James Webb sfida le attuali conoscenze delle galassie

James Webb sfida le attuali conoscenze delle galassie

 

Sei potenziali galassie vecchie circa13,5 miliardi anni, vale a dire500-700 milioni di anni dopo il big bang, quando l’universo aveva il 3% dell’età attuale. È l’ultimascopertadel telescopioJames Webb, e potrebbe stravolge le attuali conoscenze sull’origine delle galassie. Lo scorso anno, il telescopio a infrarossi lanciato in orbita nel dicembre 2021 ha rilevato un gruppo di quattro galassie ancora più antiche risalenti a circa350 milionidi annidopo il big bang, ma si trattava di corpi molto più piccoli rispetto agli ammassi stellari avvistati ora. «Abbiamo scopertogalassie mature come la nostrain quella che in precedenza era considerata l’alba dell’universo», hadichiaratoil coautore dello studio Joel Leja dellaPennsylvania State University. Credit: NASA, ESA, CSA, I. Labbe (Swinburne University of Technology). Image processing: G. Brammer (Niels Bohr Institute’s Cosmic Dawn Center at the University of Copenhagen). Al momento non c’è ancora la certezza che si tratti a tutti gli effetti di galassie, ma i ricercatori hanno già ribattezzato gli oggetti “universe breakers” (distruttori di universi), dal momento che la loro massa è tale da metterein crisi il 99% dei modelli cosmologiciesistenti finora. «È la prima volta che gettiamo lo sguardo tanto lontano, quindi è importante mantenere una mente aperta su ciò che stiamo vedendo», ha messo in guardia Leja, per il quale esiste «unareale possibilità che alcuni di questi oggetti si rivelino esserebuchi nerisupermassicci oscurati». «Indipendentemente da ciò – ha aggiunto – la quantità di massa scoperta indica che lamassanota nelle stelle in questo periodo del nostro universo è fino a100 volte maggioredi quanto pensassimo in precedenza. Anche se dimezziamo il campione, questo è comunque un cambiamento sbalorditivo». Quando i ricercatori si sono imbattuti in questi punti grandi e luminosi, ha raccontato Leja, il loro primo pensiero è stato che avessero commesso un errore di interpretazione. «Madobbiamo ancora trovare quell’errore, nonostante molti tentativi», ha ammesso Leja. Il prossimo passo sarà quello di esaminare lospettro della radiazione elettromagneticadelle potenziali galassie per capire la loro vera distanza e composizione. «Uno spettro ci dirà immediatamente se queste cose sono reali o meno», ha concluso Leja.