Per fare 2 figli, ripartiamo dai padri

Per fare 2 figli, ripartiamo dai padri

 

Non è che la destra si sia svegliata una mattina e in preda al delirio abbia deciso chesi potevanoeliminare le tasseper chi ha almeno 2 figli a carico. Forse, più presumibilmente, stiamo assistendo a qualcosa che già conosciamo, una madeleine dal retrogusto amaro eppure conosciuto, frutto di ciò che negli anni si è rimpastato infinite volte per trovare compimento in forme sempre apparentemente nuove ma sempre identiche a loro stesse. Ogni essere umano che si esprime attraverso il linguaggio lo fa utilizzando deiframe, cioè deiquadri di riferimento narrativicomposti da immagini e relazioni tra concetti che strutturano il modo di pensare e di relazionarsi con l’esterno. Nella comunicazione politica è interessante scoprire quali siano i frame di riferimento perchénon ci sono parole o frasichenon inquadrinouna determinata tematicasecondo la prospettiva ideologicadi chi quella parola o frase la pronuncia. Per questo motivo, quando ho letto che, nelle parole della destra, il calo demografico, sarebbe “la nostra crisi più profonda” mi sono dimenticata per un attimo di quell’altra dichiarazione, secondo cui saremmo in pericolo a causa di una (inesistente) sostituzione etnica, per cui ci tocca “difendere l’etnia italiana”. E così, ilframing narrativo della Patriache una volta era unita, e sana, e concorde su tutto e oggi non lo sarebbe più a causa di forze esterne (leggasi: ebrei, africani generici, famiglieLgbtq) si interseca con quello che fa dell’ossessione per ladenatalitàil suo centro. I programmi politici perciò vengono infarciti di misure per arginare l’immigrazione e al contempo incentivi che puntano a innalzare il tasso di natalità, mentre di concerto si lavora per costruire unacultura anti abortista, limitando di fatto la libera scelta e il diritto alla salute delle donne e delle persone con utero. Non è un caso che sotto l’ultimo Governo abbiamo ricevuto in regalo il Ministero per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, una dicituraglossytesa a mistificare l’esatto significato delle parole scelte. Il ministero sotto il quale è stato possibile sentir dire “L’aborto è un diritto… purtroppo”. Provando a mettere i concetti in fila sembra proprio che ci sia bisogno di credere in questapost moderna età dell’oro, pronta a compiersi nei fasti di un utopico passato mai esistito, una volta che tutti gli impedimenti contingenti saranno stati travolti e annientati. E così, di nuovo,cercheremo gli scafisti per tutto il globo terracqueo, i bambini hanno bisogno di una mamma e di un papà e niente tasse per chi ha almeno due figli. Quella che sembra un’ossessione per alcuni concetti è in realtà la ricerca spasmodica di quello stimolo pavloviano utile per innescare risposte emotive quasi automatiche, di pancia, che non lasciano il tempo alla complessità di sedimentare ed esser dipanata in maniera critica. Chi non vorrebbe vedere i criminali consegnati alla giustizia? E non pagare le tasse? Chi non si fa toccare il cuore dalle parole “mamma” e “papà”? Ladetrazione di 10.000 euro l’anno per ognifiglioa carico, ma a partire dal secondo (c’è comunque da capire come lo Stato possa sostenere una misura di questo tipo), diventa problematica alla luce diciò che significa essere donna, madre e lavoratrice nel nostro Paese. Perché se è vero che nel 2022 si è registrato ilrecord negativo di nascite (meno di 400.000)ciò che non stiamo prendendo in considerazione attraverso strampalate misure economiche per il calo della natalità è un certo sistema strutturale (e culturale) che vuole ifigliesserel’alternativaal lavoro. Anche le donne non si sveglieranno un mattino, allettate dalla minor pressione fiscale, pronte per questo a sfornare qualche pargolo, in un mondo che ancora contrappone la scelta di avere figli a quella di fare carriera. E se il calo demografico riguarda la collettività, in primis perché il sistema pensionistico potrebbe non reggere sul lungo periodo, lascelta o meno di avere dei figliè quanto mai critica. Nel Paese del“hai figli o vuoi averne?” ai colloqui dilavoro,dove il congedo di paternità è di soli 10 giorni e quello di maternità visto come un modo creativo per non lavorare (ed esser pagata), nello stesso Paese che vede ilpart timeesserappannaggio appena del 7% per gli uominia fronte del 24% delle donne (fonteOpenpolis, giugno 2022) non sono certo i contributi in denaro a permettere di scegliere. Il Governo dovrebbe interrogarsi su quali misure siano necessarie per costruire una rete di supportoper quelle famiglie che vogliono figli, mettendo in piedi un sistema ragionato che permetta di conciliare la vita con il lavoro (e non viceversa)aumentando i servizilegati alla prima infanzia, alla scuola, le tutele sul luogo di lavoro, quelle per le donne precarie o senza contratto dipendente. Se non ci sono abbastanza posti negli asili nido le madri non possono lavorare o devono accettare un impiego part time, eliminando, di fatto, di avere pari opportunità lavorative con gli uomini, anche con ipadri, che sono comunquepercepiti nei luoghi di lavorocome persone senza figli. E si sa, culturalmentela mamma è sempre la mammasoprattutto quando c’è da rinunciare a carriera o stipendio perché è logico che si rinunci a quello più basso in casa. Indoviniamo? Sì, è quello delle donne. La mamma è sempre la mamma anche nel monte ore dellavoro di cura,naturalmente. Essere madre non può essere una continua corsa a ostacoliin cui se va bene arrivi stremata alla sera dilaniata dai sensi di colpa per non essere abbastanza, su qualunque fronte. Ci si aspetta ancora chele madri lavorino come se non avessero figliefacciano le madri come se non lavorassero. Chi invece figli non ne ha o non ne vuole sente comunque la scure del giudizio che le dipinge come meno donne, non compiute, egoiste. Ritornando ai framing narrativi: non possiamo smantellare quello che vuole la madre come figura sacrificale per eccellenza. Perché qui fuori nel mondo milioni di madri lavorano tutti i giorni, cercando di farsi spazio e strada, sgomitando tra gap di opportunità e salariale, sentendosi sempreinadeguatema allo stesso tempo ambiziose,lavorando il doppio, il triplo, per dimostrare di valerequanto un collega uomo, con il carico mentale sempre acceso nella testa e il lavoro di cura come straordinario non pagato. Non si fatica certo a dire che tutto questo sia pesante, per certi versi estremo. E che ci si chieda, sempre più spesso:ma a me chi me lo fare? Forse da questo interrogativo si potrebbe ripartire nelpensare a misure contro il calo demografico.Ripartire dalle donne che non dovrebbero (se vogliono) rinunciare a essere madri.Ripartire dai padricome figure centrali nelsupporto educativo ed emotivodei bambini. Ripartire da un concetto di famiglia slegato da costrutti patriarcali antiquati. Perché insomma, abbiamo visto tutti come è andata a finire.