Vegano sì, vegano no?

Ci sono temi che noi giornalisti sappiamo essere aalto rischio di polemica.Argomenti che generano centinaia di commenti, contestazioni, accuse, da qualunque parte li si prenda. Uno di questi è senz’altro ilveganismoe ilnon veganismo, 2 fronti che continuano ascontrarsiin maniera quasi religiosa, in una battaglia ad altissima intensità ideale (e ideologica). Eppure, io credo, del tema vale la pena continuare a parlarne. E farlo cercando di spostare la questione dal piano dei principi a quello dellaconcretezza(e dellafatica) dell’alimentazione quotidiana. Se ciò che conta è avvicinarsi all’obiettivo Questo significa che l’ideale morale delnon uccidere animalinon sia un idealedegno di rispetto?Assolutamente no. Anzi, è proprio questa idea che deve animarci, che deve rappresentare una cornice indispensabile. Insieme anche alla questione delleemissioni daallevamentiintensiviche stanno riscaldando il Pianeta, con esiti drammatici. E non da ultimo, il tema dellanostra salute, che un eccesso di carne rossa e insaccati fa male, come ormai risaputo. Questi ideali devono rappresentare, sicuramente, la nostra idea regolativa. Ma a mio avvisol’obiettivo non è raggiungerli nella loro assoluta purezzamaavvicinarsia loro quanto più possibile. Che poi si tratti diveganismo totale,vegetarianesimo, o una dieta con poche proteine animali importa meno del raggiungimento della cima, cioè di una posizione in cui si prova disagio radicale a ingerire anche una porzione simbolica di proteine animali. Veganismo , una dieta richiede formazione e informazioni Ma per spingere le persone più avanti nella linea che le porta verso una dieta molto più vegetale (e magari del tutto vegetale) occorre aiutarle. Come, soprattutto,occorre aiutare le famiglie,che sono l’anello più debole perché affrontano problemi molto più complicati. Infatti, conosco tantissime persone vegane, tutte singole.Di famiglie vegane, quasi nessuna.Io stessa mi sono scontrata, nel tentativo di diventare più vegana possibile, con l’impossibilità di gestire la mia dietain maniera autonoma da quella della miafamigliae dei miei figli. Dover fare sempre 2 menu differenti era un incubo e alla fine finivo per mangiare malissimo. Anche perché, e questa è un’altra cosa fondamentale che spiega laresistenza pratica e culturale al veganismo, per nutrirsi in maniera vegana correttamenteoccorrono tante informazioni e tanta formazione. La dieta vegananon consiste nell’eliminare proteine animalima nel mettere in tavola unadieta ricca e ben bilanciatafatta di vegetali, cereali e legumi. Ma non è per niente semplice, perchéoccorre sapere come combinarele verdure, il valore nutritivo particolare delle stesse, e i vari alimenti. Bisogna studiare. Il problema dei prodotti vegani, non sempre sani E poi, altro problema con cui ci si scontra quando ci si sposta verso il veganismo, è quello deiprodotti alternativi vegani. Purtroppo,la maggior parte di questi alimenti hanno un valore nutritivo scarso,sono pieni di cereali e stracolmi di oli vegetali. Smettere di utilizzarli è stata una delle scelte migliori che abbia fatto, anche perché vale il principio per cuipiù è lunga la lista di ingredienti peggiore è il prodotto. Anche illattevegetale, purtroppo, quanto a proprietà nutritive non è il massimo: spesso contiene zucchero o sale, ed è composto per lo più di acqua, pur essendo venduto a prezzi alti. Che sia l’alimento migliore per un bambino non ne sono del tutto certa (pur non essendo una nutrizionista). Proteine vegetali una volta al giorno, è già una rivoluzione Ma allora dobbiamo rinunciare all’ideale di un vegetarianesimo o veganismo che finalmente smetta di uccidereanimalie insieme la terra? Niente affatto. Ma iopenso che cambiamenti debbano essere graduali.Inserire per prima cosa1 volta al giorno proteine