Che lingua parla l’antropocene?

Nonnapaura , chuco 헐sol o preuphoreau. Ci sono ottime probabilità che tu non abbia mai sentito una di queste parole, ma ci sono altrettante possibilità che tu possa farlo in futuro. SecondoHeidi Quante, un’artista specializzata in un nuovo vocabolario ambientale e la sua collega artistaAlicia Escott,le parole che abbiamo non bastano a definire l’esperienza di vivere nell’Antropocene, l’epoca che stiamo vivendo, “un periodo geologico caratterizzato dalla funzione centrale dell’essere umano nella modificazione dell’ambiente terrestre”, secondo Treccani. Per questo,dal 2014 chiedono alle persone di aiutarle a co-creare un nuovo lessico, più adatto alla nostra era caratterizzata dacambiamento climatico, collasso della biodiversità e altre trasformazioni (in negativo) nel mondo naturale. Una lingua da scrivere insieme Il nuovo vocabolario non deve essere calato dall’alto, hanno spiegato allaBBC, ma èimportante lavorare insiemeper coniare parole, piuttosto che inventare nuovi vocaboli da soli. Per questo attraverso la partecipazione pubblica e installazioni pop-up in luoghi come i vertici sul clima cercano di far sì che la discussione sul cambiamento climatico sia partecipativa. «Una delle cose che mi ha frustrato così tanto mentre lavoravo per i principali gruppi ambientalisti è il concetto che ci sono persone consacrate che ‘sanno’ e ci sono persone che ‘non sanno’. – ha spiegatoQuante. – Ma con il Bureau, tutti hanno conoscenza: se hai un sentimento hai conoscenza; se hai un’esperienza, hai conoscenza». Per questo, sul sito è possibileproporre la propria parola. È proprio da questolavoro partecipativoche è natononnapaura, per descrivere unsentimento che unisce simultaneamente speranza e paurae che è statoispirato da Linda Ruth Cutts, una donna che ha spiegato: «Sono terrorizzata per i miei figli ma allo stesso tempo desidero sperimentare i nipoti. Non so come condividerlo con loro». Anchechuco 헐 sol(letteralmente sporco – wow – sole) cheunisce gergo salvadoregno, coreano e spagnolo e descrive i tramonti bellissimi ma offuscati dall’inquinamento di Los Angelesè nato da uno scambio con due giovani di origine salvadoregna e coreana a Los Angeles. Le parole della crisi Ma quali sono le altreparoledi cui tutti noi abbiamo bisogno per descrivere – e insieme comprendere – la realtà che ci circonda? «Molte non sono ispirate dall’inglese ma dalingue»dice Quante, più capaci di esprimere emozioni. Sul sito si trova ilportfolioe per ciascun lemma è disponibile non solo la definizione, l’utilizzo e la storia, ma in alcuni casi anchel’emoji corrispondente. Pyrora:coniata nel 2018 assieme alla collaboratrice Jessica Decker, descrivel’aria durante gli incendi(californiani), ovvero quando l’atmosfera assume una tonalità diversa a causa delle particelle di fuliggine al suo interno. Sandulate:verbo che significa“capire che la costa è viva, e non possiamo limitarci a costruire le strutture solide che abbiamo; rispettandola”. Come mientierra – dallo spagnolo miente e tierra (che significa “un falso senso di terreno solido sotto di noi”) è nata dalla riflessione sul fenomeno dell’erosione costiera. Shellaqua:ispirato dalle recenti inondazioni che hanno colpito la California, da shellac e aqua èl’atto di coprire una superficie un tempo permeabile con materiali di origine umanacome l’asfalto, aumentando il rischio di inondazioni Teuchnikskreis: è una di quelle parole che descrivecome stiamo rispondendo in modo arrogante o sbagliato al cambiamento climaticoe indica la “falsa convinzione che la creazione di tecnologia ci tirerà fuori dal nostro pasticcio, quando in realtà il nostro pasticcio è culturale”. Marsificazione:della stessa categoria, descrivel’atteggiamento sbagliato che vede in Marte un possibile rifugio dal cambiamento climaticoe dai problemi della Terra.