Istituzioni culturali e militanti ambientalisti: dialogo tra sordi

Un dialogo tra sordi. Si può riassumere così il primoincontro tra i movimenti per il clima e le istituzioni culturaliche si è svolto lo scorso 25 marzo 2023 nell’ambito della fieraFa’ la cosa giustaa Milano, organizzato daTerre di Mezzoin collaborazione conStudio BBS-Lombard. L’incontro verteva sul tema dei ripetuti“imbrattamenti” di monumenti e di opere d’artenei musei delle maggiori città europee,rivendicati dagliattivisti per il climacon lo scopo di portare all’attenzione dei media il tema della crisi ambientale. Azioni spesso condannate come atti di vandalismo dal mondo della cultura e della politica, oltre che dalla stessa cittadinanza. Il panelArte, attivismo e cura dell’ambiente, moderato dallacomunicatrice scientifica Sara Segantinha visto avvicendarsi gli interventi in difesa del clima diMaria Letizia RuellodiUltima GenerazioneeMarta MarogliodiFridays For Future; e in difesa dei musei diMartina Bagnoli, direttrice delle Gallerie Estensi di Modena, eMichele Lanzinger, presidente diIcom Italiae direttore del Muse di Trento. Ad aprire il dibattito la convinzione unanime della necessità di affrontare il problema delcambiamento climaticoe di collaborare a una soluzione comune, tenendo conto delle indicazioni delSesto Rapporto di Valutazione sui Cambiamenti Climaticidell’Ipcc(Intergovernmental Panel on Climate Change). Successivamente la direttrice delle Gallerie Estensi di ModenaMartina Bagnoliha evidenziato che «i musei, non solo in Europa, sono già allineati sull’importanza e sull’urgenza di un’azione concertata per favorire la transizione ecologica. Abbiamo già corsi didattici, allestimenti e mostre che parlano di temi ambientali. Il lavoro che i musei possono fare è essere più efficienti nel ridurre le emissioni e insegnare agli altri a farlo». A sostegno della sua tesi,Michele Lanzingerha evidenziato che «i temi dello sviluppo sostenibile e della crisi climatica sono al centro dell’agenda dei museiIcom- e ha ricordato come – lanuova definizionedel 2022 dei musei come luoghi che promuovono la sostenibilità» ne sia la conferma. In risposta laportavoce diFridays For FutureMarta Maroglioha commentato: «La crisi climatica riguarda tutti e tutte. Dovremmo essere tutti parte della soluzione e attivisti per il clima, compresi i lavorati dei musei che dovrebbero fare pressioni alla politica». A farle eco è stataMaria Letizia Ruello diUltima Generazioneche ha rivendicato le loro «azioni di disobbedienza civile non violentaper ottenere misure di contrasto al collasso ecoclimatico. Va bene sensibilizzare le coscienze, ma penso che i migliori alleati dell’arte siano gli attivisti per il clima che stanno chiedendo alla politica di agire subito perché non c’è più tempo. Chi ha il potere deve esercitarlo per chiedere la fine dei finanziamenti alle compagnie del fossile, anche con degli scioperi nei musei». Da parte loro i rappresentanti delle istituzioni hanno tentato di spiegare alle attiviste chenon è compito dei luoghi della cultura farsi portavoce di battaglie politiche e azioni di protesta. Ma, come già fanno,imuseipossono e devono sensibilizzare sui temi di attualità, come la crisi climatica, e favorire i cambiamenti culturali che sono alla base dei comportamenti delle persone. Questo«nell’ambito delle modalità che ci sono consone come luoghi di sensibilizzazione, di comunicazione, di spazi di creatività, con attività di co-creazione, co-partecipazione e residenze artistiche», ha specificatoMichele Lanzinger. Marta Maroglioha invece ribadito che«un museo deve essere un’entità aperta, in collegamento con la società, la piazza in cui possono essere portate le istanze dei cittadini e dei movimenti»,sottolineando che liconsidera ancora come luoghi chiusi e stantii. «Credo che si debba portate il dibattito su basi di costruzione e non di distruzione – ha chiosatoMartina Bagnoli- Il ruolo di un museo è quello di incontrare i bisogni del pubblico e di lavorare