Gender pay gap: le nuove regole europee per contrastarlo

 

In Europa le donne vengono pagate in media il 13% in meno degli uomini a parità di lavoro svolto e incarico. Per ridurre il divario salariale, il Parlamento europeoha votatoalcunenuove regoleda applicare sia al settore pubblico sia a quello privato, che devono ora essere approvate in via definitiva dal Consiglio. La principale novità è ildivieto di segreto salariale: i lavoratori, le lavoratrici e i loro rappresentanti avranno ildiritto di ricevere informazioni chiare sui livelli retributivi individuali e medi, suddivisi per genere. Se un lavoratore ritiene che il principio di parità di retribuzione non sia stato applicato e porta il caso in tribunale, la legislazione nazionale dovrà obbligare il datore di lavoro a dimostrare che non c’è stata discriminazione. In caso contrario,le vittime potranno chiedere un risarcimentoe far rispettare i loro diritti. Ci sarà anche unobbligo per i datori di lavoro di effettuare una valutazione delle retribuzioni quando queste mostrano un divario di almeno il 5% neisalaridi uomini e donne. Ma non solo: l’accordo approvato dal Parlamento include per la prima volta nell’applicazione della direttiva anche ladiscriminazione intersezionale e delle persone non binarie. Gli stati membri saranno inoltre chiamati a introdurre sanzioni proporzionate e dissuasive per i datori di lavoro che non rispettano le regole previste. Sebbene il principio della parità di retribuzione sia sancito dall’articolo 157 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, la realtà è chele lavoratrici europee sono sottopagate rispetto ai loro colleghi, ma anche meno occupate:quasi l’11% in menodei lavoratori uomini. Anche la differenza di occupazione porta con sé varie forme didisuguaglianzache le donne affrontanonell’accesso al lavoro, nella progressione di carriera e nelle retribuzioni. Tra queste ci sono lasegregazione settoriale, fonte del 24% del divario salariale di genere in settori scarsamente retribuitidove le donne sono sovrarappresentate. Ma anche lagerarchia a trazione maschile, soprattutto in ambito manageriale, dove gli uomini sono di più e le donne vengono pagate il 23% in meno. Eppure,secondo la Commissione europea, nell’Ue “la maggior parte del divario retributivo di genere rimane inspiegabile e non può essere collegata alle caratteristiche del lavoratore o del posto di lavoro come l’istruzione, l’occupazione, l’orario di lavoro o l’attività economica per cui la persona lavora”. Per scoprire i motivi delle differenze retributive ingiustificate basate sul genere, ha detto la Commissione, occorre allora unamaggiore trasparenza nella retribuzione dei lavoratori. L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse)osserva d’altra parte che le misure di trasparenza salariale contribuiscono a ridurre il divario retributivo di genere, anche se ciò avviene principalmente a causa di una “riduzione dei salari degli uomini, piuttosto che per un aumento dei salari delle donne”. Nonostante ciò l’Ocse considera le regole sulla trasparenza salariale “uno strumento importante per combattere la disuguaglianza di genere” perché in grado di mostrare ai lavoratori e ai datori di lavoro la presenza e l’entità dei divari retributivi di genere esistenti. Da qui, lenuove regole approvate dal Parlamento europeo, che intende fare luce sulle cause della forbice retributiva e accelerare la riduzione di questa disparità, che è diminuita solo del 2,8% negli ultimi 10 anni. Se la decrescita è lenta,gli studi di Eurostatmostrano che intantoil gender pay gap tende a salire con l’età: è minore per i nuovi entrati nel mondo del lavoro, ma può aumentare per le interruzioni di carriera che le donne affrontano durante la loro vita lavorativa. L’intervento di Bruxelles riuscirà nel suo intento? “Sono finiti i giorni in cui le persone venivano pagate meno solo per quello che erano. Oggi abbiamo fatto un salto di qualità verso l’uguaglianza, in particolare per le donne, affermando il principio della parità di retribuzione a parità di lavoro”, ha detto lapresidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola, in occasione del voto del 30 marzo che ha sancito le nuove regole contro ilgender pay gap.

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