Arabia Saudita: le esecuzioni sono aumentate dell’82% dal 2015

 

Spargimenti di sangue e bugie: il regno delle esecuzioni di Mohammed bin Salmanè il titolo delnuovo rapportosulle esecuzioni inArabia Saudita. È stato realizzato dall’organizzazione senza scopo di lucroReprievee dall’Organizzazione saudita europea per i diritti umani, fondata da un gruppo di attivisti con l’obiettivo di rafforzare i diritti umani nel maggiore Paese della penisola arabica, denominato “la terra delle due sacre moschee” per via dei due santuari più sacri dell’Islam a La Mecca e a Medina. In Arabia Sauditala pena di morteè previstaper un’ampia gamma di reatiappartenenti a 3 categorie della legge islamica, spiega il rapporto:Qisas(retributiva),Had(obbligatoria) eTa’zir(discrezionale). Sono i giudici ad avere il potere di determinare quale comportamento possa costituire un reato e quale debba essere la sua punizione, inclusa la pena di morte. Tutto è deciso a porte chiuse, è vietato pubblicare gli atti giudiziari e le accuse vengono talvolta modificate. Secondo il rapporto, tra il 2010 e il 2021 sarebbero state giustiziatealmeno 1.243 persone, tra cui 490cittadini stranieri, ma il numero potrebbe essere più alto.Gli anni più sanguinosisono stati quellisotto la guida delprincipe ereditario Mohammed bin Salman, in carica dal 2017. L’ascesa di suo padre,re Salman, salito al trono nel 2015, ha segnato l’inizio della sua presa di potere, oltre all’inizio di un clima di terrore: se dal 2010 al 2014 si sono verificate in media 70,8 esecuzioni all’anno, dal 2015 al 2022 ce ne sono state 129,5 ogni anno.Il tasso di esecuzione è salito dell’82%. Tra il 2010 e il 2021, ireati punti con le esecuzionisono stati classificati dagli autori del report in7 gruppi: omicidio, traffico di droga (compreso il contrabbando), reati sessuali, formazione o appartenenza a un gruppo criminale organizzato o a un gruppo proibito, sequestro di persona o falsa detenzione accompagnata da aggressione, furto con scasso o rapina, sedizione, tradimento ealtri reati legati alla sicurezza dello Stato, stregoneria. Eppure, “il diritto internazionale richiede agli Stati che mantengonola pena di morte di limitarne l’applicazione ai “crimini più gravi”, ampiamente accettati come uccisioni intenzionali”, spiegaReprieve. In Arabia Saudita la pena di morte viene abitualmente utilizzata per reati non letali e permettere a tacere dissidenti e manifestanti.Anche se il principe ereditario Mohammed bin Salman aveva promesso che sarebbero state utilizzate solo per l’omicidio. Il rapporto incoronail 2022 come uno dei più sanguinosi mai registrati nella storia recente del Paese, con almeno147 persone giustiziate, di cui 81 in un unico giorno: quella del 12 marzo è stata la più grande esecuzione di massa della storia del Regno. E queste sono solo le cifre note: le autorità saudite “mantengono segreti i processi capitali e il braccio della morte”, riportaReprieve, e “non rispetta i requisiti delle Nazioni Unite sulla pubblicazione di informazioni sul suo uso delle esecuzioni”. La direttrice dell’organizzazione, Maya Foa, ha dichiarato che «L’esplosione del numero di esecuzioni in Arabia Saudita sotto Mohammed bin Salman è una crisi che la comunità internazionale non può continuare a ignorare». La pena di morte non guarda in faccia nessuno: «Masticabambini, manifestanti,donnevulnerabilial servizio domestico,corrieri della drogainconsapevoli e persone il cui unico “crimine” era possedere libri vietati o parlare con giornalisti stranieri. E tutto mentre Mbs (Mohammed cin Salman,ndr) mente al mondo dicendo di aver riformato il sistema per ridurre il numero di persone giustiziate». A metà gennaio ilGuardianaveva parlato del professore di legge pro-riforme Awad Al-Qarni, arrestato nel 2017, che ora rischia la pena di morte in Arabia Saudita per presunti reati, tra cuiaver condivisonotizie considerate “ostili” al Regnosul suo account Twitter da 2 milioni di follower e su Whatsapp. L’ha denunciato al quotidiano britannico il figlio Nasser, che l’anno scorso è fuggito e vive nel Regno Unito. Il 2017 è lo stesso anno in cui lo scrittore e giornalistaJamal Khashoggi, critico nei confronti del re e del principe ereditario, ha lasciato l’Arabia Saudita, in una sorta di auto esilio. L’anno successivo, Kashoggi è scomparso: una volta entrato nel consolato dell’Arabia Saudita a Istanbul, in Turchia, non ne è mai uscito. Dopo una serie di accuse, il 19 ottobre 2018 la televisione di Stato saudita ha confermato la sua morte, a seguito di un “diverbio”. Un mese dopo, laCiaha stabilito il mandante del suo omicidio: Mohammad bin Salman.

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