Usa: la Corte Suprema potrebbe rivoluzionare Internet

Usa: la Corte Suprema potrebbe rivoluzionare Internet

 

Terrorismo e internet sono stati associati più volte in questi ultimi mesi. Ma questa volta non parliamo di attacchi hacker e di malware, ma diqualcosa che potrebbe ribaltare drasticamente le regole di Internete il funzionamento delle piattaforme. Oppure no. Ci riferiamo alla causaGonzales vs. Googleche la Corte Suprema degli Stati Uniti ha iniziato a discuteremartedì scorso e, in particolare, nel chiedersi se igiganti della tecnologia possano essere ritenuti legalmente responsabili dei contenuti promossi dai loro algoritmi. Questione controversa che, nel caso della legislazione americana, viene regolata dalloStatuto Sezione 230che fa parte delCommunications Decency Actdel 1996– quindi agli albori di internet – il quale affermava che per leggei fornitori di servizi informatici non possono essere trattati come gli editori di informazioni create da qualcun altro. Ma facciamo un piccolo passo indietro per capire meglio l’evento da cui ha origine tutto. Il fatto risale al2015 quando a Parigiuomini armati affiliatiall’organizzazione terroristica Isis uccisero 130 personein sei attacchi coordinati in tutta la capitale francese. Nohemi Gonzalez, una studentessa di 23 anni, fu l’unica americana a morire negli attacchi. In seguito,la sua famiglia citò in giudizioGoogle, proprietaria diYouTube, sostenendo chel’algoritmo di raccomandazione della piattaforma video promuoveva contenuti del gruppo terroristico, nello specifico dei video di reclutamento dell’Isis. La posta in gioco è alta perché riguarda una questione che è stata fondamentale per l’ascesa delle Big Tech:le corporation della Silicon Valley dovrebbero essere legalmente responsabili dei contenuti che i loro utenti pubblicano? Finora hanno eluso la responsabilità, ma una sentenza controYouTubepotrebbe esporre tutte le piattaforme, grandi e piccole, a potenziali controversie sui contenuti degli utenti.In molti pensano che la legge del 1996 debba essere riformata in quanto incapace di regolare il web delle piattaforme social. Tornando alla discussione in aula,l’accusa sostiene che gli algoritmi di raccomandazione vadano oltre la semplice decisione di quali contenuti visualizzare, come fanno gli “strumenti neutri” come i motori di ricerca,ma che invece promuovano attivamente i contenuti. E quindi, come si legge nella documentazione rilasciata al tribunale, “si presume che gli imputati (quindiGoogle/YouTube) abbiano raccomandato agli utenti di visualizzare video creati dall’Isische hanno svolto un ruolo chiave nel reclutamento di combattenti per unirsi all’organizzazione criminale”. La difesa si appella alla protezione della Sezione 230, che ritiene essere lostatuto fondamentale per i diritti umani e per la libertà di espressione a livello globale, ovvero il motivo per cui è ancora possibile oggi trovare informazioni cruciali online su qualsiasi argomento, anche controverso come l’aborto, le azioni militari, le uccisioni della polizia e altro ancora.Googlesostiene che questa legge la protegga dalla responsabilità legale per i video emersi dai suoi algoritmi di raccomandazionee che tale immunità è essenziale per la capacità delle società tecnologiche di fornire contenuti utili e sicuri ai propri utenti. La questione è così grande e cruciale che negli States tutti hanno espresso un’opinione e lastragrande maggioranza è d’accordoche il governo americano abbia adottato un approccio ampiamentelaissez-fairealla regolamentazione tecnologica negli ultimi tre decenni eche sia necessaria riformare la Sezione 230. Sono d’accordo sia i conservatori che i democratici,con motivazioni diverse, anche nelle persone di Donald Trump e del Presidente Joe Biden. E addirittura ancheMark Zuckerberg, Ceo di Meta ritiene che«potrebbe aver senso che vi sia più responsabilità per alcuni contenuti». Ecco quindile tre soluzioniche possono emergere dalla causaGonzales vs. Google.Primo:la Corte si schiera con Googlee dichiara che la Sezione 230 va bene così com’è e tutto rimane uguale. Oppure, la più alta Corte degli Usa accoglie le motivazioni dell’accusa, decide che lo Statuto nel 1996 non sia più in grado di regolare la materia einizia per le Big Tech una serie di cause legalinon solo per i contenuti raccomandati dai loro algoritmi, ma anche per qualsiasi cosa gli utenti dicano sui loro siti. C’è anche unaterza viain cuila Corteadatta lo Statuto in un modo specifico che potrebberichiedere alle società tecnologiche di affrontare alcune responsabilità aggiuntivein circostanze specifiche. Questo scenario èsimile a ciò che è accaduto nel 2018in cui una controversa modifica alla Sezione 230ha reso lepiattaforme responsabili dei contenuti di terze parti legati al traffico sessuale: in questo caso si estenderebbe anche ai contenuti relativi al terrorismo. Ma in realtà il vero problema non riguarda tanto la questione in sé, quantola scarsa preparazione in materia della Corte Suprema. In questi giorni – racconta ilWashington Postin un suo articolo del 21 febbraio-la Corte Suprema si è rivelata molto cauta, ma anche poco competente in materia, mettendo subito le mani avanti: «Siamo un tribunale. Non sappiamo molto di queste cose.Non siamo certo i nove più grandi esperti su Internet», ha detto il giudice della Corte Suprema Elena Kagan a cui sono succeduti una serie di pareri che mettono in parallelo le raccomandazioni dell’algoritmo con i consigli di un libraio. Ma in generalei giudici, che storicamente sono sempre stati duri e critici nei confronti delleInternet Corporation,sembrano riluttanti durante le discussioni dei giorni scorsi a cambiare la Sezione 230. Parallelamente questa settimana la Corte Suprema discuterà la causa chiamataTwitter vs. Taamneh,un altro caso promosso dalla famiglia di una vittima di un attacco terroristico in cuisi accusano le società di social media(quindi ancheFacebookeYouTube)di essere responsabili di aver consentito allo Stato islamico di utilizzare le loro piattaforme. L’esito di questo caso potrebbe essere rilevante per la causa diGoogle, anche se il timore è che la discussione andrà molto per le lunghe.