in maniera consensuale, non di mettersi in opposizione». A conclusione del dibattito, il presidente diIcom Italiahaproposto agli attivisti «la redazione di un manifesto in cui, oltre alle motivazioni dell’urgenza della protesta, si chiarisca il modo di agire nei confronti delle opere d’arte perché i cittadini non capiscono il senso di queste azioni ai danni del patrimonio artistico». In effettiuna vera ragione per colpire le opere non c’è, ammetteMaria Letizia Ruello diUltima Generazione, affermando che «i musei sono stati un momento impattante ma non sono l’obiettivo». È del tutto evidente chegli attivisti non frequentano i musei. Così come è chiaro chele loro azioni hanno come scopo il disturbo della cittadinanza.Quello che non si comprende è il nesso tra le opere che decidono di “imbrattare” e l’obiettivo dichiarato del disinvestimento inenergiafossile. Nel mezzo di questo scontrofinisce,inerme e indifeso,il nostro patrimonio artistico che ha l’unica colpa di avere fama e riconoscibilità. O come si usa dire in questa epoca della comunicazione: potere mediatico. Ecco a cosa mirano realmente gli attivisti. Ausurpare la visibilità alle opere. E allora vale tutto, dallanciare una zuppa su un quadro diVan Goghfino a sporcarePalazzo Vecchio a Firenze. Gesti che, mentre irritano la collettività che li considera beni comuni, producono notiziabilità. Una doppia reazione che ha trasformato queste azioni in performance comunicative piuttosto che in atti dalla valenza politica.Non sembrainfattiche i tavoli di lavoro siano le finalità degli attivisti, altrimenti si sarebbero accorti (o forse non se ne vogliono accorgere?) di avere già degli alleati tra le istituzioni culturali, comeIcom, con cui dialogare e dare vita a un dibattito costruttivo. La direzione è quella mostrata dalLeopold MuseumdiViennache, dopo essere stato mira di Ultima Generazione con l’imbrattatura diMorte e vitadi Gustav Klimt a novembre 2022, a marzo 2023ha appeso 15 opere inclinate. Si tratta di paesaggi di artisti famosi, comeEgon Schiele, Gustave CourbeteKoloman Moser, che a causa del riscaldamento globale potrebbero non apparire più come sono stati raffigurati oltre cento anni fa. L’inclinazione dei quadri corrisponde agli stessi gradi di cui potrebbe aumentare la temperatura nei luoghi dipinti. È unacampagna di sensibilizzazioneper la crisi climatica, realizzata dal museo in collaborazionecon 12 scienziatie con la rete di ricerca sul climaCCCA (Climate Change Center Austria),che ambisce a dare forma ai dati che spesso rimangono percepiti solo come numeri, creando consapevolezza nel pubblico. E sostenendo la causa degli ambientalisti. Ma i militanti del clima non sono interessati afare proprioquello che accade nei musei, a attualizzare lastoria dei dipinti e a fare leva sul loro valore materiale e immateriale ma si concentrano unicamente sulla popolarità delle opere. La loro relazione con ilpatrimonio artisticoè priva di contenutoe non fa riferimento al suosignificato intrinseco. Usano le opere e i monumenti come set delle loro azioni, come sfondi per i loro gesti. Forse, quindi, dovremmointerrogarci su come abbiamo comunicato l’artee raccontato la cultura negli ultimi decenni. Il valore che ne abbiamo narrato ci sta tornando indietro come fonte di eco mediatica: tutto involucro senza contenuto né messaggio. Ci è sfuggito di divulgare e far comprendere il senso delle opere nella quotidianità.Nel promuovere l’arte volevamo portare le persone nei museie quello che gli attivisti ci stanno dicendo, indirettamente, è chenon ci siamo riusciti. E allora la sfida di oggi è questa:portare gli attivisti dentro i musei e accogliere all’interno dei luoghi della cultura la loro protesta, utilizzando i linguaggi che sono propri di questi spazi. Ma per farlo non basta solo la disponibilità delle istituzioni, anche i movimenti devono mettersi in ascolto, accettando di collaborare in modalità che non siano unicamente di scontro. Altrimenti si resta al dialogo tra sordi.