vegetali, dunque legumi, nella dieta di grandi e piccoli è intanto una piccola rivoluzione, anche per la salute. Su 2 porzioni di proteine del pranzo e della sera, una dovrà essere sempre vegetale. Questo consentirebbe ai bambini di cominciare a conoscere e apprezzare i legumi, gli alimenti migliori del mondo per quanto mi riguarda. Allo stesso tempo (e qui saremmo di fronte a un’altra rivoluzione), bisognerebbeaumentare di molto il consumo di frutta e verdura.Oggi le famiglie italiane sono ancora legate al prosciutto, alla fettina, all’hamburger, pranzo e cena, e la frutta e verdura sono consumate pochissimo, specie dai bambini. Mi sembra quindi che, invece di parlare di obiettivi “assoluti”,bisognerebbe cominciare dal basso,dai problemi concreti di fronte a cui si trovano famiglie che devonomettere insieme pranzo ecenain pochissimo tempoe con troppa stanchezza. Mense carnivore e istituzioni assenti Ovviamente (e qui siamo alla solita nota dolente, talmente dolente che quasi vorrei evitare di parlarne), le istituzioni non fanno nulla per aiutarci. Si vede dallemense, aziendali e scolastiche, dove ilegumi sono del tutto assentie si alternano carne, formaggi e uova. È una cosa veramente assurda e disarmante; soprattutto nulla è cambiato dagli anni ‘50. Ma poici vorrebbero campagne di sensibilizzazione, che spingano le famiglie a consumare più vegetali ma soprattutto più legumi, che tra l’altro, con la siccità cronica, sono ormai una valida alternativa alla carne che consuma tantissima acqua. Qualcuno le ha viste, queste campagne? Insomma, come per tanti altri fronti, anche in questo casole famiglie restano sole.Allora mi sembra che, se si vuole aiutare chi fa fatica a cambiare, sarebbe meglio non accantonare l’ideale, giustissimo, per cui gli animali non dovrebbero essere uccisi. Maprovare a spostare le persone un po’ più avanti,progressivamente, utilizzando anche altre leve come a esempio il basso costo dei legumi. Ci sono tante nutrizioniste e nutrizionisti vegani o vegetariani che dai loro profili propongono ricette sfiziose totalmente vegetali. E mi pare che facciano un buon lavoro, perchéil cambiamento viene proposto come qualcosa di sfizioso, evitando ogni forma di giudizio più o meno apocalittico. Tanto migliori sono queste ricette quanto, a mio avviso,utilizzano prodotti “normali”,evitando troppi acquisti dialimentivegani alternativi (tra l’altro, molto costosi). Un veganismo francescano? Insomma, quello che propongo è unapproccio pragmaticoche non dimentichi l’ideale, ma che sia consapevole che all’idea si arrivapercorrendo una stradache può essereaccidentata, sassosa, impervia. E che dunque è megliotendere una mano a chi inciampao fa fatica, piuttosto che puntare contro il dito. Un’ultima cosa, infine (anzi 2), che in questi anni di riflessione riguardo il tema ho imparato (ma vale per me, ovviamente).Peggio della carne mangiata c’è solo lacarnesprecata.Il che significa che se in tavola avanza della carne che va buttata, è più etico mangiarla (per me) che buttarla. Seconda cosa: se qualcuno ti invita e prepara un piatto con della carne,è una forma di cortesia non rifiutarlo (per me).La condivisione del cibo e l’ospitalità hanno un valore, mangiare insieme ha un valore. Io penso (ma vale sempre per me) chesi può essere vegani acasama se capitaè una cosa gentile condividere un piatto diverso,oppure rifiutarlo ma senza dover per forza sbandierare il proprio essere vegani. A me piace insomma unveganismo francescano,silenzioso, mite. Per quanto siamo in un’emergenza climatica estrema, sono convinta che l’esempio taciturno, senza troppo parole, valga più di 1.000 discorsi che tentano di convincere. Spesso fatti con troppo pathos, scarsa libertà e forse anche un eccesso di rabbia che, se pur comprensibile, non aiuta a trasformare le cose.