop “credibile” per petrolio e gas dovrebbe affrontare le emissioni di ambito 3. «Gli Emirati Arabi Uniti come produttori di petrolio e gas hanno una grande opportunità di essere la forza trasformativa per riunire l’intero settore nel prendere sul serio questa sfida», ha precisato. A breve dovrebbero tenersi altri incontri privati tra i vertici delle multinazionali dell’Oil & Gas negli Emirati Arabi Uniti che avranno proprio lo scopo di discutere di questa alleanza. Per ora si sa soltanto che Samir Elshihabi, capo della transizione energetica Cop28, ha inviato una lettera a diversi partner proprio per parlare dell’impegno a raggiungere emissioni nette zero (scope 1 e 2)ma con pochi riferimenti a quelle più “gravi”, ovvero quelle di ambito 3, anche se potrebbero essere lanciati nuovi piani in futuro che ambiscono a ridurre proprio queste emissioni di gas serra. Con la nuova alleanza, le compagnie petrolifere e del gas dovrebbero comunque impegnarsia misurare, verificare e riferire in maniera trasparente i loro progressi nel ridurre le emissioni provenienti dal fossile, mondo che vuole continuare a esistere a lungo (come ha fatto capire più volte il sultano Al Jaber) ma diventare “più verde” puntando su tecnologieper la cattura e lo stoccaggio del carbonio. Su tutti questi impegni, dalla alleanza alle tempistiche fino ai costi, i contorni sono oggi ancora poco chiari, così come quello decisivo se il petrostato si impegnerà o meno per le emissioni di tipo 3, una questione fondamentale per la battaglia alla crisi climatica.