Unmanuale per la sopravvivenza dell’umanità, scritto da umani che confidano in altri umani affinché si impegnino a proteggere il futuro di tutte le specie. Sembra fantascienza ma non lo è, tutt’altro: quello uscito dalle stanze diInterlaken, località Svizzeradove si sono riuniti gli scienziati di tutto il mondo(compresi i luminari diRussiaeUcraina) sono un insieme di «istruzioni per disinnescare la bomba climatica», come ha dichiarato il segretario generale Onu Antonio Guterres. Dopo infinite ore di discussioni, l’Ipcc(Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico), l’organismo più importante al mondo che fornisce indicazioni relative all’andamento dell’emergenza climatica, ha chiuso e presentato ilsesto ciclo di valutazione(chiamatoAR6), pubblicando il Rapporto di sintesi, documento scientifico che indica ai Governi cosa è necessario fare persopravvivere alla climate change. Il Rapporto conferma proprio questo: è obbligatoriolavorare per rimanere sotto lafamosa soglia di +1,5°decisa nell’Accordo di Parigi, altrimenti le conseguenze potrebbero essere catastrofiche. Per prima cosa, più gli anni passano più gli scienziati si rendono conto che, anche a temperature più basse, gliimpatti dei fenomeni meteorologici sono più forti rispetto a quanto ipotizzatoin precedenza. Nel documento (un testo “faro” da qui al 2030, dato chepasseranno almeno altri 7 anni prima di nuove indicazioni dell’Ipcc) viene spiegato come leemissioni sono in costante aumento:abbiamo infatti raggiunto livelli record di CO2 in atmosfera, tanto da arrivare a+1,1 gradirispetto all’epoca preindustriale. Perché siamo arrivati a questo punto?La risposta è da ricercare soprattutto nell’utilizzo deicombustibili fossili:quasi l’80% delle emissioni arrivano dal settore energetico, industria, trasporti, edifici, il restante 20% soprattutto da agricoltura e uso dei suoli. Fatto il danno, ora dobbiamoporci obiettivipertentare di frenare il surriscaldamento: se vogliamo restare sotto i +1.5 gradi allora bisogna percorrere un cammino preciso che, a oggi, abbiamo circa il 50% di possibilità di raggiungere. Come fare? Per prima cosa,entro il 2030bisognaridurre del 48% le emissioni di CO2, del 65% entro il 2035;fra 7 anni, dobbiamo toccare quota 80% e, infine,nel 2050 sfiorare il 100%. Senza politiche mirate per camminare lungo questa strada,il futuro delle prossime generazioni è a serio rischio, così come peggiorerà la condizione di vita in diversi Paesi del mondo. Già oggi sono gli abitanti e le specie dei luoghi meno responsabili delle emissioni a pagare il conto: le comunità vulnerabili sono colpite in maniera sproporzionata da eventi meteo, e circa3,3/3,6 miliardi di persone vivono in contesti altamente critici per i cambiamenti del clima. Gli abitanti di queste aree hanno avuto15 volte più probabilità di morire a causa di inondazioni,siccitàe tempeste tra il 2010-2020rispetto a quelle che vivono in regioni con una vulnerabilità molto bassa. Lo stesso vale per gliecosistemi: alcuni, come quelli dell’Artico, si stanno avvicinando a unpunto di non ritornotraritiro dei ghiacciai e disgelo del permafrost.Vale anche per le persone, se si guarda a come è compromessa lasicurezza idrica e alimentare: stanno aumentando i tassi di mortalità e le malattie, così come gli sfollamenti in Africa, Asia, Nord America e America centrale e meridionale o le isole del Pacifico. Tutto ciò, oltretutto, non fa cheaumentare le disuguaglianze sociali. Detto questo,possiamo ancora salvarci? La risposta, nel manuale di sopravvivenza, è “Sì” ma dobbiamo migliorare tante cose, a partire dallepolitiche di adattamento(oggi giudicate al di sotto delle necessità, soprattutto perché non equamente distribuite). Ma anche per ilivelli di liquidità e finanziamentiper il clima le scelte intraprese sono finora inadeguate (troppi investimenti nel fossile, per esempio). Stesso discorso per lepolitiche di mitigazione:i finanziamenti tracciati sono ancora al di sotto dei livelli necessari per limitare il riscaldamento a 2°C o 1,5°C. Questo anche perché molti Paesi non stanno attuando (o ancora non ne ha uno) piani nazionali di contrasto alla crisi del clima: senza inversione di rotta, fanno sapere dall’Ipcc, arriveremo a unriscaldamento globaledi 3,2°C entro il 2100. Eppure, in questo scenario preoccupante, ci sono anchebuone notizie: sviluppi rapidi dell’energia solare ed eolica,l’elettrificazione dei sistemi urbani,ipiani green delle città, laprotezione delle foreste, lariduzione in certe aree del consumo di suoloo deglisprechi alimentari.Il punto è che queste buone pratiche, per essere davvero efficaci, necessitano di politiche immediate (come decarbonizzazione e taglio alle emissioni). Perché in un mondo più caldo, le opzioni di adattamento e mitigazione che oggi abbiamo non è detto che funzioneranno. “Il lavoro è vitale, urgente e possibile. Un futuro resiliente e vivibile è ancora a nostra disposizione, ma le azioni intraprese in questo decennio per ottenere tagli alle emissioni profondi, rapidi e sostenuti rappresentano una finestra che si sta rapidamente restringendo per consentire all’umanità di limitare il riscaldamento a 1,5°C con un overshoot minimo o nullo” sostengono gli scienziati, sottolineando anche l’importanza diimpegnarci per il ripristino della natura,la più preziosa alleata contro il surriscaldamento, dato chenell’ultimo decennio ha assorbito circa il 54% delle emissioni di anidride carbonicaprodotte dalle attività umane. E tutto questo vale ovunque, in ogni Paese, anche per la nostraItaliache, come ha ricordato uno degli autori del rapporto, Piero Lionello, «è soggetta ai rischi tipici dell’Europa Mediterranea, alcuni dovuti a peculiarità del cambiamento climatico, altri allaparticolare vulnerabilità diecosistemie settori produttivi:dalla diminuzione della precipitazione alla vulnerabilità delle coste, all’importanza economica del settore turistico alla vulnerabilità degli ecosistemi terrestri e marini, minacciati anche da sovrasfruttamento e inquinamento». Tutte queste informazioni ora sono nelle nostre mani: a noi scegliere se trattarle come un bugiardino da ignorare, nonostante contenga le soluzioni per la cura, oppure come un veromanuale di istruzioni per riparare i danni fatti. «La bomba climatica – spiega Antonio Guterres, Segretario Generale Onu – scandisce i secondi. Ma il rapportoIpccè una guida pratica perdisinnescare la bomba a orologeriaclimatica.Come il rapporto mostra, il limite di 1,5 gradi è realizzabile. Maci vorrà un salto di qualità nell’azioneper il clima. Ciascun Paese deve essere parte della soluzione. Chiedere agli altri di fare la prima mossa, vuol dire soltanto essere certi che l’umanità arriverà per ultima».
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