Fondo monetario internazionale: il Pil globale frenerà nel 2023

Fondo monetario internazionale: il Pil globale frenerà nel 2023

 

La crescita globale rallenterà nel 2023:questo è quanto emerge dalWorldEconomic Outlooke dalGlobal Financial Stability Reportdiffusi dalFmi(Fondo monetario internazionale). Secondo i dati e prendendo in considerazione lo scenario base (il più probabile a oggi dominante),il Pil globale nel 2023 crescerà del 2,8%e del 3% nel 2024, raggiungendoil valore più basso dal 1990. In uno scenario che prevede un peggioramento dei mercati finanziari, la situazione cambia: la crescita si assesterebbe al 2,5% nel 2023 con un peggioramento dello 0,2% nel 2024. In questo caso,le economie che subiranno maggiormente il colposaranno gliStati Uniti, l’Eurozona e il Giappone. Nel terzo e ultimo scenario, quello meno plausibile ma in assoluto il più preoccupante, si tiene in considerazione un’ulteriore stretta monetaria, estremamente significativa, tanto da avere ripercussioni a livello globale. In questo caso,il Pil globale potrebbe non raggiungere il 2%. Gli effetti maggiori si avranno per gli Stati Uniti e la Cina. Andando nel dettaglio e tenendo conto dello scenario base,le previsioni peggiori per il 2023si hanno perGermaniaeRegno Unito: per la prima è previsto un calo dello 0,1% nel 2023, mentre per il 2024 è prevista una crescita dell’1,1%; il Regno Unito, invece, registrerà una contrazione dello 0,3%. L’Eurozona avrà una crescita dello 0,8% nel 2023 e dell’1,4% nel 2024. Per gli Stati Uniti si prevede una crescita dell’1,6% nel 2023 e dell’1,1% per il 2024. Meglio per laRussiache, dopo la contrazione del 2,1% del 2022,cresceràdello 0,7% nel 2023e dell’1,3% nel 2024. Ma la crescita maggiore si registrerà per Cina e India, con una crescita per quest’anno rispettivamente del 5,2% e del 5,9, del 4,5% e 6,3% nel 2024. Maquali sono i fattori che continuano a frenare la crescita globale?In primis, lastretta monetariamessa in atto dalle banche centrali; come conseguenza, c’è un deterioramento delle condizioni finanziarie globali; infine, la continuaframmentazione geopoliticaaccentuata dall’invasione russa inUcraina. Nonostante ciò, ilcontinuo rialzo dei tassidi interesse ha avuto comunque deglieffetti positivi sull’inflazione: secondo le stime,calerà al 7%mentre quellacore(che non tiene conto di prodotti e beni soggetti a volatilità) scenderà più lentamente. Comunque, non si raggiungerà l’obiettivo dell’inflazione al 2% entro il 2025, ma ci vorrà ancora un po’ di tempo. E invececome sarà la situazione per l’Italia? In questo caso le stime sono leggermente migliori del previsto, con unaumento del Pil dello 0,9%nel 2023 (registrando comunque un calo significativo rispetto al 2022) e dello 0,8% nel 2024, posizionandosi all’ultimo posto tra i Paesi del G7; è previsto anche unleggero calo del debito pubblico e del deficit. Uno strumento fondamentale per una crescita duratura e stabile e per la modernizzazione del nostro Paese è, sicuramente, ilPnrr. Ma tutto cambia quando c’è grande difficoltà nel gestire i tempi e i fondi, come sta accadendo oggi. Come è stato monitorato dall’Osservatorio sul Pnrrdell’European House-Ambrosetti, in collaborazione con la Corte dei Conti, ilritardo è molto forte. Il settore che ne risente di più è quellosanitario;inoltre, la maggior parte dei progetti (65%) è destinata ai Comuni, il 77% dei quali ha meno di 5.000 abitanti, e sicuramente presentano qualche difficoltà in più nella realizzazione e nella gestione, provocando ulteriori rallentamenti. Tutti questiritardi accumulatihanno, inevitabilmente, unforte impatto sul Pilitaliano: se nel 2021 il Def (Documento di economia e finanza) aveva stimato un impatto del 3,6% nel 2026, secondo il rapporto dell’Osservatorio sul Pnrr dell’European House-Ambrosettici sarà una crescita solamente dell’1,9%. La priorità è, dunque,recuperare i ritardiaccumulati ma, al tempo stesso, esiste un’ulteriore preoccupazione:l’inflazione ancora non ha raggiunto il target ideale del 2%,e non lo raggiungerà molto presto. Sono previsti, quindi, altri rialzi dei tassi di interesse, che minacciano fortemente la crescita italiana.