Storie di razzismo nel mondo delle invenzioni

Storie di razzismo nel mondo delle invenzioni

 

Henry E. Bakerera un avvocato afroamericano dell’ufficio brevetti di Washington. Tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900 compilò una lista che conteneva leprincipali invenzioni ideate da persone nere.Prima della sua coraggiosa (e difficile) operazione, l’elenco era molto breve: le idee e i progetti attribuiti ai legittimi proprietari afroamericani erano una toilette meccanica con il fondo chiuso per i treni, una macchina volante, una motoslitta a pedali e un mulinello da pesca dotato di un gong. Baker credeva che le invenzioni fossero il motore del progresso della civiltà e che le persone appartenenti alla comunità nera ne fossero escluse, a causa delrazzismosistemico diffuso all’epoca negli Stati Uniti. L’oppressione razziale post Guerra Civile era in quegli anni vicina al suo apice e l’integrazione era vista ancora come qualcosa da “meritare”. Gli afroamericani, scriveva Baker nel 1902, avevano bisogno di ogni elemento a proprio favore “per compensare le molte cose screditanti che i quotidiani sono fin troppo ansiosi di pubblicare contro di loro”: era diffuso il pensiero che loro non avessero le capacità di creare progetti per il progresso, come le persone bianche. Compilarela lista diinvenzionenon fu semplice:innanzitutto perchéi brevetti non riportavano l’etnia dell’inventoree alcuni di loro non volevano che si sapesse la propria origine per paura che ciò ne pregiudicasse il successo, spiegava Baker. Secondo Adia Burriss Coleman, direttrice della biblioteca dellaHoward Universitye responsabile del centro brevetti della scuola, si temeva che le loro idee potessero essere rubate, considerando il fatto chenon erano protagonisti della vita pubblicané tantomeno del dibattito scientifico. Nonostante le difficoltà, intorno al 1886 Baker iniziò a scrivere ad avvocati, uomini d’affari e leader della comunità allaricerca di inventori neri con brevetti.Molti corrispondenti non risposero mai alle lettere, come riporta la storica dell’ufficio brevetti Rebekah Oakes,in un saggio dedicato alla storia del progetto.Baker iniziò l’elenco con le prime45 invenzioni, ma già nel1900raggiunse quota370e 13 anni più tardi,800. Il progetto è andato avanti anche dopo il suo ritiro e, fino agli anni ‘20, continuarono ad arrivare lettere e testimonianze. L’elenco dei suoi brevetti per nuove invenzioni o miglioramenti di quelle esistenti comprende, tra le centinaia: undispositivo salvavitadel 1899per una locomotiva in corsa, un dispositivo diabbassamento della bara in una tombadel 1894, un“velocipede”del 1899 che assomigliava a una moderna bicicletta ma aveva 4 ruote per i ciclisti alle prime armi e “coloro che tendono a diventare timidi”, scriveva l’inventore Wesley Johnson nella sua domanda di brevetto; un altro velocipede del 1888, progettato da Matthew A. Cherry, che poteva trasportare 3 persone e aveva un tendalino per ripararsi dalla pioggia. Diversi inventori neri hanno ottenuto numerosi brevetti,alcuni ancora in uso oggi. Elijah McCoy di Ypsilanti, Michigan, ne aveva almeno 28; Granville T. Woods era chiamato “l’Edison nero”; Eugene Burkins inventò una prima mitragliatrice che poteva sparare un colpo ogni 4 secondi, mentre la macchina per calzari di Jan E. Matzeliger rivoluzionò l’industria calzaturiera. Latimer, invece, figlio di genitori fuggiti dallaschiavitù, prestò servizio nella Marina dell’Unione durante la Guerra Civile e in seguito divenne un esperto nel campo dell’illuminazione a incandescenza e stretto collaboratore di Edison. La paletta per il gelato di Alfred L. Cralle del 1897, ancora in uso oggi, rientra nell’elenco, così come il lavavetri di Anthony L. Lewis del 1892, che assomigliava all’odierno tergicristallo delle stazioni di servizio, e la nuova spazzola per capelli di Lyda D. Newman del 1898, progettata per raccogliere le impurità e per essere smontata e pulita. Oggi ci sono ancora molti pezzi mancanti, ma l’impresa di Baker ha un valore oltre che scientifico, sociale e culturale, capace dicombattere glistereotipiin un modo innovativo e originale. E forse, anche in grado diriscrivere un pezzo della nostra memoria.