Quando l’intelligenza artificiale passa dai call center

Quando l’intelligenza artificiale passa dai call center

 

Della relazione tra lavoro e intelligenza artificiale se ne parla sempre più spesso. Tra le diffuse preoccupazioni di crede che in futuro molti lavori possano sparire e i dubbi scatenati daiprogressi raggiunti dall’AI, le prime aziende stanno iniziando a esplorare questo mondo, soprattutto nel panorama statunitense. IlWall Street Journalhadocumentatoil caso dell’azienda di riparazioni e assistenza domesticaHomeServe USA.L’azienda ,  che conta circa 5 milioni di clienti in tutto il Nord America , trova soluzioni a basso costo perriparare guasti elettrici o idraulici nelle abitazioni. Dispone di un call-center in cui gli agenti si occupano di fornire una prima assistenza telefonica ai clienti, inviando poi operai esperti sul posto. La novità introdotta dall’azienda Data la grande crescita dei suoi affari,HomeServeha deciso di assumere un nuovo collaboratore. Ma non si tratta di un collaboratore umano: èCharlie,un dipendente completamente virtuale e basato sull’intelligenza artificiale. È stato creato dall’azienda utilizzando diverse tecnologie AI, compresa una piattaforma di Google. Il suo funzionamento è molto simile all’ormai celebreChatGPT. Il chatbotrisponde a più di 11.000 chiamate al giornoe le indirizza ai reparti competenti. Pianifica gli appuntamenti per le riparazioni,elabora richieste di risarcimento dannie suggerisce anche agli agenti il motivo per cui i clienti stanno chiamando, specificando se e dove è necessario intervenire. Ma Charlie non piace a tutti: molti operatori hanno detto cheil suo comportamento è autoritario. Impone condizioni da rispettare , come l’utilizzo di termini specifici , e penalizza gli agenti che sbagliano. A volte indirizza chiamate a reparti sbagliati. In un’occasione ,  dice alWSJJohnathan Bragg, un agente dell’azienda , il bot non ha capito che a un uomo era scoppiato il tubo dell’acqua e ha frainteso le sue richieste, rendendolo molto furioso. Quale sarà il futuro di Charlie? Per rendere Charlie più vicino possibile all’essere umano, il team creativo dell’azienda hasviluppato un avatar molto simile ai suoi dipendenti, tentando di addossarle emozioni e passioni. È una donna, indossa un’uniforme rossa da lavoro, ha 42 anni ed è bruna. Proviene dall’Ohio, ama il Jazz e ha due figli. Inizialmente i suoi compiti erano molto semplici, come salutare i clienti dicendo “Ciao, sono Charlie, la tua assistente digitale” o fare domande molto basilari, a esempio “Come mai ci stai chiamando?”. Con il tempo però, Charlie ha iniziato a imparare come gestire e indirizzare le chiamate verso i reparti giusti e non intende fermarsi qui. Dai piani più alti dell’azienda infatti, l’assistente virtuale sembra essere apprezzato: presto inizierà a essere modificato anche per dire agli agenti cosa fare e inizierà anche a giudicare le loro prestazioni. «Dovrebbe rendere il nostro lavoro più facile  –  continua Bragg – Io sono uno dei migliori qui, Charlie non è il mio supervisore». Già per quest’anno,HomeServeha riservato grandi progetti per l’assistente virtuale. Come riportato dalWSJ, Charlie suggerirà agli agentile parole da usare all’inizio di una conversazionee le soluzioni migliori da proporre ai clienti. Inoltre potrà anche consigliare agli agenti come parlare, segnalando se stanno facendo troppe pause o se parlano troppo velocemente. Non saranno obblighi da rispettare, ma gli agenti verranno valutati tramite un punteggio in base alle loro prestazioni. L’intelligenza artificiale nel mondo del lavoro Come sottolinea ilWSJ,negli ultimi anni sempre più aziende stanno iniziando a utilizzare modelli di apprendimento automatico per analizzare le conversazioni tra i loro dipendenti e i clienti. La tecnologia adesso è in grado di dare consigli agli esseri umani su come comportarsi o cosa dire in una conversazione, assumendo spesso un ruolo decisionale. Numerose aziende statunitensi comeSpectrumeComcast Corpstanno già utilizzando l’intelligenza artificiale perrilevare e misurare le emozioni e i comportamenti umanitramite precise analisi. La tecnologia riesce a valutare le parole, il contesto in cui vengono pronunciate e il tono utilizzato, dando poi un parere negativo o positivo ai sentimenti espressi. Queste procedure, potrebbero sminuire i lavoratori con competenze avanzate e anni di esperienza nel relazionarsi con i clienti. Quando poi l’intelligenza artificiale viene usata per misurare le emozioni, spesso sembra avere molti pregiudizi che la rendono poco affidabile, come quelli sulla voce maschile: «Spesso  - rivela al quotidiano statunitense una dipendente diComcast  -le voci femminili sono composte da molti acuti che vengono valutati positivamente, mentre le voci maschili vengono spesso valutate negativamente, perché contengono meno acuti e sembrano esprimere poche emozioni». L’intelligenza artificialespesso penalizza i lavoratorio li sottopone a pressioni che li costringono anche a lasciare il lavoro. Secondo Virginia Doellgast, professoressa e ricercatrice di relazioni lavorative allaCornell University, gli esseri umani monitorati da un algoritmo hanno maggiori probabilità di andare in confusione e trovano più difficile risolvere i problemi dei clienti.