Come stanno le donne in carcere?

Ilpatriarcatonon si ferma davanti alle sbarre delcarcere, anzi, spesso le scavalca.Il sistema penitenziario italiano è declinato al maschilenelle norme e nell’organizzazione istituzionale e manca di una specifica attenzione rivolta alle donne detenute. Questo è quanto denunciato dall’associazioneAntigone, che da anni si occupa della situazione carceraria del nostro Paese e chein occasione della Giornata internazionale della donnaha presentatoDalla parte di Antigone, il primorapporto sulle donne detenute in Italia. Numeri e caratteristiche della detenzione femminile «Di carcere si parla poco in generale. Di carcere al femminile si parla ancora meno, perché le donne sono poche, poco più del 4% del totale dei detenuti, e lo sono nel tempo (i dati sono simili da decenni) e nello spazio (in tutto il mondo le donne in carcere sono poche). – spiega la presidente nazionale diAntigoneSusanna Marietti- Con il nostro Rapporto abbiamo voluto innanzitutto accendere un faro su questo tema troppo spesso in ombra. Al 31 gennaio di quest’anno le detenute nei penitenziari italiani erano 2.392, di cui 15 madri con 17 figli al seguito. Negli ultimi quindici anni si è quasidimezzato il numero degli ingressi annuali, un dato in linea con la situazione generale ma che testimonia anche come le donne si macchino spesso di reati meno gravi degli uomini, che prevedono di misure alternative al carcere. Le straniere sono il 30,5%, in netto calo rispetto al 2013, quando erano il 40,05%. La nazioni più presente, oltre all’Italia, è la Romania, seguita daNigeriae Bulgaria. L’età media è piuttosto eterogenea ma nel corso degli anni si registra un generale invecchiamento. Mentre le ultra settantenni sono infatti 31, quelle comprese tra diciotto e i vent’anni solo 9. Dove sono recluse In Italia esistonosolo quattrocarceriinteramente femminili, a Trani, Pozzuoli, Roma e Venezia,che ospitano complessivamente 599 donne. Escludendo le 9 madri presenti nell’Istituto a custodia attenuata di Lauro (Milano) e altri tre piccoli Icam che ospitano 5 donne, la maggior parte,1.779, è distribuita nelle 44 sezioni femminili interne alle carceri maschili. Dei 17 Istituti Penali per Minorenni italiani, uno solo, a Pontremoli, è interamente femminilementre altri due, Rebibbia a Roma e Nisida a Napoli, sono provvisti di sezione femminile. Al gennaio 2023, sui 385 giovani reclusi nelle carceri minorili italiane solo10eranoragazze, pari al 2,6% del totale. Le principali criticità La situazione carceraria del nostro Paese è critica sotto molti aspetti e già da tempol’Europa chiede all’Italia di rivedere l’intero sistema, carente soprattutto dal punto di vista della tutela dei diritti deidetenuti. Per ora le risposte non sono arrivate ma nemmeno un approccio unico sarebbe utile perchéuomini e donne hanno esigenze diversee quelle di queste ultime, come denunciato daAntigone,sono raramente prese in considerazione. Ad esempio, nonostante le detenute siano molte meno dei detenuti, il tasso di affollamento delle carceri e delle sezioni femminili è superiore rispetto a quello maschile e questo mina notevolmente la qualità della vita dietro le sbarre. Le loro celle generalmente appaiono più pulitee curate, tuttaviasolonel 66%di quelle visitate dall’associazionec’è il bidetcome previsto dal regolamento penitenziario e come necessario per un’igiene femminile che possa dirsi ottimale. Manca a Bollate e San Vittore, dove sono detenute la maggior parte delle donne. In un carcere su tre è anche assente un servizio diginecologiae in due su tre uno di ostetricia e questo costringe gli Istituti arivolgersi a specialisti esterni solo quando necessario o aportare le pazienti fuori dagli Istituti in caso di emergenza. Un altro aspetto lungamente sottovalutato è quello riguardante la salute mentale delle detenute, nonostanteil 12,4% di loro abbia avuto diagnosi psichiatriche gravie il 63,8% faccia regolarmente uso di psicofarmaci. Non mancano gli atti diautolesionismoe purtroppo nemmeno isuicidi, che hanno raggiunto quota5 nel 2022. Tra di loro quello diuna donna di 29 anni che si è impiccata nella sua cella nella Casa Circondariale di Messina e una di 36 anni che ha fatto lo stesso a un albero di nespolo, al termine dell’ora d’aria nel carcere di Barcellona Pozzo di Gotto. Abbastanzapreoccupante anche la situazione delle circa 70 donne transospitate in sezioni protette negli istituti maschili di Belluno, Como, Ivrea, Napoli Secondigliano, Reggio Emilia e Roma Rebibbia Nuovo Complesso, chenella maggior parte dei casi vivono in stato di abbandono e raramente sono coinvolte in attività interne di tipo culturale, ricreativo, sportivo o formativo. Le infrazioni disciplinari risentono delle differenze di genere Nel 2021 nelle carceri sono state individuate40.043 infrazioni disciplinarie solo una piccola parte, 2.111 pari al 5,3%, hanno riguardato detenute. Ciò che emerge però è chealcune condotte negative sembrano essere attribuite molto più spesso alle donne. Tra queste la prima è lanegligenza nella pulizia personale o della camera, come se dalle detenute ci si aspettasse comportamenti tipicamente femminili e a lorofossero richiesti standard di pulizia e decoro molto più alti rispetto agli uomini. L’atteggiamento molesto verso le compagne, l’intimidazione o la sopraffazioneseguono a ruota nella classifica delle infrazioni e anche questo conferma lo stereotipo secondo il quale le donne sarebbero maggiormente litigiose. Le richieste di Antigone Sulla base di quanto emerso dal rapporto,Antigoneha stilato dieciproposte per migliorare la vita in carcere delle donne, a partire dall’istituzionenel Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria di unufficio che si occupi di detenzione femminile, diretto da esperti in politiche di È necessario, inoltre, pensare amisure che rimuovano gli ostacoli che le donne incontrano nell’accesso al lavoro, all’istruzione, alla formazioneprofessionalee che alle detenute sia assicurato un servizio di prevenzione e screening dei tumori femminili equivalente a quello delle donne in libertà. Nelle carceri dovrebbe essere presente anche unostaff adeguatamente formato e specializzato sulla violenza di genere, che sia in grado di intervenire sia in fase di accoglienza sia di detenzione. Queste sono solo alcune delle idee, frutto dell’osservazione diretta, che se messe in pratica potrebbero tracciare una direzione diversa. «Nella convinzione che la gestione della detenzione femminile, con le sperimentazioni che può portare vista la scarsa pericolosità criminale e penitenziaria delle donne in carcere, potrà portare a un nuovo modello generale di detenzione anche per gli uomini, più aperto al territorio circostante e più vicino al dettato costituzionale di una pena diretta alla reintegrazione nella società», concludeSusanna Marietti.