Impariamo dalle piante

Velocità, tecnologia, mobilità, aggressività, competizione. Non c’è dubbio che queste siano ancora ritenute le caratteristiche di un’azienda o organizzazione vincente. Ebbene, il saggioPensa come una pianta, della coachStella Saladino(Trèfoglie editore), ideatrice delPlants Inspirational Coaching©,comincia invece con una provocazione che rovescia questo punto di vista:per esserelavoratori- amministratori delegati, ingegneri, designer, professori, insegnanti, architetti, imprenditori, manager, freelance – ma soprattutto,organizzazioni vincenti, occorrecambiare radicalmente prospettiva. Epartire dal mondo delle piante, anzi dalla loro attenta osservazione. Piante che infatti Stella Saladino porta nei suoi seminari e workshop aziendali, rigorosamente indoor, proprio per spingere le persone – in quello che l’autrice chiama unplant storming- aguardarle in maniera diversa dall’essere semplici oggetti di arredamento. Qual è la prima caratteristica che si nota nelle piante? La loroimmobilità, che noi giudichiamo tragica mentreper loro è una condizione strutturale, un dato di fattoche non impedisce in alcun modo l’interazione, la comunicazione, lo scambio vitale.Una condizione che la stessa autrice ha provato, perché mentre scriveva il libro si è trovata per lungo tempo immobilizzata a causa di una malattia. «Le piante risolvono il problema restando nel problema», spiega. Invece che muoversi in maniera agitata e inutile, spesso senza avanzare per nulla a livello etico e pratico,le piante ci insegnano che come prima cosa è opportuno fermarsi(o riconoscere che siamo fermi), e porsi semmai in una condizione di attenzione verso il mondo circostante, “una funzione cognitiva in via di estinzione”, eppure primo passo verso il cambiamento. Dal mondo vegetale è possibile poi mutuare tutto ciò che ci occorre per far prosperare la nostra organizzazione, in particolare attraverso l’analisi e la soluzione dei problemi che le piante mettono in atto. “Cosa farebbe una pianta con tutte queste informazioni? Come modificherebbe i suoi comportamenti? Cosa stiamo facendo noi di questi dati, che oggi sono anch’essi parte del nostro ambiente?”: queste sono le domande corrette da porsi. Le risposte rappresentanopreziose pratiche che è possibile mutuare nelle nostre vitelavorative e nelle nostre organizzazioni. Eccone solo alcune. La prima è ilsapere vivere all’interno di una condizione di strutturale incertezza, complessità, ambiguità, senza rifiutarla come spesso facciamo in maniera fobica. La seconda è lacapacità di sopravvivere in un contesto di scarsità, anche di una risorsa vitale per antonomasia come l’acqua, come fanno, a esempio, i cactus nel deserto, capaci di anticipare la scarsità d’acqua e organizzarsi di conseguenza. Non è necessaria, dunque, per forza un’abbondanza di risorse per prosperare: una lezione importante. Terzo insegnamento:funziona più una organizzazione orizzontale che gerarchica e verticale, dove le risorse lavorano a livello cooperativo e intensamente sociale, non competitivo.L’individualismo non fa parte del lessico delle piantee sarebbe ora di accantonarlo anche nelle aziende. D’altronde, da tempo i nuovi modelli di business indicano come vincenti proprio questi aspetti. Insomma,i vegetali non si limitano a fornirci ossigeno e nutrimento, a rendere abitabile la vita sulla terra ma, come se non fosse abbastanza, “si dimostrano più intelligenti nella progettazione di modalità efficaci di sopravvivenza”. Non c’è nulla da perdere, dunque, nell’apprendere da una fonte di idee che poi, a pensarci bene, “ha beneficiato di quattro miliardi di anni di ricerca e sviluppo”.