Mamme influencer: genitori non sempre così perfetti

Lamammainfluencerè un prototipo digenitore apparentemente perfetto:ha una casa sempre tirata a lucido, una cucina mai ingombra di piatti e stoviglie, capelli e vestiti in ordine. In genere è una donna né troppo giovane né troppo vecchia, rigorosamente bianca, cisgender, etero e (come è ovvio) ha figli, almeno 2. Nelle foto e nei video che posta sui vari profili social, i suoi bambini, naturalmente inconsapevoli di essere parte diun ininterrotto flusso pubblicitario, indossanotutine e completini costosi. Prodotti inaccessibili ma che tu, genitore ordinario, potrai acquistare scontati se usi il suo codice. Oggi, il fenomeno delle cosiddettemomfluencerè sempre più diffuso, soprattutto negli Stati Uniti, e rappresenta una insospettabile fonte diguadagno per gli inserzionisti, dal momento che l’ago della bilancia nelle decisioni e nell’economia domesticapendepiù frequentemente a favore delle donne.Sono proprio le mamme, nella maggior parte dei casi, a scegliere gli articoli più importanti, quelli di grandi dimensioni, per esempio, comepasseggini e culle. Il quotidiano onlineVoxha intervistatoSara Petersen, scrittrice madre di 3 figliche ha da poco pubblicatoMomfluenced, libro che racconta il fenomeno delle momfluencer e la loro ascesa economica negli ultimi 10 anni. Le mamme influencer non impattano solosullescelte e gli acquisti delle follower,ma veicolano ancheun messaggio culturaleben preciso: congli scatti e i filmati condivisi ogni giornonon fanno altro che riproporre, secondo l’autrice,uno schema sessista e classista, ancora profondamente radicatonell’immaginario americano. Machi è,in fondo, unamomfluencer? In sostanza, èuna donna che ha monetizzato la sua identità e la sua esperienza di maternitàsui social media: in senso lato, chiunque rappresenti e racconti in qualche modo la propria maternità sui social media, indipendentemente dal numero dei follower, che siano 100.000 o 20. Le prime mamme bloggerguadagnavano principalmente grazie aibanner pubblicitari.Un’azienda, con un annuncio “preconfezionato” pagavala madre super digitalizzataperché inserisse l’annuncio sulla propria pagina; nei blog raccontavano la loro personale esperienza e lo facevano prevalentementeattraverso le parole, cercando di sensibilizzare i lettori riguardo temi più disparati legati alla maternità. Con l’avvento diInstagram, molte di queste mamme blogger hanno cambiato piattaforma e si sono quindiadattate a un nuovo modo di comunicare, incentrato principalmentesull’immagine e sulla promozione di una visione, a tratti, estetizzante eidealizzata della maternità. Il modello di monetizzazione è, a sua volta, basato suicontenuti sponsorizzatiper cui una mamma influencer viene pagata per pubblicare un certo numero di stories e di post su un prodotto. Nel frattempo, poi, le momfluencer sono approdate anche suTikTokche, a differenza di Instagram, sembra dare meno importanza all’immagine e maggiore rilevanza ai contenuti e ai temi trattati. E così ci sono profili che parlano didisuguaglianza di genere all’interno delle mura domesticheo dellaneutralità morale dei lavori di cura, che non dovrebbero essere di appannaggio esclusivo delle donne. Per non parlare poi di vari trend e veri e proprimovimenti promossi dalle mamme sulla piattaforma. Per esempio, la cosiddetta ascesa dellacasa disordinatasu TikTok,la comparsa nei video di stanze “meno curate”: un fenomeno che viene raccontatonella sua newsletter dalla scrittrice Kathryn Jezer-Morton. Non sarebbe giusto, quindi,bollare tutti i profili di mamme influencerdal momento che proprio isocial mediarappresentano uno strumento democratico per diffondere una consapevolezza riguardo problemi sociali e un modo relativamente semplice percreare una comunitàesupportare retia cui, altrimenti, potrebbe essere più difficile accedere.