Cosa fanno i sensitivity reader?

“Scrivi ciò che conosci” recita il vecchio adagio nel quale si è imbattuto chiunque abbia frequentato almeno una volta una scuola di scrittura creativa. Il consiglio, che si dice risalire aHemingwayin persona, è sicuramente valido eapprofondire scrupolosamente l’argomento di cui si intende parlare, sia pure in un’opera di fantasia, è necessario per offrire ai lettori una storia autentica e di qualità ed evitarsi qualche imbarazzo. Questapratica, che nel giornalismo si chiama fact-checking, è quella che sta alla base del lavoro deisensitivity readerche in italiano potremmo tradurre coneditor di sensibilitào di diversità, figure editoriale poco conosciute nel nostro Paese ma che nell’ultimo periodo hanno fatto molto parlare, soprattutto dopo il caso della nuova edizione rivista dei romanzi diRoal Dahl. I sensitivity reader infatti sonolettori o lettrici specializzati su temi chese non trattati con la giusta dose di cura e informazionepotrebbero creare disagi a determinati gruppi di persone, in particolare se appartenenti acomunità marginalizzate. Proprio come i classici editor cercano refusi ed errori di sintassi, i sensitivity readercercano bias, rappresentazioni stereotipate o espressioni che potrebbero risultare offensive perché si basano o rafforzanopregiudizio più semplicemente perché non sono accurate né verosimili. Errori commessi per la maggior parte dei casi in buona fede (del resto spesso non siamo neppure consci dei nostri bias nel percepire la realtà che ci circonda) ma non per questo da sottovalutare, per una questione di giustizia e diinclusività, e perché nessuno debba leggere un libro e ritrovare tra le pagine rappresentazioni grottesche e mistificatrici del gruppo a cui appartiene, che potrebbero ferirlo o turbarlo. Ma anche perevitare in inutili imbarazzi, sia per le case editrici sia per gliautorie autrici, come nel caso diAmerican Dirtdi Jeanine Cummins (in italianoIl sale della terra, Feltrinelli), unastoria di migrazione dal Messicoche ha fatto infuriare la comunità latinaper le sue immagini stereotipate e la voce palesemente falsa della protagonista. Cummins evidentemente non conosceva l’esperienza delle migliaia di persone che attraversano la famigerata frontieraogni anno e avrebbe tratto non poco beneficio dal seguire il consiglio di Hemingway. Il romanzo, nonostante abbia scalato le classifiche e sia stato perfino consigliato da Oprah Winfrey, ha ricevuto un’accoglienzacosìgelida da parte del pubblico latino che la casa editrice ha deciso di cancellare il tour promozionale. Idetrattoridel lavoro dei sensitivity reader nell’editoria sono comunque moltissimi. L’obiezione più frequente è che una revisione alla ricerca di contenuti sensibili rappresenterebbe unaforma di censura, unrischio alla libertà espressiva degli autoriche si troverebbero costretti a cambiare i loro testi oppure sarebbero portati ad autocensurarsi, evitando del tutto determinati argomenti. Questo inciderebbe sulla qualità della letteratura, con il rischio di produrre testi piatti e insulsi che, nel tentativo di andare bene a tutti, alla fine non piacerebbero a nessuno. Secondo la giornalistaKat Rosenfieldtroppa attenzione agli argomenti ritenuti sensibilisacrificherebbe l’intrattenimento per l’autenticità. Indubbiamente quando leggiamo un’opera di fiction i dettagli reali ci interessano meno della solidità dell’intreccio e dei colpi di scena (altrimenti avremmo scelto un saggio e non un romanzo), ma se, come nel caso diAmerican Dirt, i dettagli sono così inverosimili da inficiare la sospensione dell’incredulità anche l’intrattenimento ne risente. Inoltre,raramente i sensitivity reader fanno una vera e propria operazione di riscrittura del testoma si limitano asegnalare le parti più critichee asuggerire modificheche gli autori possono implementare oppure no. Spesso eventuali cambiamenti sono frutto di un dialogo che può portare chi scrive a rendersi conto dei propri pregiudizi innati e questo non può fare che bene. Un’altra obiezione ha invece a che vedere con la scelta dei sensitivity reader da parte delle case editrici che spesso privilegiano persone che condividono la situazione di marginalità raccontata nella storia.I sensitivity reader sonoquindispesso, a esempio,afro discendenti, appartenente alla comunità Lgbtq+ o con disabilità. La criticità segnalata è che una singola persona non può avere la responsabilità di parlare per tutta la comunità solo in base alla sua etnia, le caratteristiche fisiche, l’orientamento sessuale o l’identità di genere. Se questa è un’obiezione condivisibile, d’altro canto è altrettanto vero chechi è stato esposto in prima persona a razzismo, misoginia, abilismo o omofobia può essere comunque più in grado di cogliere passaggi problematicirispetto a chi non ne ha mai fatto esperienza. In ogni casoavvalersi dei servizi dei sensitivity reader non significa produrre opere letterarie neutre, che non turbano o irritano nessuno, ma arricchire le fasi di ricerca e di raccolta di informazioni che sono necessarie per la scrittura di un buonlibro. E se un buon libro deve certamente rappresentare al meglio la realtà, può anche ambire a cambiarla. Del resto questo è stata per secoli una delle funzioni della grande letteratura. Noisiamo quello che leggiamoe se desideriamo davvero cambiare il mondo, renderlo più giusto e inclusivo, iniziare da ciò che leggiamo, e scriviamo, è un ottimo primo passo.