Per un’economia sostenibile e femminista

Iniziamo con l’ecologismo. Anzi, con i suoiimpatti sul mercato del lavoro, in termini di sostenibilità. E iniziamo con Linkedin, che nella classifica 2023 dei lavori in crescita, come ogni anno, riporta le 25 professioni più richieste negli ultimi 5 anni. E sai chi c’è al secondo posto? Ilmanager della sostenibilità. Non dovrebbe più stupirci, giusto? E, del resto, anche il rapporto dell’osservatorio4.Manager, Alte competenze per un futuro sostenibile,ci avverte:nei prossimi 3 anni, le impresesia pubbliche che privateavranno bisogno di 4 milioni di nuovi lavoratoriproprio nell’ambito dellasostenibilità. Ma rilancio con un altro dato: secondo ilSustainability Career Compass 2022diSustainability Makers, in questo ambito professionale,la candidata perfetta è prevalentemente donna(nel 65% dei casi). Ambiente e parità di genere Effettivamente, in una prospettiva consapevole,la sostenibilità è legata a doppio nodo con ilfemminismo.Con un beneficio per tutte e tutti, aziende incluse. Lo conferma anche ilDiversity Brand Index: 7 consumatori su 10 promuovono le aziende considerate inclusive. Ovvero,il 69,3% dei consumatori promuove le realtà aziendali che considera inclusivee le sceglie per i propri consumi. E queste aziende ne beneficiano con un incremento del21% di fatturato.A patto che ci credano veramente, perché le nuove consumatrici e i nuovi consumatori si rivelano sempre più capaci didistinguere l’autenticità delle posizioniespresse e delle iniziative adottate. E se il brand non possiede o non utilizza le competenze giuste, il mercato non lo premia. Perché è necessario? Parlare di ambiente, parlare diuguaglianzadi diritti e di opportunità non è un vezzo. È necessario per immaginare e costruire una società più giusta. Ma anche una società più efficiente. E l’Italia ne ha tanto, tantissimo bisogno. Te lo dimostro con pochi dati: secondo l’ultimo bollettinoIstatsull’occupazione in Italia,nell’ultimo anno sono stati creati 334.000 nuovi posti di lavoro.Più dell’88% dei quali, sono stati affidati auomini. L’occupazione femminile si ferma al 51,3%, abbassando la media Ue e con un incremento solo dello 0,5% in più rispetto all’anno precedente. Vogliamo parlare del tasso diinattività? Per le donne è al43,4%per gli uomini al 25,2%. Tendenze discriminatorie consolidate e confermate anche dalGender Policies Report 2022dell’Inapp(Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche). Un esempio su tutti, il volume deicontratti part-time,che pesa per il 49% sui nuovi contratti attivati per le donne e solo per il 26% su quelli degli uomini. E infatti, sul totale dei posti di lavoro delle donne, oltre la metà è in part time (51,3%). Qualcosa sta cambiando Il mercato sta già cambiando, perfino in Italia. Nel 2022,il numero delle amministratrici delegate è aumentato, raggiungendo il 20% del totale (non è molto, manel 2021 erano il 18%). Ad aumentare sono anche le donne che ricoprono ruoli apicali nel management (arrivate al 30% nel 2022, dal 29% nel 2021). C’è ancora molto da fare: nel panorama dei Paesi avanzati, continuiamo a essere in coda. Ma i risultati economici delle aziende che hanno adottato un approccio improntato all’equità e alla sostenibilità continuano a migliorare. E gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030spingono tutti i Paesi in questa direzione. Ecco perchéil futuro non può che essere ecologista. E femminista.