Dallapropaganda sui libri di testoaldivieto di partecipare alle manifestazioni contro la guerra in Ucraina, nelle scuole e nelle università russe lacensuradi Stato è sistematica e pervasiva. A oltre un anno dall’inizio della guerra gli interventi di controllo governativo hanno saturato la sfera dell’istruzione, maalcuni insegnanti raccontanoaLa Svoltache la progressiva ingerenza del Cremlino è un processo iniziato anni fa. Andrei Vladimirovichè stato professore presso il dipartimento diSociologiadellaNational Research University Higher School of EconomicsdiSan Pietroburgodal 2014 alla primavera 2022, quando ha lasciato la cattedra e si è trasferito in Bielorussia. «Il mio licenziamento e poi la mia partenza sono state una personale forma di protesta contro la guerra in Ucraina. – spiega – Ho capito che la mia presenza nella comunità accademica russa era una forma di partecipazione passiva alla guerra». Dal 24 febbraio 2022,il revisionismo storico imposto dal Governo ha vincolato gli insegnanti ad adattare ulteriormente i programmi di istruzione all’indirizzo politico del Cremlinoriducendo la libertà di espressione di docenti e allievi. I materiali forniti dal ministero dell’Istruzione prevedono una narrazione pro-Russiadella guerra, nonché la direttiva a chiamare il conflitto in attooperazione militare speciale, come prescritto anche a media e opinione pubblica. Tra le forme di propaganda introdotte c’è anche il cosiddettocurriculum patriottico, un percorso di studi realizzato e finanziato dal Governo pereducare studenti e studentesse dalle elementari alle superiori a essere patrioti. Mentre la mobilitazione parziale annunciata daVladimir Putina settembre 2022 ha provocato unaforte dispersione degli insegnantiche non avevano intenzione di arruolarsi, mettendo a rischio la tenuta del sistema scolastico, i rettori delle università esprimevano il proprio sostegno a favore di Putin e della guerra inUcraina. Di fronte all’ingerenza crescente del Governo,Vladimirovich non è stato l’unico docente a esprimersi in modo critico nei confronti della guerra, anche se i numeri di chi si è esposto sono ancora bassi: «Studenti, ex allievi, personale e docenti dell’università in cui insegnavo hanno rivolto un appello al rettore affinché ritirasse la sua firma. Richieste simili sono arrivata anche da altre università del Paese, ma il numero di rappresentanti della comunità accademica che hanno firmato contro la guerra si è rivelato esiguo», racconta. La debole azione di protesta non sembra stupire Vladimirovich, secondo cuiil controllo governativo sulle università in Russia è da tempo previsto a livello strutturale.«Negli ultimi 20 anni sono state distrutte tutte le Istituzioni di autogoverno e l’autonomia universitaria è stata ridotta a funzioni insignificanti. Di conseguenza, oggi una persona che non è fedele alle autorità non può ricoprire la carica di Rettore universitario e le università non hanno strumenti per tutelare i diritti di docenti e studenti». Così i primi sono legati alle università da contratti che possono essere sospesi o interrotti arbitrariamente e in qualsiasi momento, mentre gli organi di rappresentanza studenteschi sono composti da studenti accuratamente selezionati dall’amministrazione. Per l’economistaBoris Grozovskyl’attuale dipendenza delle università dal Governo russo è diventataevidente dopo l’annessione della Crimea nel 2013 e a seguito della rivoluzione di Piazza Maidan in Ucraina nel 2014, quando il mercato dei manuali scolastici è diventato di proprietà quasi esclusiva di un oligarca vicino a Putin. Lo confermaancheNikolay Zyuzev, ex professore di filosofia all’Università statale della città di Syktyvkar, nella Russia nord-occidentale: «Conosco alcuni professori le cui opinioni politiche sono state la ragione del loro licenziamento in quegli anni, anche se le spiegazioni ufficiali in merito sono state diverse». Il contratto di Zyuzev come docente è scaduto ad agosto e l’università si è rifiutata di prolungarglielo, probabilmente a causa delle posizioni critiche che ha assunto nei confronti dell’invasione in Ucraina. «In Russia c’è pochissima libertà accademica, se non nulla, e l’amministrazione universitaria fa tutto ciò che le autorità le chiedono di fare. – racconta – Dopo il 24 febbraio 2022, la pressione governativa si è intensificata: al personale e ai docenti è stato raccomandato di non esprimere alcun sostegno all’Ucraina, nemmeno sui social media, e di non partecipare a raduni contro la guerra». La paura di ritorsioni spinge i docenti contrari all’operato del Cremlino a un’autocensura crescente, nel tentativo di mantenersi pubblicamente neutrali, ma a pesare sulle scelte dei professori è anche iltimore di finire senza lavoro: «Gli insegnanti sono sottopagati e ogni forma di aperto disaccordo con il regime vorrebbe dire ritrovarsi disoccupati, magari con una famiglia da mantenere e un mutuo da pagare. In altre parole, la motivazione principale che spinge i docenti di qualsiasi università a non ribellarsi è la necessità di sopravvivere. La stessa cosa che accade al resto dei russi». Secondo la testimonianza dell’ex docente di Syktyvkar,gli studenti non rischiano meno degli insegnanti.Costretti a partecipare a eventi a favore della guerra sotto la minaccia di espulsione, sanno che smettere di frequentare l’universitàsignificherebbe infatti dover prestare servizio militare e forse essere inviati in Ucraina. Al contempo,l’istruzione universitaria in Russia non fornisce strumenti efficaci per affrontare l’analisi della realtà nazionalee dei processi globali. Zyuzev sostiene che il modo in cui le scienze sociali vengono insegnate in Russia sia inadeguato e che la selezione dei testi di studio sia quella di 50 anni fa: «Gli studenti escono dall’università con idee che riflettono solo lontanamente il mondo reale al di fuori della Russia, così la maggior parte di loro è indifferente nei confronti del regime e vive la propria vita senza preoccuparsi di ciò che accade intorno, a meno che non la riguardi direttamente. Ma se c’è un futuro per la Russia, quello riguarda loro».
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