Acqua: quanto (poco) ne sappiamo?

Bollette, spreco dell’acqua del rubinetto, manutenzione, potabilità. Le tematiche sono tante, le conoscenze poche e confuse. È il quadro che emerge dall’ultimowhite paperdelLaboratorio Ref Ricerchein collaborazione conAmapola, che approfondisce percezioni e valutazioni dei cittadini rispetto al servizio idrico integrato. Per esempio,chi è il tuo gestore del servizio?Attorno all’identità dell’operatore sembra aleggiare un certo alone di mistero:poco meno di 1 cittadino su 2,quindi circa il 50%,sa chi è il gestore del servizio idrico del proprio territorio;l’11% ammette di non saperlo, il 14% ritiene che si tratti dello Stato, della Regione o della Provincia (soggetti sicuramente errati) e il 30% che si tratti del Comune. «Nonostante il passaggio del SII (Servizio Idrico Integrato) dagli enti locali a un ambito professionalizzato (cioè ad aziende industriali) sia un percorso avviato ormai 30 anni fa, la transizione è ancora faticosamente in corso in alcune regioni – commenta Donato Berardi, direttore del think tank diREF Ricerche -Le persone non hanno ancora interiorizzato l’uscita dal servizio idrico integrato dalla sfera di influenza della politica e dalla finanza pubblica. Questo aspetto con ogni probabilità si lega al mancato riconoscimento della bolletta idrica come presupposto economico ineludibile di ogni miglioramento del servizio». Di cosa si occupa effettivamente il gestore?Per 1 cittadino su 6 il gestore si occupa solo della fornitura diacquapotabilee meno di 1 persona su 2 sa che il gestore si occupa anche di controlli della qualità e della potabilità dell’acqua. Insomma, gli italiani continuano a credere in gran parte che siano soprattutto i servizi che “entrano” e “escono” dalle case quelli svolti dal gestore (ossia fornitura dell’acqua e fognatura). Il servizio idrico integrato (SII) è l’insieme dei servizi pubblici di “captazione, adduzione e distribuzione di acqua a usi civili”, di fognatura e depurazione delle acque reflue. Quando si parla dibolletta,4 intervistati su 10 pensano che sia l’azienda del servizio idrico a decidere in autonomia la tariffa. Non è così: infatti, è l’Autorità di Regolazione nazionale (Arera)a stabilire la quota. Solo il 40% dei cittadini, poi, indovina l’effettivo costo di un metro cubo di acqua, rispetto al 30% che è completamente fuori strada e un altro 30% che ammette di non avere idea. «Il non sapere chi è il responsabile dei soldi riscossi, dell’uso che di questi si fa, dei servizi inclusi nella tariffa, insieme alla distanza tra prezzo e valore dell’acqua, porta a leggere la bolletta come un balzello da pagare, piuttosto che come il costo della risorsa, del servizio e del parziale ripristino della risorsa stessa» spiega Berardi. Ci sono, poi, notevoli differenze in base alla provenienza geografica e all’età. Per esempio, rimane una diffidenza generalizzata nei confronti dell’acqua delrubinetto: circa1 cittadino su 3 è convinto che non sia buonae preferisce ricorrere ai depuratori o a quella in bottiglia. La quota degli utenti che reputano l’acqua del rubinetto di buona qualità varia in modo significativo traNord(77%), Centro (70%) e Sud (66%), dati che vanno di pari passo col suo effettivo consumo. Igiovanisi dimostrano più attenti:la sceglie il 57% fra i 18 e i 24 anni, rispetto al 47% dichiarato dagli over 64. L’indagine non solo ha esaminato la distanza tra cittadini e servizio idrico, ma ha anche messo a confrontola visione degli utenticon quella più consapevole degliaddetti ai lavori. «L’obiettivo è costruire un ideale punto di contatto tra le due esperienze, evidenziandone prossimità e distanze, per suggerire strategie e percorsi integrati e orientati a una maggiore condivisione» racconta Luca Valpreda, founder diAmapola. La ricerca individua anche una dimensione dicittadini in “crisi” con il servizio idrico. Il report li classifica come i “pragmatici” (47%) e i “dissidenti” (13%): i primi rilevano qualche tipo di insoddisfazione rispetto al SII in maniera consapevole e moderata, mentre i secondi hanno posizioni radicali e ideologiche (“l’acquanon andrebbe pagata”). In totale, il 60% segnala almeno un motivo di insoddisfazione nei confronti del servizio. «Sui cittadini che abbiamo definito pragmatici, è possibile innestare un processo di recupero della fiducia incardinato sul miglioramento del servizio stesso e delle dinamiche relazionali con il gestore – spiega Valpreda -Ascolto, dialogo, confronto sono ambiti nevralgici e non sacrificabiliper chi, occupandosi di un bene comune come la risorsa idrica, è legato a doppio filo ai propri stakeholder. Per questo, il paper prevede unaseconda uscitanella quale si analizzeranno, in una sorta di tassonomia del malcontento, i motivi dietro l’insoddisfazione dei cittadini,le risposte emotive dominanti e soprattutto i relativi percorsi di informazione, comunicazione e partecipazione da attivare di volta in volta».