Assistenza familiari con disabilità: nuova pronuncia della Cassazione

Ilpermesso per assistere un familiare condisabilità,di cui all’art. 33 delle Legge n. 104 del 1992, ha finito per essere spesso oggetto di pronunce della giurisprudenza, tanto di merito quanto di legittimità, sotto il profilo dellemodalità attraverso le quali il lavoratore può legittimamente usufruirne.Pertanto, con la sentenza n. 2235 del 25 gennaio 2023 la Corte di Cassazione è andata ad aggiungere un ulteriore tassello a un filone giurisprudenziale piuttosto nutrito. Nello specifico, laSuprema Corteè stata chiamata apronunciarsi riguardo il licenziamento di un lavoratoreche, stando alla ricostruzione del proprio datore, avrebbe fatto unuso improprio del permessoex Legge 104/1992 per essersiallontanato dal domicilio del familiare con disabilitàdurante diverse ore della giornata, circostanza ammessa dallo stesso lavoratore, il quale tuttavia aveva replicato alla contestazione del proprio datore facendo notare di essersi allontanatodurante le ore diurne a fronte del turno di lavoro(rispetto al quale aveva chiesto il permesso) da svolgersinelle ore notturne(per la precisione dalle 22:00 di sera del giorno prima alle 6:00 di mattina del giorno seguente). La pronuncia in questione, disattendendo le sentenze di merito di primo e di secondo grado, ha ritenutofondate le ragioni dellavoratorein quanto i permessi ex Legge 104/1992 giustificano l’assenza dal lavoro in relazione causale diretta con la necessità di svolgere funzioni assistenziali, pertanto non può essere contestato l’allontanamento dal domicilio del familiare con disabilità durante le ore diurne del giornose il permesso è stato richiesto per coprire il turno notturno di assistenza. Vengono comunqueribaditi dalla Suprema Corte i principi di dirittosecondo cui, da un lato, nel valutare la condotta del lavoratore, occorretenere conto delle modalità e delle tempistichecon le quali la prestazione assistenziale viene in concreto resa a favore del familiare; dall’altro, il comportamento del dipendente che si avvale del beneficio in questione (per attendere a esigenze diverse) integra l’abuso del dirittoeviola i principi di correttezza e buona fede,sia nei confronti del datore di lavoro che dell’Ente assicurativo, ed ha rilievo anche ai fini disciplinari, trattandosi dicondotta che priva ingiustamente il datoredella prestazione lavorativa, in violazione dell’affidamento riposto nel dipendente. Per completezza, vale la pena ricordare che (a livello di giurisprudenza tanto di legittimità quanto di merito) è stato da tempo chiarito comeil concetto diassistenzanon debba essere inteso alla stregua di una vicinanza continuativae ininterrotta alla persona con disabilità, essendo evidente che la cura di un congiunto, che non è in grado di provvedere alle esigenze fondamentali di vita, spesso richiede interventi diversificati, non implicanti la vicinanza allo stesso.